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Alimenti e Pfas: soglie limite sfondate «nelle zone contaminate»

Ev attacca palazzo Balbi accusandolo di avere reso meno rigidi i parametri di riferimento quanto al monitoraggio in materia derivati del fluoro ammessi nei cibi ovvero assunti dagli individui. Tanto che Cristina Guarda parla di «rischio per la popolazione». Di contro gli uffici ribattono, parlano di una delibera redatta in base alle indicazioni dell'Efsa: Europa verde però controreplica citando, carte alla mano, le stesse raccomandazioni. E intanto già si parla di denunce a carico della amministrazione in procinto di essere indirizzate alla magistratura

La Regione Veneto avrebbe, contro ogni evidenza scientifica, inopinatamente alzato «di quattro volte» i valori di alcune soglie di attenzione per quanto riguarda le dosi tollerabili assunte settimanalmente col cibo o con l'acqua, nell'ambito della sorveglianza sanitaria sui Pfas nel corpo. L'accusa, giunta dai banchi di Ev in consiglio regionale è stata respinta al mittente da palazzo Balbi, ma il consigliere regionale veneto Cristina Guarda, uno dei volti più noti di Europa verde nel Veneto, ieri 11 novembre con un intervento al curaro sulla sua pagina Facebook, con tanto di dati alla mano ha nuovamente ribadito le accuse parlando di soglia di «rischi per la popolazione» e tollerabilità «largamente superata nelle zone contaminate»: tanto che ora si vocifera di denunce pronte per essere indirizzate alla procura di Venezia mentre la galassia ambientalista se la prende con la giunta Zaia.

IL PROLOGO
Il caso è scoppiato il 9 novembre quando Guarda ha diramato una nota nella quale nero su bianco ha messo sulla graticola non solo la giunta capitanata dal leghista Luca Zaia ma pure gli uffici che materialmente hanno contribuito a stendere la delibera che rende operativa la sorveglianza sulla contaminazione da derivati del fluoro nell'organismo («i temutissimi Pfas» appunto, al centro di un processo mostre per disastro ambientale davanti al tribunale di Vicenza) in relazione alla assunzione di questi ultimi attraverso acqua e cibo contaminati.

«Rispetto a quanto indicato dagli scienziati, per la Giunta regionale la quantità di Pfas assimilabili senza danno raddoppia, anzi, quattro volte più alta! Ho richiesto di aggiornare i parametri - scrive Guarda - dopo che è stata pubblicata la delibera della Giunta regionale che instrada la collaborazione tra Regione del Veneto e Istituto superiore di sanità Iss sulle azioni di sorveglianza e di monitoraggio dei Pfas. In presenza di una elevata concentrazione di Pfas nella dieta dei cittadini - attacca l'esponente di Ev - aumentano i rischi per la salute dei cittadini perché aumentano i Pfas assorbiti dal corpo, un principio elementare divenuto mantra ormai da anni e anni. Sorprende quindi apprendere che, nonostante la bomba ecologica scoppiata proprio in Veneto» a causa dell'affaire Miteni, e «la preparazione vantata dalla Regione sul tema, sulla esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche non si renda conto di riportare valori errati e si dimentichi di includere due tipologie di Pfas su quattro».

LA REPLICA
Lo stesso giorno palazzo Balbi replicato con una nota della «Direzione prevenzione sicurezza alimentare» retta dalla dottoressa Francesca Russo. In quella nota si sottolinea come nella delibera di giunta regionale numero 706 del 2022 sia specificato che «i valori di riferimento sono quelli stabiliti dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare  Efasa del 2020 e che le sostanze da valutare sono tutti i congeneri, nello specifico quattordici».

Si fa poi un riferimento ad alcune considerazioni dell'Iss, ossia dell'Istituto superiore di sanità «acquisite a protocollo regionale ovvero al numero 273651 del 25 giugno 2019» in forza delle quali la Regione del Veneto «ha ritenuto di procedere alla elaborazione di due ulteriori piani di campionamento ed analisi con l'obiettivo, da un lato, di acquisire i dati relativi al livello di presenza delle dodici molecole Pfas, integrate da altre molecole di interesse emerse recentemente quali GenX e C6O4, nei prodotti alimentari e materiali a contatto con gli alimenti presenti sul mercato regionale e, dall'altro lato, di ottenere ulteriori dati analitici sui prodotti alimentari vegetali e animali campionati nella zona rossa e arancione». Che sono poi le aree potenzialmente più compromesse dalla contaminazione attribuita alla Miteni di Trissino, l'industria chimica dell'Ovest vicentino oggi fallita e per l'appunto finita al centro di un caso giudiziario di portata nazionale anche in ragione del fatto che l'inquinamento avrebbe toccato non solo il Vicentino ma pure Veronese e Padovano.

LA CONTROREPLICA
L'uscita della dottoressa Russo però ha mandato su tutte le furie la consigliera Guarda la quale in un dispaccio sempre del 9 novembre, in quello che ormai è divenuto un botta e risposta al carburo, ha sfoderato il testo ufficiale con tanto di collegamento iper-testuale alla pagina dell'«Agenzia europea per la sicurezza alimentare, l'Efsa, appunto sulla quale - spiega Guarda ai taccuini di Vicenzatoday.it - tutti possono capire una volta per tutte come stiano davvero le cose».

Peraltro nell'ultimo dispaccio del 9 novembre Guarda, entrando su un terreno eminentemente tecnico rincara la dose: «Apprendo della tempestiva replica da parte della Direzione prevenzione alla mia interrogazione, prendo atto della difesa, ma non posso che riconfermare quanto ho già espresso, poiché le autorità europee non confermano affatto quanto riportato in delibera. Infatti la raccomandazione di rango scientifico di Efsa a pagina 7, indica la somma Pfoa+Pfos+Pfna+PhhxS per una dose massima settimanale, in gergo Twi, pari a 4,4 nanogrammi per kilo su settimana e, a quanto risulta dagli atti, l'Iss non ha presentato osservazioni a riguardo. Mentre nella delibera 706 del 2022 della Regione Veneto, secondo capoverso di pagina 2 dell'allegato B è dato leggere quanto segue ossia che nel 2020, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare... ha adottato un Twi di gruppo pari a 8 nanogrammi per kilo corporeo per settimana per la somma di quattro molecole». Detto alla grossa Guarda spiega che la Regione Veneto avrebbe raddoppiato se non quadruplicato verso l'alto i valori di attenzione sulla presenza dei Pfas in cibi ed acqua ad uso alimentare umano rendendo i limiti stessi assai meno stringenti di quando raccomanderebbe l'agenzia europea per gli alimenti.

L'AFFONDO SHOCK
E così Guarda, che chiede alla amministrazione regionale di provvedere immediatamente alla correzione di quell'errore, non spiega se a suo giudizio si sia trattato di un errore volontario o involontario. Tuttavia in un commento distillato ieri sulla sua pagina Facebook l'esponente di Ev ha assestato un colpo micidiale agli uffici parlando di «sbaglio nei calcoli» che incide come non mai «sui rischi per la popolazione» tanto che se si applicassero i parametri voluti dalla agenzia europea si potrebbe notare come in moltissimi casi la soglia di tollerabilità per l'assunzione di Pfas attraverso cibi e acqua nel Veneto sia «largamente superata nelle zone contaminate». Un affondo shock che ha messo in subbuglio la galassia ambientalista che da anni contesta alla politica regionale e a quella regionale di essere di manica larga nel contrasto alla diffusione dei derivati del fluoro «in ragione di un malsano timore reverenziale nei confronti dell'industria chimica e di quella alimentare».

ESPOSTO IN SEDE PENALE
Tanto che da giorni si parla di un esposto o di una denuncia vera e propria da indirizzare alla procura di Venezia, competente per le condotte di palazzo Balbi, al quale starebbero lavorando alcuni avvocati legati alla rete ambientalista del Nordest. «È ora che il governatore leghista Luca Zaia faccia sentire la sua voce perché non può continuare a fare il pesce nel barile»: questo da giorni è il refrain che gli attivisti della rete ecologista fanno rimbalzare sulle chat mentre indirizzano il loro dissenso ai dirigenti, alla giunta e allo stesso governatore.

UN'ALTRA PROROGA? LO SPETTRO SU BONIFICA E DECOMMISSIONING
E ancora, la situazione si starebbe arroventando anche all'assessorato all'ambiente dove più di qualche funzionario avrebbe espresso perplessità sui tempi e sui modi della bonifica della Miteni anche in considerazione del fatto che lo smantellamento (decommissioning è in gergo anglosassone) dell'impianto di cui si sta occupando il colosso indiano Viva life science che ha acquisito gli impianti produttivi della fabbrica starebbe per bussare ufficialmente alla Regione Veneto per chiedere «un'altra proroga per il termine ultimo dello smantellamento, oggi previsto al 31 dicembre». Il che «costituirebbe un caso» viste le rassicurazioni «in senso contrario» fornite dai vertici della regione durante un incontro pubblico a Lonigo non più tardi del 30 settembre.

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