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Economia

Concia, il contratto Confial «migliorativo di quello firmato da Cgil, Cisl e Uil»

Il segretario nazionale del sindacato indipendente punta il dito contro Triplice e Confindustria. E per l'accordo siglato nel settore artigiano evoca lo spettro dei possibili illeciti a partire dalle trattenute indebite sulle quali l'Inps e la magistratura penale potrebbero intervenire a stretto giro

Il contratto del settore concia sia per quanto riguarda le imprese industriali sia per le imprese del comparto artigiano è stato oggetto di polemiche molto effervescenti. Ne ha dato conto Vicenzatoday.it con un servizio del 26 ottobre cui ne è seguito un altro il 23 dicembre. La partita sul tappeto è complessa. Da una parte ci sono Cgil-Filctem, Cisl-Femca e Uil-Uiltec (che poi sono le sigle che si occupano di chimica e affini). Che se la prendono contro il cosiddetto contratto pirata sottoscritto tra i lavoratori della conceria Tre emme di Zermeghedo e i vertici della stessa impresa con l'avallo del sindacato Confial e di Federconcia, una realtà fattoriale distinta dalla galassia Confindustria-Unic.

Dall'altra invece ci sono proprio Federconcia e la Confial che non solo a muso duro respingono le accuse al mittente ma hanno parole assai poco lusinghiere per i contratti stipulati sotto l'ala protettrice della triplice. In questo contesto proprio Vicenzatoday.it per l'appunto con un servizio del 23 dicembre aveva evidenziato alcune criticità che riguardavano il contratto adottato dalle piccole imprese proprio la Triplice, contratto che però la viglilia di Natale era invece stato difeso a spada tratta da Francesco Giacomin, ossia il segretario generale di Confartigianato Vicenza. La querelle però è tutt'altro che esaurita. Perché sul punto, intervistato da Vicenzatoday.it, è intervenuto con molta decisione Benetto di Iacovo, segretario nazionale della Confial, il quale non fa sconti: «Siamo pronti al confronto con chiunque in qualsiasi momento» fa sapere quest'ultimo riferendosi in primis a Cgil, Cisl e Uil.

Dunque segretario Di Iacovo durante gli ultimi mesi si è molto parlato di alcuni aspetti critici che riguardano la situazione del contratto del settore concia afferente al settore artigiano. Il Vostro sindacato come ha accolto tale notizia?
«Serve chiarezza sul tema, considerato che, in primo luogo, è un contratto collettivo né nazionale né aziendale, ma su base regionale, che appare derogatorio, in pejus, sui minimi retributivi rispetto ai contratti nazionali esistenti».

E poi?
«E poi, non si comprende perché tale contratto regionale non sia stato depositato al Cnel ovvero al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Come non si comprende come mai quel contratto non abbia un codice Inps. Questa chiarezza serve, soprattutto, nell'interesse dei lavoratori a cui è applicato».

Che idea vi siete fatti della precisazione giunta a stretto giro dai vertici di Confartigianato Vicenza?
«Ritengo che che in quella precisazione siano riscontrate le perplessità che ho illustrato. Davvero vogliamo parlare di un contratto che non viene depositato e quindi che non ha i codici richiesti dalle normative vigenti? Vogliamo poi guardare all'escamotage proposto da quella organizzazione datoriale firmataria di usare il codice di un contratto diverso? Non spetta a noi stabilire quale sia il profilo: amministrativo? Penale?

Segretario, all'inizio di novembre lei ha partecipato ad un seminario ad Arzignano durante il quale i presenti hanno posto l'accento su svariate criticità del contratto del settore concia in ambito artigiano, si parla del Vicentino e del Veneto chiaramente, in cui si è parlato addirittura di possibili fattispecie illecite. Di che si tratta più nel dettaglio? Perché avete posto sul tappeto la cosiddetta questione delle trattenute indebite?
«Come è noto i lavoratori, secondo legge, aderiscono liberamente a un sindacato, sottoscrivendo su base esclusivamente volontaria una delega, attraverso cui le aziende operano le trattenute in busta paga. Non può operare nell'ordinamento sindacale italiano, nel rispetto dell'articolo 39 comma 1 della Costituzione, che prescrive la libertà e il pluralismo sindacali, un sistema di trattenute obbligatorie sulle buste-paga dei lavoratori in favore di alcune organizzazioni, previsto da un contratto collettivo, in questo caso attraverso un presunto fondo rivolto a nuove relazioni industriali, senza rilascio di specifica autorizzazione da parte dei lavoratori. Anche su questo chiediamo chiarezza in ogni sede».

In quella occasione si è parlato della eventualità per cui l'Inps potrebbe chiedere indietro ai dipendenti i contributi versati rispetto al contratto collettivo nazionale, in gergo Ccnl. Può spiegare nel particolare la problematica? E può dire quanto concreta è questa eventualità? Quali conseguenze ci sarebbero se il tutto si verificasse?
«La normativa prevede che la contribuzione Inps vada calcolata sul contratto nazionale maggiormente rappresentativo. Non essendo il contratto collettivo regionale di lavoro concia artigianato veneto un contratto nazionale, oltretutto non depositato al Cnel, le aziende rischiano un azione di recupero dei contributi da parte dell'Inps nei cinque anni precedenti».

Sono cifre ragguardevoli?
«Veda lei».

Come rispondete alle accuse di Cgil-Filctem, Cisl-Femca e Uil-Uiltec che durante una manifestazione davanti alla conceria Tre emme a Zermeghedo nel Vicentino hanno definito il contratto che avete sottoscritto con Federconcia un contratto pirata?
«Atteso quanto già ribadito a più riprese. Mi sembra che siamo di fronte ad una doppia morale e si attacca per non essere attaccati».

Vale a dire?
«Il nostro contratto non solo è in linea, ma migliora i minimi retributivi di quello di Cgil, Cisl e Uil, prevede, inoltre,  importanti istituti di welfare aziendale e la partecipazione agli utili quale strumento di democrazia economica, quindi il referendum sulle grandi decisioni che riguardano i lavoratori e le loro condizioni economiche e normative: credo che dovrebbero essere Confindustria e la Triplice ad adeguare il loro accordo regionale per la concia a quello da noi sottoscritto. E aggiungerei anche un'altra valutazione».

Quale?
«Tengo a sottolineare, che il contratto proposto da Confial e Federconcia, è stato sottoscritto, con pari diritti di titolarità, anche  dalla Fismic-Confsal, che sottoscrive a livello nazionale il Ccnl col colosso Stellantis e quello dei metalmeccanici di rango nazionale: quindi, da un altro sindacato dei lavoratori che si chiama Flaits e da altre due organizzazioni datoriali, l'Unsic, organizzazione datoriale multisettoriale maggiormente rappresentativa a livello nazionale e da Federdat, altra associazione di livello nazionale. Di che cosa stiamo parlando quindi?».

Perché allora secondo lei Cgil-Filcam, Cisl-Femca e Uil-Uiltec hanno reagito con tanta veemenza?
«Semlpice, per difendere consensi che continuamente perdono, come dimostra proprio il caso del distretto industriale della concia nel Veneto. A questo punto sarebbe bene andare a guardare le cifre».

Sarebbe a dire?
«Le imprese conciarie in Italia sono poco più di 1.700, Unic che aderisce a Confindustria ne associa appena 179, ma per effetto del principio della maggiore rappresentatività, non effettiva, ma solo nazionale e perché aderente o promossa da Confindustria, ogni azienda non avendo altri Ccnl di riferimento, applica automaticamente quello di Confindustria, con benefici di quote economiche per i sottoscrittori».

Avere immesso sul mercato del lavoro un nuovo Ccnl specifico del settore, secondo lei ha smosso le acque?
«Sì certo. Ha smosso le acque e ha dato alle aziende, finalmente, la possibilità di scegliere il Contratto da applicare, in quanto è ad esse che la legge assegna tale facoltà. L'unica regola è che il cnnl rispetti la normativa vigente. Anzi nel caso della comparazione con quello degli artigiani della triplice e Unic, i nostri minimi, lo ribadisco alla nausea, sono di gran lunga superiori».

Con quale conseguenza?
«Le imprese artigiane che sono passate dalla applicazione del loro contratto al nostro, hanno dovuto integrare le buste paghe dei lavoratori».

Che riflessione ne ricava a questo punto?
«È giunto il tempo di regole uguali per tutti i soggetti collettivi, sindacati e associazioni datoriali, senza antistoriche posizioni di privilegio fondate sul riconoscimento reciproco con la esclusione di altri soggetti rappresentativi, che finiscono per riecheggiare il vecchio corporativismo».

E allora Confial che cosa propone?
«La Confial propone da tempo una legge di attuazione dell'articolo 39 ai commi 2, 3 e 4, della Costituzione, in ordine all'efficacia generale dei contratti collettivi e alla misurazione effettiva e non presunta della rappresentatività, e, nelle more, una legge-stralcio per riformare l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori».

Con quale finalità?
«Per garantire il libero voto ai lavoratori in tutte le aziende, come avviene nel pubblico impiego, nelle aziende private, per eleggere i rappresentati sindacali. Serve poi un provvedimento per il salario minimo legale, secondo le indicazioni dell'Unione europea. Solo in questo modo i lavoratori potranno decidere a quali sindacati dare la loro fiducia. D'altronde, si dice sempre, siamo in Europa. Oppure il richiamo alla Ue non deve riguardare il mondo sindacale del Belpaese?»

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