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Variati risponde alla Diocesi: "Estendendo i diritti, costruiamo una società più giusta"

Il sindaco interviene sul dibattito apertosi in città dopo l'avvio di una raccolta firme per promuovere una petizione che chiede all'anagrafe comunale di attestare l'esistenza delle cosiddette "famiglie anagrafiche"

“Estendere i diritti, laddove non vengano lesi i diritti di altri o altre forme di diritto, credo sia sempre giusto, e che rappresenti un avanzamento della nostra società. E credo sia persino doveroso per un’amministrazione pubblica, tanto più in presenza di una legge esistente che chiede solo di essere applicata e concretizzata con una opportuna regolamentazione per gli aspetti di competenza comunale. Chi parla di attacco alla famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio e orientata all’avere figli, sbaglia”.

Il sindaco di Vicenza, Achille Variati, interviene sul dibattito apertosi in città all’indomani dell’avvio di una raccolta firme per promuovere una petizione che chiede agli uffici dell’anagrafe comunale di attestare su richiesta l’esistenza delle cosiddette “famiglie anagrafiche”. “Ho ascoltato con attenzione le diverse posizioni espresse in questi giorni, e in particolare quelle critiche – spiega il sindaco – e credo sia opportuno ribadire alcuni concetti che sono stati distorti da chi aveva interesse politico a strumentalizzare la discussione su questo tema. Innanzitutto, è veramente sorprendente la levata di scudi che forze di opposizione come il Pdl e la Lega hanno fatto per mera polemica politica.

La “famiglia anagrafica” non è un’invenzione né del comitato che propone la petizione né del Comune: è stata istituita da una legge dello Stato (Legge 1228/54 e regolamento di attuazione Dpr 223/89). Una legge che esiste da anni, e che è doveroso che le amministrazioni locali, in presenza di richieste, applichino e concretizzino recependola anche nelle proprie regolamentazioni dei servizi, in modo da dare concretezza ai diritti che già, appunto, la legge prevede. Qua non si parla affatto di istituire un “registro delle coppie di fatto”, cosa che sarebbe di discutibile legittimità, ma di concedere a chi ne faccia richiesta un attestato dell’esistenza di una famiglia anagrafica, cioè di una relazione affettiva non regolata dal matrimonio religioso o civile. È la legge nazionale che individua chi e a che condizioni ha diritto di chiedere questo attestato. All’anagrafe comunale è solo richiesto di riconoscere uno stato di fatto. Parliamo di persone che vivono una relazione affettiva stabile e di convivenza, e che desiderano, come è perfettamente comprensibile e giusto, avere alcuni diritti: ad esempio, nella possibilità dell’assistenza medica e ospedaliera della persona amata, o nell’accesso a servizi pubblici o alle agevolazioni previste per le coppie.

Lo Stato non discrimina tra coppie non sposate eterosessuali e omosessuali, ma tiene giustamente distinta l’idea della famiglia anagrafica da quella della famiglia basata sul matrimonio. Non si tratta di equiparare o sovvertire un bel niente: solo di garantire dei diritti elementari a persone che vivono una relazione stabile ma che non vogliono o non possono sposarsi. Aggiungo, a beneficio di coloro che hanno gridato in modo scomposto e pesantemente discriminatorio, che basta guardare alle statistiche per rendersi conto che la maggior parte delle coppie di fatto sono eterosessuali e non omosessuali. Anche se è un po’ triste che qualcuno si ostini a ragionare in termini così poco rispettosi delle differenze che compongono la nostra società”. “A chi strepita contro improbabili attacchi alla famiglia tradizionale – continua Variati – replico che è in malafede. La famiglia tradizionale, basata sul matrimonio e sui figli, resta il cuore della nostra società. Anzi, dico che dovremmo lavorare tutti di più per trovare formule nuove con cui incentivare e sostenere le tante famiglie che oggi faticano ad avere figli, magari per ragioni economiche o lavorative. Sarebbe una battaglia politica, culturale e sociale che mi vedrebbe in prima fila. Ma che non si fa limitando o negando i diritti di altri. E non si dica che così facendo si penalizzano le famiglie tradizionali rispetto alle coppie non sposate: già adesso, le graduatorie per ottenere alloggi comunali garantiscono un punteggio più alto a chi ha figli rispetto a chi non ne ha. Così come, sempre sullo stesso tema, la mia amministrazione ha fatto grandi sacrifici per assicurare, anche in anni di tagli pesanti al bilancio, servizi come quello delle mense comunali o del trasporto scolastico, di cui beneficiano proprio le famiglie con figli: è lo sforzo, sacrosanto, che la nostra società fa collettivamente per sostenere le famiglie con figli e investire quindi sul futuro”.

“Quanto alla posizione assunta dalla Diocesi – conclude Variati – da cattolico non posso che rispettarla profondamente. La Chiesa fa bene a sostenere, con coraggio e con determinazione, l’idea di una famiglia basata sul matrimonio, e cioè su un vincolo che per i credenti non è meramente funzionale all’ottenimento di vantaggi economici, ma sacro e indissolubile, e che proprio in questa sua sacralità trova il fondamento di una propria differenza e unicità rispetto ad altre forme di legami o di patti tra individui. Credo non solo legittimo ma anche giusto che la Chiesa sia in prima linea in una battaglia culturale, spirituale e civile per l’affermazione dei valori, tanto più in un’epoca fragile e confusa come quella che viviamo. Ma da sindaco ho il preciso dovere di applicare le leggi esistenti e di fare quanto è possibile per estendere i diritti dei miei concittadini, offrendo loro più opportunità e più tutele”.

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