Gallerie d’Italia: ‘Non si farà mai più tal viaggio’, in mostra Pigafetta e la prima navigazione attorno al mondo
In occasione delle celebrazioni per i 500 anni dalla prima circumnavigazione del globo terrestre (1519-1522) guidata da Ferdinando Magellano a cui partecipò il navigatore e scrittore vicentino Antonio Pigafetta, le Gallerie d’Italia - Vicenza presentano la mostra Pigafetta e la prima navigazione attorno al mondo. "Non si farà mai più tal viaggio".
Dal 6 settembre 2022 all’8 gennaio 2023, l'esposizione celebrerà la tappa finale della spedizionee conclusa - dopo la morte di Magellano - da Juan Sebastián Elcano e il ritorno della nave Victoria in Spagna, avvenuto il 6 settembre 1522.
La mostra, nata dall’idea dell’Associazione Culturale Pigafetta 500, ha come protagonista il manoscritto della Relazione del primo viaggio attorno al mondo conservato nella Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, considerato il più antico testimone della versione originale redatta da Antonio Pigafetta, e diventato testo di riferimento ai nostri giorni.
Il documento è affiancato dalla pregevole carta nautica delle Indie e delle Molucche di Nuño Garcia de Toreno (1522), proveniente dai Musei Reali di Torino, da esemplari di cartografia del XV e XVI secolo, antichi volumi a stampa e opere selezionate dalle raccolte della Biblioteca civica Bertoliana, del Museo Diocesano di Vicenza, dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dai Musei Civici di Reggio Emilia. In mostra oggetti particolari, come il mantello in pelle di guanaco, animale descritto da Pigafetta, sconosciuto agli europei, e preziosi materiali cartografici che permettono di ricostruire la conoscenza del mondo prima, durante e dopo il viaggio, offrendo spunti per riflettere sulla straordinaria ricchezza di informazioni che la Relazione di Pigafetta ha consegnato all’umanità.
Nell’ambito della mostra saranno proposti incontri ed eventi e un’ampia attività di didattica gratuita rivolta alle scuole e alle famiglie per approfondire la figura di Antonio Pigafetta. A disposizione sussidi tiflodidattici, per rendere il percorso espositivo accessibile a persone con disabilità visiva.
Tra le numerose attività collaterali previste, nel contesto del ciclo di incontri “Esplorazioni tra scienza, letteratura e musica”, domenica 11 settembre alle 17.30 è previsto l’appuntamento “Geografie del suono”: una conversazione tra Massimiano Bucchi, sociologo e scrittore e Arturo Stàlteri, pianista, compositore e conduttore radiofonico di Radio 3. Per l’occasione il compositore ha realizzato un brano musicale sul tema del viaggio intorno al mondo, che viene messo a disposizione dei visitatori della mostra, scaricabile tramite QRcode.
In occasione del giorno di inaugurazione della mostra, il 6 settembre 2022, le Poste Magistrali dell’Ordine di Malta hanno previsto alle Gallerie d’Italia una speciale postazione per un annullo postale, in ricordo dell’appartenenza di Pigafetta all’Ordine e della dedica che fece della Relazione al Gran Maestro Fra’ Philippe de Villiers de L’Isle-Adam.
La mostra è a cura di Valeria Cafà, conservatrice del Museo Correr - Fondazione Musei Civici di Venezia e Andrea Canova, professore ordinario di Letteratura italiana, Università Cattolica (Milano e Brescia).
Con il patrocinio del Comune di Vicenza, del Comitato nazionale per le celebrazioni “500 anni fa il primo viaggio attorno al mondo: Antonio Pigafetta, vicentino, cronista della spedizione di Magellano” e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
DOVE
Gallerie d'Italia - Vicenza
QUANDO
Dal 6 settembre 2022 all'8 gennaio 2023
Da martedì a domenica aperto dalle 10:00 alle 18:00
Lunedì: chiuso
BIGLIETTI
Ingresso intero 5 €, ridotto 3 €, gratuità per convenzionati, scuole, minori di 18 anni, dipendenti e clienti del Gruppo Intesa Sanpaolo
Il mondo circumnavigato di Antonio Pigafetta
La prima circumnavigazione del mondo, avviata sotto il comando di Ferdinando Magellano nel settembre del 1519 e compiuta – dopo la morte di Magellano nelle Filippine il 27 aprile 1521 – da Juan Sebastián Elcano l’8 settembre 1522, si colloca nella nostra memoria scolastica entro un paragrafo dedicato alle “grandi scoperte geografiche”, in coabitazione con i nomi di altri navigatori, e soprattutto con il protagonista assoluto Cristoforo Colombo. Sebbene la storia delle esplorazioni europee sia un processo più lungo e articolato di quanto ricordiamo abitualmente, è vero che dalla metà del Quattrocento ai primi decenni del Cinquecento l’intensità e l’importanza dei viaggi di scoperta aumentano e che, tra la scoperta dell’America nel 1492 e il rientro in Spagna della Victoria, unica nave di Magellano a fare ritorno nel 1522, si racchiude una stagione eccezionale, che unisce le novità atlantiche dell’America con il favoloso Oriente asiatico, traboccante di costose spezie, svelando l’insospettato mare che li separa: il Pacifico.
Un viaggio straordinario, che ha finito per trasfigurarsi in un’avventura leggendaria di pionieri della conoscenza. Tuttavia la sua valutazione ci pone davanti un quadro più complesso, e non si tratta solo di smentire il vecchio equivoco per cui la spedizione avrebbe dimostrato che la Terra è rotonda. Si tratta piuttosto di mettere in chiaro che il portoghese Magellano riuscì a convincere il re di Spagna e futuro imperatore Carlo V e altri finanziatori spagnoli a sostenere un’impresa rischiosa e costosa per trovare una rotta che conducesse alle Molucche evitando quella atlantico-indiana controllata dai rivali portoghesi.
Le Molucche, allora chiamate isole delle Spezie, erano la meta, perché solo lì nascevano i chiodi di garofano, che in Europa valevano oro. Il movente primo dei finanziatori era dunque l’avidità: un’avidità in grado di convincere gli spagnoli a dare fiducia a un portoghese, creando un equipaggio la cui miscela provocò ammutinamenti e ostilità di ogni genere.
Nel tempo, si è passati da una visione eroica della scoperta a una presa di coscienza più critica, che ha tratto i suoi motivi dalla voce dei nativi e dagli studi sul colonialismo, ma che ha avuto e continua ad avere i suoi eccessi. Ci si può chiedere, allora, come salvare le ragioni dell’etica e quelle della storia; e proprio la coscienza storica sta all’origine di questa mostra. In una delle sale che la ospitano, alcuni affreschi barocchi rappresentano i continenti secondo una gerarchia allegorica nettamente eurocentrica: tra le scene dipinte da Giuseppe Alberti si distingue anche lo Sbarco di Hernán Cortés in Messico. Sopra il camino, nel tardo Settecento fu aggiunto un monocromo di Francesco Lorenzi dal soggetto coerente: La Spagna riceve tributi dall’America. Tale asserita e fittizia superiorità morale del continente più “evoluto” ha radici antiche, che vanno spiegate e non cancellate.
Bisogna perciò avvicinarsi a quegli eventi interrogando imparzialmente i testimoni, e per noi Antonio Pigafetta è un testimone insostituibile.
Ignoriamo l’anno di nascita di Pigafetta, ma sappiamo che apparteneva a una ragguardevole famiglia di Vicenza e che presumibilmente aveva ricevuto una buona educazione umanistica.
Protetto di Francesco Chiericati, ecclesiastico vicentino molto attivo nella diplomazia papale, alla fine del 1518 si reca con lui alla corte di Spagna. Là Pigafetta ha modo di entrare nelle simpatie di Magellano; ottiene quindi di essere imbarcato come uomo di fiducia dell’ammiraglio, cui rimane fedele anche dopo la morte, ed è uno dei diciotto superstiti che rientrano in Spagna nel settembre del 1522. Tra il 1523 e il 1524, scrive un libro sulla circumnavigazione, che oggi è generalmente noto con il titolo moderno di Relazione del primo viaggio attorno al mondo. Esistono anche resoconti di altri partecipanti alla spedizione, ma sono rapporti stringati e contengono perlopiù dati tecnici relativi alla navigazione. La Relazione è invece un libro vero e proprio, che obbedisce alle norme tipiche del genere letterario. Ed è l’autore stesso a metterci sull’avviso quando scrive di aver decison di partire “avendo […] avuto gran notisia per molti libri letti” (p. 159). Inoltre ancora lui ci dice di aver tenuto quotidianamente un diario (p. 352), che però non ci è giunto.
Possiamo quindi leggere solo la Relazione, che alcune lettere di Pigafetta ai Gonzaga ci informano essere stata composta tra il 1523 e il 1524, come s’è accennato. Qui sta un punto fondamentale: Pigafetta non è un navigatore di professione, è piuttosto un intellettuale, portatore di un punto di vista più complesso, tra esperienza e racconto. Ma la Relazione è affidabile? Se consideriamo l’ormai plurisecolare bibliografia critica siamo costretti ad ammetterne la sostanziale attendibilità. Numerosissimi riscontri confermano le informazioni messe in carta da Pigafetta e spicca in particolare la sua attenzione per le lingue esotiche. Addirittura Pigafetta allestisce quattro vocabolari che i moderni glottologi hanno verificato essere in larghissima misura corretti. Il vo vocabolario brasiliano (otto voci), quelli patagonico (novanta), filippino (centosessanta) e indonesiano (quattrocentoventisei) fanno veramente del vicentino una sorta di precursore dell’etnolinguistica.
Ogni pagina del libro trabocca di impressioni memorabili. I tupinamba brasiliani (oggi estinti) hanno “infinitissimi papagali” e “se vestono de vestiture de piume de papagalo con rode grande al cullo dele penne magiore (cosa ridicula)” (p. 172): ricordano i colori dell’Atlante Miller, datato 151911. A Puerto San Julián (nell’odierna Argentina) Magellano vede indigeni infagottati di pellicce e corridori velocissimi; gli ricordano Patagón, un mostro del romanzo cavalleresco Primaleón, e così li chiama “Patagoni”. Lo racconta Pigafetta, che è anche il primo a chiamare questi luoghi “Terra Patagonia”. Nella Relazione troviamo anche i dettagli sul guanaco e sulla lavorazione della sua pelle, che rimarrà un tratto tipico fino a diventare una sorta di souvenir per i turisti. Lo straniamento è fortissimo: il vicentino questa volta si lascia andare e riferisce che i patagoni sono altissimi; e le gigantesse e i giganti patagonici sopravvivranno con alterna fortuna fino al Settecento, quando qualcuno dirà ancora di averli avvistati. C’è di che rattristarsi: gli ultimi eredi dei “giganti” ci guardano smarriti dalle fotografie dell’incipiente secolo scorso, rinchiusi nelle missioni europee dove le epidemie stanno finendo di sterminarli.
Magellano supera il pericoloso stretto che ha caparbiamente cercato e che oggi porta il suo nome; si ritrova così in una distesa d’acqua che sembra non finire mai: è il Pacifico. Dopo una sosta poco felice alle isole Marianne, le navi approdano a un arcipelago che prende il nome di San Lazzaro per il giorno in cui viene raggiunto. Sono le isole che poi diverranno Filippine e qui Magellano incontra il suo destino tra indigeni che probabilmente assomigliano a quelli raffigurati nel Codice Boxer attorno al 1590. La Relazione ci descrive i suoi comportamenti, che appaiono alquanto inspiegabili. L’ammiraglio sembra mettere da parte il vero obiettivo della missione, cioè le Molucche, e si ostina a imporre un controllo politico-religioso nelle isole in cui si trova, prive di spezie e di ricchezze evidenti. Insiste sulla conversione dei nativi di Cebu; dà dimostrazioni con l’artiglieria di bordo, le celebrazioni liturgiche, la caccia agli idoli pagani e addirittura le guarigioni miracolose. Sembra che un colonnello Kurtz, in anticipo su Coppola ma anche su Conrad, sia arrivato con i suoi fantasmi sul set di Apocalypse Now. Il fervore conduce Magellano all’errore fatale: volendo dimostrare la forza dei propri soldati ai capi locali, intima a uno di loro di sottomettersi. Il suo nome è Lapulapu, governa l’isola di Mactan e rifiuta di obbedire. Allora Magellano, all’alba del 27 aprile 1521, sferra un attacco che gli costa la sconfitta e la morte.
Pigafetta è presente e racconta i fatti con tono epico; il che però non cancella le ingenuità che conducono l’ammiraglio a questo esito.
Dopo la battaglia di Mactan, i cebuani, probabilmente vessati dal comportamento dei nuovi arrivati e sempre meno convinti della loro invincibilità, ordiscono un tradimento. Tendono ai navigatori una trappola mortale: una ventina di uomini, tra cui due capitani e il cosmografo della spedizione, vengono uccisi o restano prigionieri, mentre gli altri fuggono e abbandonano gli ostaggi. Elcano assume il comando delle due navi rimaste, ma la Relazione gli riserva fino alla fine un silenzio che dimostra la conflittualità tra i sostenitori del defunto Magellano e la componente spagnola degli equipaggi. Però la seconda parte del libro vede anche il suo autore più spesso in primo piano; Pigafetta racconta di sé e dei suoi incarichi a terra come ambasciatore e negoziatore presso gli indigeni. Il suo occhio di naturalista e antropologo ante litteram fissa molti particolari con precisione. Però è interessante notare qualche residua incertezza, quasi che l’attitudine sperimentale non sia ancora perfettamente collaudata; per esempio gli insetti foglia (Phyllium), autentici campioni di mimetismo del mondo animale, sono descritti come foglie che camminano (p. 273). Giunto alle Molucche, Pigafetta si dilunga volentieri su quanto vede e sente dire; descrive la natura dei luoghi, l’abbondanza e l’utilità dei prodotti.
Un altro cortocircuito può scattare: meno di vent’anni dopo, viene realizzato il Codex Casanatense
1889, un interessante manoscritto la cui origine è di solito definita indo-portoghese. Le sue pagine presentano usi e costumi di vari popoli africani e asiatici; non mancano gli abitanti delle Molucche (Maluco in portoghese), ritratti fra alberi di chiodi di garofano stilizzati.
Il ritorno della Victoria è drammatico. L’equipaggio decimato ed esausto tocca il molo di Siviglia l’8 settembre 1522 nel tripudio generale.
L’ostinata fedeltà di Pigafetta a Magellano suona sgradita e così lui, deluso, se ne torna in Italia. Scrive la Relazione e, nell’estate del 1524, ottiene il privilegio di stampa dal senato veneziano, ma il libro non vedrà mai la luce. E di lì a poco il viaggiatore-scrittore sparisce nel nulla, come se tutta la sua esistenza si fosse consumata nella circumnavigazione e per tramandarne la memoria: forse
il finale più degno per chi ha vissuto e raccontato una storia così incredibile.
Andrea Canova, professore ordinario di Letteratura italiana, Università Cattolica.