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Cara Cgil, non puoi raccontare il No dal Molin come ti pare

Venerdì è stato presentato all'hotel Vi Est un documentario dal titolo "Chi ama Vicenza ha detto no" per ricordare quel momento di lotta e la partecipazione attiva del sindacato. Le cose, però, non andarono esattamente così...

E' un'operazione quanto meno bizzara quella messa in atto dalla Cgil di Vicenza che venerdì, alla presenza del segretario nazionale Maurizio Landini, ha presentato il documentario "Chi ama Vicenza ha detto no", dedicato al movimento di opposizione alla base usa all'ex areoporto Dal Molin, iniziato nel 2006 e che vide la partecipazione di decine di migliaia di vicentini. Oltre all'autore Gianni Poggi, erano presenti l'attuale segretario  Giampaolo Zanni e i suoi predecessori Oscar Mancini e Marina Bergamin. Ospite anche il segretario nazionale Maurizio Landini e l'ex segretario generale veneto Emilio Viafora. 

Premettendo che la protesta fu molto partecipata, quindi per la legge dei grandi numeri sicuramente tra gli attivisti c'era qualche iscritto alla Cgil, e se è altrettanto vero che, nelle due manifestazioni nazionali, il 2 dicembre 2006 e il 17 febbraio 2007, il sindacato fu presente con iscritti ed esponenti nazionali e locali, il problema con la Confederazione berica, con all'epoca Mancini segretario, emerse subito prepotentemente per la vincinanza con il Governo Prodi, che, di fatto, sancì il placet italiano al cosiddetto "allargamento" della Ederle. 

Quindi stupisce leggere nella presentazione del documentario che "La Cgil di Vicenza ha avuto un ruolo da protagonista nel movimento - e che -  Il documentario ricostruisce la intera partecipazione del sindacato alle vicende, ai retroscena, agli eventi di questa lotta, e lo fa con interviste, filmati originali, fotografie, documenti”.

In realtà, la conflittualità con il movimento, in particolare con il Presidio permanente, che rappresentava l'ala più radicale e anche la più numerosa, ma anche con le parti più "moderate", come i Comitati di Giancarlo Albera (venerdì presente ed affatto contento di quanto stava sfilando sotto i suoi occhi) e i Cristiani per la Pace di don Albino Bizzotto (anche lui al Vi.Est Hotel e poi defilatosi), oltre che con i partiti della sinistra, fu immediata ed esplosiva sin da subito. Azioni come il blitz pacifico in prefettura, nel 2008, vennero pubblicamente stigmatizzate dal sindacato. 

Il culmine, come correttamente testimoniato dall'intervento dell'allora segretario della Fillea, Antonio Toniolo, fu quando, sempre nel 2008, i lavori vennero assegnati a due coop cosiddette rosse,  C.C.C. e C.M.C. Il movimento chiese, ovviamente, ai lavoratori di astenersi dal contribuire alla "costruzione di una fabbrica di morte" ma - dice Toniolo - "Chi chiedeva l'obiezione di coscienza forse non ha mai visto un operaio". Osservazione decisamente opinabile, libri di storia alla mano. 

All'avvio del maxi-cantiere, il movimento attuò una serie di azioni, dal blocco dei camion a vari blitz, anche pericolosi, nell'area militare, con i sindacati che prendevano le parti dei lavoratori e gli attivisti che difendevano la città, l'ambiente, la Pace. Perfino l'estrema destra si mobilitò, per ovvie ragioni in modo defilato, per la "sovranità nazionale". Non è marginale, infine, ricordare che le manifestazioni No Base proseguono tutt'ora. 

Chi scrive ha raccontato il movimento, dal 2006 al 2013, quando venne rimosso il tendone del presidio, per conto di diverse testate nazionali e locali, vivendolo per diversi anni quotidianamente, oltre che avendo un rapporto diretto con istituzioni italiane ed americane. Lascia alquanto stupiti questa iniziativa della Cgil, che non celebra alcun anniversario, che si limita a dare una versione decisamente "revisionista" dei fatti e di cui non si comprende la finalità.

Per chiudere in retorica, "la Storia siamo noi", cari sindacalisti, e non ci potete raccontare come meglio vi pare. 

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