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Pfas, Miteni: "Con indagini su terreni stop a bonifica per 17 anni"

La conferenza dei servizi ha predisposto un piano la verifica sui terreni inquinati dalle sostanze. L'azienda di Trissino però non ci sta e ricorre al Tar: "Non per i danni subiti - specifica - ma per quantificare i costi"

La Miteni è indagata per aver inquinato con Pfas nella cosidetta "zona rossa", che comprende Comuni del vicentino e del veronese. Nonostante questo l'azienda ha fatto ricorso al Tar sottolineando i motivi: "la quantificazione di costi se venisse attuato da qui al 2035 il piano di caratterizzazione indicato dalla conferenza di servizi". 

Il piano prevede la verifica della presenza di contaminazioni nei terreni dell'azienda vicentina. Il 15 gennaio scorso Miteni, ottemperando alle prescrizioni degli enti, ha inviato un cronoprogramma di attività per una ulteriore caratterizzazione dei terreni sulla base di quanto richiesto dalla Conferenza dei Servizi. Secondo la Miteni il piano predisposto dalla conferenza dei servizi avrebbe dei costi, pari a quasi 100 milioni di euro, ritenuti ingiustificati. Inoltre - aggiunge l'azienda con una nota - il piano sarebbe inutile per la collettività.

"Il piano Miteni prevede centinaia di metri di scavi con 122 trincee che a differenza dei carotaggi sono in grado di trovare anche eventuali rifiuti piccoli attraversando interamente le aree. Il piano di caratterizzazione 10 per 10 richiede tempi lunghissimi e terminerebbe nel 2035. Secondo le disposizioni, fino a quando non è terminata la caratterizzazione non è possibile procedere con la bonifica dei terreni che quindi rimarrebbe bloccata per 17 anni! "

Scrive l'azienda, aggiungendo: 

"Il piano Miteni può essere realizzato in un tempo molto più breve, è più accurato e prevede inoltre di demolire fin da subito una palazzina costruita in un periodo storico coincidente a quello in cui sono stati trovati i rifiuti seppelliti negli anni Settanta da una precedente proprietà, rifiuti ritrovati dai tecnici ambientali dell’azienda all’inizio dello scorso anno con la tecnica delle trincee che erano invece sfuggiti ai carotaggi".  Miteni conferma la disponibilità ad effettuare su richiesta degli enti ulteriori indagini ambientali ma ritiene queste attività inutili in quanto la fonte della contaminazione è già stata individuata nei rifiuti sepolti negli anni Settanta nell’argine del torrente Poscola come emerge da tutte le evidenze tecniche. Se non si perdesse tempo a fare altre inutili ricerche che non hanno nessun fondamento tecnico, l’azienda potrebbe iniziare immediatamente il piano di bonifica anche dei terreni oltre a quello dell’acqua di falda già in corso.

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