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Il caso Multari e «i tentacoli della 'ndrangheta» nel Veneto, «le istituzioni collaborino»

Mentre per tante inchieste procedono tra indagini e alcune condanne, Pretto della Commissione antimafia invita alla sinergia tra enti mentre Guidotto dell'Ovfm parla del tentativo «sempre in atto» da parte delle cosche di stabilire collegamenti con imprenditoria e pubblici poteri. Strategia che viene definita come «un'arma micidiale»: e cita i casi dell'inchiesta Terry e Makina che hanno interessato il Leoniceno, l'Ovest vicentino e il Veronese

«È ormai accertato che il Vicentino e il Veneto si siano trovati nel mirino delle organizzazioni malavitose, che spesso impiegano i proventi derivanti da attività illecite nell'acquisizione di quote societarie e in investimenti immobiliari. Come dimostrano i circa 260 beni confiscati e sequestrati in Veneto, di cui 110 in provincia di Vicenza». È questo uno dei passaggi fondamentali di una lunga nota diffusa oggi 15 marzo da Erik Pretto, deputato maranese della Lega nord nonché componente della commissione bicamerale antimafia. La presa di posizione di pretto giunge a pochi giorni dalla novità che riguarda il territorio berico giacché come ricorda anche il GdV del 13 marzo in pagina 26 il tribunale di Vicenza per la prima volta ha riconosciuto l'aggravante mafiosa per uno dei componenti più in vista della famiglia Multari. La quale tra Lonigo ed Est Veronese si era fatta conoscere per parecchi fatti di 'ndrangheta.

Pretto nel commentare le ultime notizie di cronaca giudiziaria aggiunge un'altra riflessione: «Il problema è molto più vicino a noi di quanto lo si percepisca. Per questo motivo è fondamentale che tutte le istituzioni dello Stato possano collaborare in sinergia per tutelare la nostra società e la nostra economia da un pericolo subdolo ma estremamente concreto, che non deve essere sottovalutato».

«È indispensabile - rimarca il deputato leghista di Marano Vicentino - che gli enti locali richiedano la destinazione dei beni confiscati e sequestrati ubicati sul loro territorio per impiegarli al meglio con finalità pubbliche o sociali, anche agevolati dalla predisposizione di appositi fondi nazionali e regionali destinati alla ristrutturazione e all'adeguamento di questo patrimonio immobiliare. È cruciale che l'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati possa ridurre sensibilmente i tempi necessari ad un'Amministrazione locale per entrare in possesso di tali beni, liberi da vincoli ed incombenze».

Sulla vicenda però interviene anche il trevigiano Enzo Guidotto, presidente dell'Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso, meglio noto come Ovfm. Guidotto ai taccuini di Vicenzatoday.it aggiunge infatti un altro tassello al dibattito in corso: «Sia per i fatti che hanno riguardato le vicende dipanatesi nel comprensorio di Lonigo sino al Veronese con l'affaire Terry, sia per quanto riguarda la recentissima inchiesta, ribattezzata Makina, che ha colpito pesantemente il territorio di Montecchio Maggiore, ancora nell'Ovest vicentino, si nota un fattore comune, noto agli specialisti, che si verifica mille e mille altre volte. Quello per cui da ambienti vicinissimi al giro mafioso matura il tentativo di approcciare i pubblici poteri, più nello specifico in entrambi i casi si tentò la strada della elezione in consiglio comunale da perte di persone in qualche modo più che prossime a quelle famiglie finite nel mirino degli investigatori. Questo approccio metodologico - prosegue Guidotto - è una costante del modus operandi di questo tipo di crimine organizzato che fa dei rapporti borderline col tessuto politico e con quello imprenditoriale una delle sue armi più micidiali». L'operazione Makina peraltro aveva avuta ampia eco sia sui media nazionali, sia su quella regionale, sia su quella vicentina.

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