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Nuovo shopping centre? È battaglia ai Pomari

A palazzo Trissino Coalizione civica con Asproso chiede lo stop al maxi insediamento lungo la spalla Ovest. Il sindaco Rucco spiega da parte sua che le norme non lo consentono: ma c'è l'incognita di una convenzione scaduta tra Comune e privato che se scaduta potrebbe rimettere in discussione la partita

«Nuovo centro commerciale ai Pomari? C'è troppo cemento, il comune dovrebbe dire no ad un intervento pianificato anni e anni fa e ormai non più in linea col momento storico». «Purtroppo non è possibile se non restituendo al privato parte degli otto milioni di euro adoperati per le opere pubbliche». È questo alla grossa il botta e riposta andato in onda durante gli ultimi giorni a palazzo Trissino. Da una parte c'è il consigliere comunale di Coalizione civica Ciro Asproso (in opposizione), che chiede una stretta sulla cementificazione. Dall'altra c'è il sindaco Francesco Rucco (a capo di una coalizione di centrodestra), che fa leva sui obblighi sottoscritti dalla municipalità berica.

«A distanza di vent'anni e alla luce delle mutate condizioni sociali e di mercato - scrive Asproso - il Piruea Pomari ossia il piano urbanistico di iniziativa privata approvato per la prima volte nei primi anni Duemila non ha alcuna ragion d'essere, è fuori dal tempo ed è in netto contrasto con i principi ispiratori delle attuali politiche urbanistiche, ossia: la sostenibilità socio-ambientale o lo stop al consumo di suolo. Pertanto, il Consiglio comunale sarebbe pienamente legittimato a considerare, non solo inutile, ma finanche dannosa, la realizzazione di un nuovo mega centro commerciale a scala intercomunale, - posizionato all'interno di un quartiere fortemente urbanizzato».

Ieri 20 gennaio è stato proprio Rucco a replicare con un intervento pubblicato sul sito web del Comune: «Ai Pomari il Comune non può modificare la destinazione urbanistica dell'area salvo - scrive il primo cittadino - restituendo al privato parte degli otto milioni di euro già spesi da quest'ultimo per le opere di urbanizzazione e altri svariati milioni di euro pari alla differenza di valore tra vecchia e nuova destinazione. I giudici amministrativi hanno già condannato altri comuni a pagare, oltre ad una serie di altre voci, anche gli importi generati dalla perdita di valore della capacità edificatoria prodotta da varianti urbanistiche. Differenti ipotesi edificatorie, quindi, dovevano essere avanzate diversi anni fa, prima che il privato realizzasse le opere, non certamente a ridosso della domanda di autorizzazione».

La questione è dibattuta da vent'anni e per vero riguarda tutte le grandi lottizzazioni che hanno trasformato Vicenza terminata, negli anni '80, l'esperienza dell'ex sindaco democristiano Antonio Corazzin che aveva cercato di porre un limite al consumo di suolo nonostante Vicenza si trovasse in pieno boom edilizio. Poi sono arrivate le grandi speculazioni (Pomari, Parco città, Nuovo teatro, Palazzo Oro, Borgo Berga tra le più importanti) tutte costellate da scontri politici violenti e da pesantissime ombre sul piano della liceità. Ora per quanto concerne i Pomari, un intervento inizialmente promosso dal gruppo del costruttore Gaetano Ingui, la partita si giocherà sul piano amministrativo. Se la convenzione (che regola l'accordo pubblico-privato su un piano che in parte è stato realizzato) è scaduta, agli uffici tocca ora una gravosa verifica, per effetto di alcuni precisi pronunciamenti del Consiglio di Stato il Comune avrà la possibilità di modificare la destinazione dei terreni con indici edificatori più bassi o nulli. Se così fosse la scelta della amministrazione di dare o meno il là alle nuove costruzioni sarà eminentemente politica.

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