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Caso Fir, botti di fine anno

Dopo le critiche verso la maggioranza parlamentare distillate nei giorni passati per la questione dei mancati indennizzi ai risparmiatori colpiti dal collasso delle ex banche popolari, venete in primis, adesso è il «Coordinamento Don Torta» a sparare a zero sulle Camere e su palazzo Chigi

Per il caso dei mancati indennizzi ai cosiddetti ex azionisti sbancati colpiti dal collasso delle ex popolari, venete in primis, la maggioranza che alle Camere regge il governo capitanato da Giorgia Meloni di Fdi finisce nuovamente sulla graticola. Dopo gli avvertimenti lanciati da alcune associazioni che si battono per la tutela dei risparmiatori ai primi di dicembre e a metà dello stesso mese, dopo il doppio j'accuse del M5S materializzatosi alla viglia di Natale e poi il 29 dicembre, ieri 30 dicembre è arrivata un'altra bordata che ha preso la forma di una breve nota. Ad accendere le polveri è stato il «Don Torta», un coordinamento veneto da anni impegnato per denunciare «il mélange tossico che tra economia e politica» aveva portato allo schianto di Veneto banca e della Banca popolare di Vicenza. L'oggetto del contendere è noto. Dei 1500 milioni di euro previsti dalla legge del 2019 quale ristoro, ai risparmiatori aventi diritto all'indennizzo sono giunti solo mille milioni. L'altro mezzo miliardo, nonostante le rassicurazioni dell'attuale governo Meloni per una soluzione futura (gli stanziamenti sono legati al destino di un degreto legge), al momento rimane ancora in ghiacciaia dopo che il pacchetto indennizzi è stato espunto dalla finanziaria discussa alle Camere.

«Con tanta fatica e grandi sacrifici - rimarca il presidente del coordinamento Don Torta Andrea Arman in una nota pubblicata ieri sul blog dell'associazione - siamo riusciti ad avere una legge, ripeto legge, non una opinione o un punto di vista, che riserva e devolve ai risparmiatori un miliardo e cinquecento milioni di euro: la legge cosiddetta Fondo indennizzo risparmiatori o Fir. Dando attuazione a quella legge lo Stato ha indennizzato i risparmiatori per un ammontare complessivo di circa un miliardo di euro, per cui rimangono nella dotazione del Fir ancora cinquecento milioni di euro che, sempre quella legge, prevede vadano anch'essi ai risparmiatori che sono stati ammessi alla procedura... Il testo della legge che istituisce il Fir - si legge ancora - nonostante i maltrattamenti subiti ad opera di vari politici portatori di particolari interessi è chiaro: ma non per tutti».

Poi il vidorese Arman, un avvocato molto noto nei comprensori di Valdobbiadene e Montebelluna, alza il tiro non risparmiando critiche puntute: «Con l'avvicendarsi dei vari governi si sono, paradossalmente, scambiate  le opinioni rispetto alla questione. Chi prima, dall'opposizione, chiedeva l'indennizzo economico e morale a favore dei risparmiatori oggi, al governo, stenta a riconoscere e a ricordare quanto dichiarato verbalmente e per iscritto. Certamente i nuovi governanti hanno molte e difficili cose da fare, specialmente in questo periodo. Però - rimarca l'avvocato - ci è difficile comprendere perché una cosa semplice semplice: come il dare attuazione ad una legge dello Stato, di cui in tanti si sono eretti a paladini, spesso immeritatamente, si perda nelle famose nebbie di Roma. Pur essendo noi nati e cresciuti in questo Paese e conseguentemente essendo noi consci di come vadano le cose in Italia, è davvero incomprensibile quello che sta succedendo con il Fir. Alcuni osservatori insinuano che i soldi non ci siano o siano stati spesi per altro; altri vanno in udienza dai potenti romani di turno; altri ancora belano per avere un favore. Noi siamo convinti che le leggi che uno Stato si è dato vadano rispettate: prima di tutto da quello Stato che se le è date».

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