Fedra di Racine, regia di Patrick Rossi Gastaldi, per i Classici al Teatro Olimpico
Prosegue il 74° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza, Nemesi Ogni viso avrà diritto alle carezze, direzione artistica di Giancarlo Marinelli; il prossimo appuntamento è con la tragedia Fedra di Jean Racine, in prima nazionale al Teatro Olimpico venerdì 8, sabato 9 e domenica 10 ottobre alle 21.00.
Si tratta di un adattamento curato da Patrick Rossi Gastaldi, che dello spettacolo è anche regista, mentre la protagonista sarà l’attrice toscana Marianella Bargilli, accompagnata in scena da Fabio Sartor, e con Matteo Cremon, e “la signora delle scene” Paila Pavese, e ancora con Silvia Siravo e Leonardo Sbragia.
Proseguono anche gli Incontri a Palazzo Cordellina, sede della Biblioteca civica Bertoliana:
sabato 9 ottobre alle 17.00 sarà Vera Slepoj, psicologa e scrittrice a parlare degli aspetti più reconditi del personaggio Fedra,
dell’amore malato e del rapporto tra psicanalisi e mito, con il regista dello spettacolo Patrick Rossi Gastaldi;
modera l’Incontro Nicoletta Martelletto, vicecaporedattore de Il Giornale di Vicenza.
Continuano gli appuntamenti della rassegna Il Canto delle Muse:
venerdì 8 ottobre alle 18.00 nel Giardino del Teatro Olimpico a raccontare le suggestioni dell’amore contrastato sarà Cesare Galla,
accademico olimpico, giornalista e critico musicale, mentre il concerto che segue vedrà protagonista il Duo Hana, formato da Hersi Matmuja e Ilaria Fantin.
Fedra è un personaggio assoluto, protagonista di una tragedia tra le più emblematiche di Jean Racine, ispirata ad un dramma di Euripide: moglie di Teseo, re di Atene, la regina si innamora perdutamente del figliastro Ippolito, che la respinge sdegnosamente causando l’atroce vendetta, l’accusa di averla sedotta. Il finale è doppiamente tragico, con la morte dei due protagonisti: Fedra suicida travolta dal dolore insopportabile, Ippolito maledetto ingiustamente, dal padre Teseo, travolto dal suo cocchio in riva al mare. Dramma dei sentimenti “oltre i limiti” e della colpa inconfessabile, Fedra rivive in una luce di straordinaria attualità, una tragedia che potrebbe svolgersi tranquillamente ai nostri giorni, pur portando con sé “brandelli di leggende vecchie di millenni”.
Nell’impianto dell’opera, Racine, autore simbolo dell’inquietudine e della perfezione tragica del Classicismo francese del Grand Siècle, riesce ad eliminare il tempo. La passione di Fedra (“né del tutto colpevole, né del tutto innocente”, come la descrive il drammaturgo) non si sviluppa, ma esplode; non deve trasformarsi o percorrere corruzioni, può soltanto creare attorno a sé il vuoto perché tutti, salvo Fedra - Ippolito appena fracassato sulle coste fragorose, Teramene, Teseo, Aricia, Enone, lo stesso Nettuno il mostro invisibile – vivono solo il tempo necessario ad eccitare gli ardori, i furori, i rimorsi e i trasporti di Fedra. È una passione che trapassa il cuore con i più nobili accenti di concupiscenza e di rimorso, mai narrati sulla scena. Nella tragedia manifesto del Classicismo giansenista, gli Dei non sono altro che una proiezione delle sorti, delle passioni, delle istituzioni umane; e la paura che i personaggi ne hanno è solo quella di loro stessi, di sé e degli altri. “Per narrare il mito esistono solo il tempo della loro passione, in cui ardore e rimorso convivono, riuscendo ad attuare a volte uno scambio di ruoli. Ma alla fine sarà solo l’anima di Fedra a pagare, confessando la sua colpa, portatrice del male in ogni angolo del nostro bene”, come spiega Patrick Rossi Gastaldi nelle sue intense note di regia.
Per le tre repliche dello spettacolo restano ancora pochi biglietti.