rotate-mobile
Politica Schio

L'eccidio di Schio e l'impossibile memoria condivisa

Domenica, nella cittadina della Val Leogra, è andata in scena la commemorazione delle vittime. In un altro angolo della città, la contromanifestazione. Ma per capire il presente bisogna dare uno sguardo al passato

«Per le vittime dell’eccidio di Schio!» «Presente!». Domenica 10 luglio, in via Baratto, si è tenuta l’annuale commemorazione delle vittime dell’eccidio del 6 luglio 1945. Tra i partecipanti alla celebrazione esponenti di vari gruppi di estrema destra giunti da tutto il Veneto, dai militanti del Fronte Veneto Skinheads alla Rete dei Patrioti. Ma non erano i soli, a Schio, domenica scorsa. In piazza Rossi, per la contromanifestazione, si erano radunate circa centocinquanta persone, tra esponenti di associazioni partigiane e della Resistenza come l’Anpi, l’Aned, l’Avl e l’Anei, le sigle sindacali Cgil e Fiom, i ragazzi del centro sociale Arcadia e alcuni esponenti di minoranza del Comune di Schio. Storia vecchia, diranno in tanti, da Anni di Piombo. Rossi e Neri. «Alla fine tutti uguali», magari, scomodando Nanni Moretti. In realtà, probabilmente, la situazione è un pelino più complicata di come potrebbe mai apparire. Come complicati, se non complicatissimi, furono i fatti di quella maledetta notte del 1945.

La cornice storica dell’eccidio

Per comprendere un fatto bisogna prenderlo sempre nella sua interezza, fin dalle radici, o se possibile addirittura dal seme. Guardare un film sull’Olocausto senza conoscere la storia della Repubblica di Weimar è come guardarlo con un occhio solo. I nazisti sembreranno personaggi da film della Marvel, piombati sulla terra da qualche galassia lontana, e non quegli esseri umani, umanissimi, che erano. Premetto: è impossibile parlare di un fatto storico in così poche righe. Per cercare almeno di capire le circostanze, prenderemo in esame i mesi antecedenti alla strage, giusto il minimo indispensabile. L’occupazione tedesca e la guerra civile, nella zona di Schio, furono particolarmente aspre. Due, in particolare, furono gli eventi che segnarono la popolazione: il 14 aprile del 1945 fu torturato e assassinato, dalle Camicie Nere, il partigiano scledense Giacomo Bogotto, mentre dal 30 aprile al 2 maggio si consumò, per mano tedesca, l’eccidio di Pedescala. Due fatti cruenti, che impattarono violentemente sull’opinione pubblica. Il colpo di grazia, però, arrivò a guerra finita. Il 27 giugno William Pierdicchi, l’unico sopravvissuto dei 14 antifascisti scledensi deportati a Mauthausen, rientrò in città ridotto al peso di 38 chili. Un evento che suscitò un forte moto di rabbia popolare, tanto che il giorno dopo un'enorme folla si radunò nella piazza Rossi, per chiedere giustizia. Nel carcere di Schio erano infatti imprigionate persone fermate per indagini su eventuali loro corresponsabilità col regime fascista e con la R.S.I.. Dato la minaccia del capitano Chambers, responsabile alleato dell'ordine cittadino, di liberare le persone arrestate se non fossero state presentate denunce circostanziate, nella notte tra il 6 e 7 luglio del 1945 un gruppo di ex-partigiani appartenuti alla Brigata Ateo Garemi entrò nel carcere, aprendo il fuoco. In tutto, le vittime furono 54.

L’Anpi: «L’Amministrazione impedisca la presenza fascista in città»

Ma se l’estrema destra è lì per ricordare i suoi morti, cosa c’entra l’Anpi? Tiene forse a sottolineare il ruolo dei partigiani dell’eccidio? «Nient’affatto, il motivo è tutt’altro – spiega Danilo Andriollo, presidente dell’Anpi di Vicenza -. Le associazioni partigiane non hanno mai cambiato idea sulla condanna dell’eccidio. Il fatto è che da una ventina d’anni la domenica successiva al 7 luglio, arrivano a Schio pullman di neofascisti. Questi non vengono a commemorare i loro morti, ma vengono a svolgere una vera e propria manifestazione fascista, come peraltro appurato dalle denunce della stessa polizia, nonostante una recente sentenza di assoluzione. Schio è una città che ha dato un contributo molto forte durante la Resistenza, soffrendo molto durante il fascismo. Nulla potrà mai portare ad un’impossibile “memoria condivisa”: troppo forti furono i lutti e il dolore subiti dalle donne e uomini delle nostre vallate e troppe le violenze esercitate da fascisti e nazisti. E niente di ciò che avvenne successivamente può cancellare quella storia o sminuirne la portata». Secondo Andriollo, come riportato nel comunicato a firma di Anpi, Avl, Aned e Anei, le iniziative di questi anni, volte a stemperare la tensione, sono state vane. «In questi anni – si legge nel comunicato -, nonostante l’impegno assunto nella “Dichiarazione sui valori della concordia civica”, finalizzato ad evitare la presenza fascista in città, mai si è riusciti a bloccarla. E non si è riusciti neppure a esprimere pubblicamente e congiuntamente (Amministrazione comunale, Familiari delle vittime e Associazioni partigiane) una netta e ferma condanna di quella presenza. Spetta innanzitutto all’Amministrazione comunale farsi promotrice di queste azioni: noi la nostra disponibilità l’abbiamo sempre data, e la riconfermiamo. Per questo ci sentiamo in dovere di tornare in piazza, ricordando che non è la nostra risposta, civile e democratica, a far venire i fascisti. È la loro presenza che richiede la nostra vigilanza democratica e antifascista».

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

L'eccidio di Schio e l'impossibile memoria condivisa

VicenzaToday è in caricamento