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Economia

Scioperi: serrata dei farmacisti mercoledì 1 febbraio

Protesta contro le liberalizzazioni, Fontanesi: "Ai cittadini sarà comunque garantito un regime di “guardia farmaceutica” per le esigenze non rinviabili, ma li invitiamo a recarsi in farmacia nei giorni precedenti"

Le farmacie del Vicentino, così come quelle di tutta Italia, resteranno chiuse mercoledì 1 febbraio per protestare contro il decreto del Governo Monti sulle liberalizzazioni. La decisione presa dall’assemblea provinciale di Federfarma Vicenza, l’unione dei titolari di farmacia, viene così spiegata dal presidente Alberto Fontanesi: “E’ una decisione sofferta, perché il rapporto di fiducia con i cittadini e lo spirito di dedizione nei confronti di chi ha bisogno di cure, per noi è primario. Solo per questo infatti non andremo ad attuare uno “sciopero” (termine che rifiutiamo a priori) vero e proprio e tantomeno prolungato o “selvaggio”, che altre categorie applicano senza farsi tanti riguardi. non solo per le loro esigenze di farmaci, ma anche per dialogare con noi e comprendere le ragioni di questa scelta drastica. Non sono infatti più in gioco interessi che riguardano il profitto economico, ma l’esistenza stessa della farmacia come l’hanno conosciuta ed apprezzata nel corso di anni e generazioni.

La riforma del sistema deve essere sostenibile nell'interesse della salute di tutti, mentre le norme previste dal decreto rischiano di polverizzare un servizio che funziona ed è uno dei punti di eccellenza della qualità italiana nel campo dei servizi al cittadino. Siamo favorevoli all’apertura di nuove farmacie, soprattutto laddove servono. Ma troppe farmacie significherebbe impoverirle, sottraendo non solo varietà di offerta di farmaci immediatamente disponibili per i cittadini, ma anche i servizi gratuiti aggiuntivi. Già oggi tra l’altro il 40% delle farmacie italiane è economicamente debole, come rileva un recente studio della Cgia di Mestre, ed è sempre più oneroso continuare a mantenere un organico adeguato per svolgere i servizi di prenotazione, per le visite specialistiche, per il ritiro dei referti, per lo screening e per la prevenzione di svariate patologie. Sono questi i servizi che fanno apprezzare ai cittadini il nostro ruolo di presidio sanitario di prossimità. Gli stessi che con le nuove normative diventerebbero pressoché insostenibili”. Fontanesi ricorda che le 5mila nuove aperture previste dal decreto del governo Monti “vanno a sommarsi alle altre 800, relative a concorsi fermi da un decennio nel Sud Italia, e a quelle già aggiuntesi in aeroporti, stazioni ferroviarie e ipermercati di 10mila metri quadri”.

Il presidente della Federfarma berica concorda con la presidente nazionale Annarosa Racca, e con Alfredo Orlandi, presidente del Sunifar, il sindacato unitario dei farmacisti rurali che preannunciano battaglia dura: “Così com'è scritto è un decreto già morto- rileva Orlandi- i ricorsi amministrativi bloccheranno tutto. Molti sono i punti impugnabili e poco chiari, che certamente daranno luogo a moltissimi ricorsi amministrativi . Ci attendevamo almeno procedure di nuovi concorsi snelle e meno burocrazia, ma nulla di tutto ciò emerge dal decreto”. Fontanesi aggiunge: “Come si può pensare che le Regioni riescano ad aggiornare in soli sei mesi le piante organiche, mettere in piedi i concorsi, espletarli e assegnare le sedi? Il timore è che tutto questo sia stato fatto nell'ottica futura di bloccare il sistema farmaceutico per motivare l'uscita della ricetta medica dalla farmacia”. La situazione delle farmacie attive nei centri piccoli o disagiati è particolare: “Si proponga una vera liberalizzazione – chiedono i titolari di farmacia– che abbia come unica regola quella del mercato, laddove i prezzi liberi non siano solo quelli di vendita, ma anche quelli di acquisto. Una liberalizzazione che permetta al farmacista rurale di spostarsi nelle zone più redditizie e non essere costretto da altre regole a restare nei piccoli centri. E se gli orari devono essere liberi, lo siano anche i turni di servizio, che tra l'altro sono un regalo dei farmacisti alla collettività”.

Fontanesi conclude: “Preferiremmo che gli italiani non fossero trattati solo come consumatori nel momento in cui hanno bisogno di farmaci. Avanti di questo passo dovremo essere abili risparmiatori, perché a breve potremo curarci solo se potremo permetterci le cure, pagando di tasca nostra. E tutto questo per far risparmiare a ciascun cittadino 1,50 euro all’anno”. Il punto chiave per i titolari di farmacia resta quindi quello di difendere un sistema che funziona per continuare ad essere il punto di riferimento dalla parte dei cittadini.

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