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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Il monito di Confindustria ai candidati

In vista delle politiche del 25 settembre il raggruppamento berico lancia il suo grido di battaglia («l'impresa al centro»). Tuttavia i sindacati di base e il Cs Bocciodromo contestano in toto la lettura sociale del «grande capitale» e lanciano strali a 360 gradi Tav inclusa. La Cub invece usa il sarcasmo e definisce la convention aperta da Dalla Vecchia «un club Bilderberg de noantri»

La Confindustria berica durante l'assemblea generale svoltasi ieri 16 settembre all'arsenale Italferr di viale Sant'Agostino a Vicenza ha chiesto ai candidati per le prossime politiche un impegno preciso a favore delle imprese, considerate il motore primo del Paese. Si tratta di una lettura che però è stata contestata durante un sit-in organizzato a pochi passi dalla convention. Un sit-in durante il quale si sono lanciati strali sull'attraversamento Tav che interesserà la città palladiana.

L'ASSISE
Ieri durante l'assise confindustriale la presidente Laura Dalla Vecchia ha inviato un messaggio ai presenti tra i quali spiccavano il presidente della giunta regionale Luca Zaia (Lega), il suo omologo emiliano Stefano Bonaccini (Pd). Con loro c'erano alcuni candidati di spicco delle prossime elezioni, quelli considerati dall'establishment produttivo del Nordest, fra i più affini «alla propria Weltanschauung». Si tratta del segretario del Pd Enrico Letta, del segretario Azione Carlo Calenda nonché di Adolfo Urso di Fdi, ossia il presidente del Copasir, l'organismo bicamerale che vigila sul lavoro della intelligence italiana.

IL RUGGITO DI DALLA VECCHIA
«L'impresa - spiega la Dalla Vecchia al quotidiano della Confindustria Il Giornale di Vicenza in un lungo servizio pubblicato ieri sulla edizione elettronica - non è considerata, come dovrebbe, il vero motore di sviluppo di questa nazione. Per questo siamo preoccupati». E ancora: «Non fa paura il freddo e il termosifone a 19 gradi, ci fa paura la mancanza di programmazione sul medio lungo termine di un Paese che ha scelto di rinunciare ad uno dei suoi uomini migliori», ossia l'ex premier Mario Draghi dimostrando «una certa distanza dal mondo delle imprese. Servono politiche efficaci per sostenere la manifattura».

SCENARIO ELETTORALE
Questo passaggio è stato percepito in sala come un endorsement a quegli ambienti come l'ala liberista del Pd riferibile a Letta, quella liberista della Lega riferibile a Zaia, all'ala più filo atlantista di Fdi cui vanno aggiunti Azione e Italia viva capitanata dal leader Matteo Renzi. Il riferimento alla caduta di Draghi è altresì stato percepito come una frecciata al leader leghista Matteo Salvini e soprattutto al leader del M5S Giuseppe Conte, visto come portatore di valori troppo legati ad una gauche poco propensa ad una concezione più competitiva della società.

«SE DOMANI FINISSE LA GUERRA»
Tuttavia la presidente è andata oltre aggiungendo che «non è che se domani finisse la guerra in Ucraina, i problemi che viviamo si dissolverebbero per magia. È sbagliatissimo pensare che rischiamo di perdere il lavoro unicamente per i rincari delle bollette», che peraltro sono iniziati ben prima dell'invasione russa. Tanto che «per noi è importante che chiunque sarà incaricato di governare tenga presente che servono politiche efficaci per sostenere la manifattura. Mai come adesso ci troviamo di fronte al rischio di perdere il lavoro. E non rischiano solo i lavoratori, rischia tutto il Paese. Senza lavoro, senza le imprese, non si mantiene il sistema Italia: servizi, sanità, scuola, perfino la politica saltano per aria. Affrontare il futuro dell'industria italiana - rimarca Dalla Vecchia - è una responsabilità politica che qualcuno dovrebbe prendersi. Ma per farlo bisogna essere consapevoli di che cosa stiamo parlando, bisogna essere competenti. Dobbiamo valutare questo quando voteremo il prossimo 25 settembre». Poi un ultimo affondo: «Il lavoro dipende direttamente dalla competitività del nostro sistema produttivo. Il valore aggiunto lo si fa nell'industria, quell'industria che da tempo viene snobbata».

IL PRESIDIO
Fuori a contestare la visione fornita dalla Dalla Vecchia c'era una quarantina di persone guardate a vista con discrezione da una dozzina di uomini delle forze dell'ordine. C'erano i sindacalisti di base della Usb e della Cub, c'erano gli attivisti del Centro sociale bocciodromo. E c'erano alcuni residenti della zona Ferrovieri spaventati per le conseguenze che il cantiere Tav avrà sulle loro «case» e sulle loro «vite».

IL TAV «GLI HOOLIGAN DELLO ZIO SAM», LA NATO E IL «BILDERBERG DE NOANTRI» 
Durante il presidio la voce più dura è stata quella di Maria Teresa Turetta, segretaria veneta della Cub: «Siamo qui all'arsenale perché questo è un luogo simbolo. È il luogo in cui i poteri forti confindustriali italiani e veneti, spesso travisati da ultras del Tav, si arrogano il diritto di distribuire le carte sul tavolo della politica italiana. Nella quale la stragrande maggioranza dei partiti è ben lieta di farsi dettare la linea. Lorsignori sanno benissimo che c'è un filo rosso che lega la guerra in Ucraina, gli aumenti nelle forniture energetiche che erano schizzati alle stelle ben prima del conflitto, l'aumento del costo della vita, il permanere dei salari italiani a livelli da fame e il riposizionamento dell'Italia su una linea cosí sfacciatamente filo atlantica da far arrossire anche gli hooligans piú sfegatati dello zio Sam e della Nato nonché gli hooligans dell'invio delle armi all'Ucraina al quale noi siamo contrari perché quelle risorse debbono servire ai bisognosi in Italia».

«I DESIDERATA PIÙ BECERI DI WASHINGTON»
E non è finita. Secondo Turetta, che descrive la convention come una sorta di «Club Bilderberg de noantri» (in riferimento sarcastico ad uno dei più esclusivi meeting annuali dell'establishment occidentale),  la situazione è divenuta «cosí ingestibile che anche un pezzo del mondo produttivo, tardivamente, si è accorto che questa deriva indecentemente sdraiata sui desiderata piú beceri di Washington ci sta portando al fosso. Purtroppo per decenni le grandi opere sono state non solo un fomite di corruzione da Guinness dei primati, ma soprattutto sono state il meccanismo luciferino con cui le classi dominanti si sono accaparrate quelle risorse di cui il Paese avrebbe avuto bisogno per dare corpo ad una transizione ecologica basata sia sul rispetto dell'ambiente sia sulla giustizia sociale. Il che è l'unico modo per fare uscire l'Italia e l'Europa dal letamaio padronale nel quale i signori che in queste ore pontificano un tanto al kilo a pochi metri da qui ci hanno cacciato».

«TAGLI AGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI»
Il sindacato Usb è altrettanto agguerrito nei confronti «del grande capitale» tanto che nel volantino distribuito qualche giorno prima della manifestazione aveva messo nero su bianco il suo punto di vista: «La convention è l'occasione per gli industriali di dettare le proprie linee guida ai futuri governanti: più finanziamenti pubblici per il capitale privato, liberalizzazione del mercato del lavoro e tagli agli ammortizzatori sociali per rendere più ricattabili i lavoratori».

«SOCIALIZZARE I COSTI DELLA CRISI»
Poi un'altro spunto: «La ricetta che ci propinano è sempre la stessa: socializzare i costi delle crisi economiche per massimizzare i profitti privati; anche attraverso il business delle grandi opere insensate e devastanti come il Tav. Quando questo non basta allora si scatenano spaventose guerre in tutto il mondo per accaparrarsi le risorse e gestire il business della ricostruzione. Da sempre i conflitti che devastano intere nazioni partono anche dalle basi di Vicenza: vera e propria roccaforte di Usa e Nato nell'Europa sud-orientale. Siamo giunti a un punto di non ritorno: o il lavoro o il capitale, o l'ambiente o il profitto, o la pace o la guerra, o noi o loro». Si tratta di concetti ribaditi durante il presidio da Massimo D'Angelo, segretario veneto di Usb trasporti. Ma c'è di più, durante il sit-in è intervenuta la sindacalista di Usb Annarita Simone (che peraltro è candidata per Unione popolare - Up), la donna nota per la sua battaglia nel mondo della logistica vicentina, ha preso il megafono indirizzando alla volta della convention una dura invettiva sulle «durissime» condizioni di lavoro in cui versano molti impianti del Paese. A fare da sfondo gli striscioni portati a braccia: «Confindustria chiama, i sevi rispondono... via gli sciacalli dalla nostra terra... Guerre, pandemia, morti sul lavoro il capitalismo uccide».

LA FIACCOLATA DEL 20 SETTEMBRE
Diverso invece è il tenore dell'intervento dei ragazzi del «Centro sociale Cs - Bocciodromo» che si è concentrato sul tema del progetto Tav. «La nostra presenza fa sapere il portavoce Marco Zilio - era finalizzata ad una richiesta d'incontro col presidente Zaia che detiene un vero e proprio potere decisionale sull'iter di approvazione del progetto definitivo». Zilio fa sapere tra l'altro che martedì 20 settembre alle ore 21.00 è in programma una «fiaccolata popolare ai Ferrovieri con partenza dall'area verde di via Granezza» proprio per testimoniare i timori «del quartiere in relazione ad un impatto ambiante e sociale che si preannuncia da paura in una alla nostra contrarietà all'opera». Ad ogni modo sul piano sociale la situazione rimane effervescente perché il girono 21 settembre «Quale futuro» un gruppo organizzato di commercianti, artigiani e cittadini sarà in piazza dei Signori a Vicenza per interrogarsi su cause e possibili soluzioni per il caro bollette.

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DI ANNARITA SIMONE

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