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Mafia e Iva evasa per i carburanti? In Italia un giro «da otto miliardi»

A lanciare l'allarme è un imprenditore del comprensorio bassanese molto noto nel settore dei rifornimenti: «le ditte oneste», anche a causa per la crisi dovuta al coronavirus, vanno in sofferenza e «rischiano di finire in mano alle cosche», le cui imprese, «piene di risorse, praticano una concorrenza sleale»

Antonio Perin è un imprenditore molto noto nel Bassanese. La ditta di famiglia, la Perin carburanti di Colceresa-Mason, ha costruito la sua storia nel comprensorio operando sia con le tradizionali pompe di benzina sia come deposito di carburante a servizio delle imprese. Il titolare ai taccuini di Vicenzatday.it si dice «molto preoccupato» per la situazione che aleggia sul settore. Tra sofferenze croniche e scorrerie di operatori borderline «chi lavora onestamente rischia» di vedersela davvero brutta. Viaggiando sulle strade del Vicentino «come in tutto il resto del Veneto» infatti non è difficile imbattersi in pompe di benzina che praticano offerte al pubblico molto allettanti. In molti casi però si tratta di prezzi drogati, il cui ribasso è dovuto ad intermediari spregiudicati che barano col fisco.

Perin a metà dicembre parecchi benzinai hanno aderito ad uno sciopero: chiedono che la loro categoria sia inserita nel decreto ristori in risposta alla crisi indotta dal coronavirus. Come mai?
«Oggettivamente la situazione è difficilissima. Le cause sono facilmente comprensibili. E guardi che per molti aspetti queste difficoltà erano evidenti addirittura da prima della emergenza coronavirus».

«Di questo stato di difficoltà in cui versano parecchi operatori può approfittare la malavita organizzata. Questo almeno dicono alcune inchieste giornalistiche. È vero?
«È vero sì: ma a parte alcuni approfondimenti de Il Sole 24 ore, de la Staffetta quotidiana cioè il principale quotidiano del nostro settore, a parte un paio di puntate di Report e a parte alcune notizie che compaiono qua e là sui media locali quando qualche operazione delle forze dell'ordine va a buon segno, la cosa sulla stampa è un vero proprio tabù».

Perché?
«Vorrei proprio saperlo. Certo è che la materia è di una delicatezza cruciale. Ci sono in ballo interessi colossali: basta citare un numero su tutti».

Sarebbe a dire?
«Sarebbe a dire che in Italia l'evasione fiscale sui carburanti perpetrata grazie ad intermediari senza scrupoli vale tra i sei e gli otto miliardi di euro di sola Iva. Cui vanno aggiunte altre centinaia di milioni per altre voci tra cui le accise».

Ma questo fenomeno come si dispiega nel Vicentino, nel Veneto e nel resto del Paese?
«Ormai in Italia, il fenomeno si dispiega più o meno uniformemente su tutto il territorio nazionale: Vicentino e Veneto non fanno eccezione, anzi. E debbo dire che gli operatori che acquistano carburante da fornitori i quali a loro volta operano correttamente sono pochi. E quando dico pochi intendo pochi sul serio».

Davvero?
«Davvero sì. Di converso va detto che un rivenditore che acquista in modo allegro, diciamo così, magari non lo fa su tutto lo stock del fabbisogno annuo. Però il fenomeno è tutt'ora in crescita».

Quando lei usa il termine operatore non si riferisce solo al titolare del distributore lungo la strada. È così?
«Sì è così: mi riferisco appunto al titolare dell'esercizio tradizionale, ma anche alle ditte che vendono carburante e che lo consegnano tramite i tanti camion cisterna che si vedono circolare nel traffico di tutti i giorni».

Ecco, spostando allora l'attenzione su questi operatori borderline, queste persone senza scrupoli che propongono forniture a prezzi davvero troppo bassi come si presentano?
«All'inizio gli esercenti venivano avvicinati dai consulenti o dagli stessi amministratori di ditte del sud Italia appena aperte. Le quali sostanzialmente evadevano i tributi acquistando il carburante all'estero, specie in Slovenia, escogitando vari stratagemmi per non pagare Iva e altri tributi. Ovviamente il vantaggio per l'esercente sta nell'acquistare un prodotto ad un prezzo così basso che rende poi possibili utili decisamente più cospicui. Tuttavia se sei del settore sai che certi prezzi il fornitore te li può praticare solo se ha barato col fisco».

E l'approccio di queste persone è rimasto lo stesso?
«No. L'approccio è cambiato. Queste ditte senza scrupoli, spesso in mano alle mafie, dopo le inchieste più eclatanti, si sono trasformate. Hanno spostato la sede legale al Nord, sono state chiuse e rifondate, anche con l'aiuto di prestanome».

E oggigiorno che cosa accade?
«Al giorno d'oggi gli esercenti vengono spessissimo avvicinati da professionisti del luogo, avvocati, commercialisti, consulenti stimati dalla comunità locale: la facciata così viene maggiormente rispettata. All'esercente viene propinata più o meno la solita zuppa. Chi vende dice di sfruttare le economie di scala, dice di aver reso molto più efficiente l'organizzazione aziendale. Per di più si presenta sul piano formale perfettamente in ordine».

Ma la sostanza qual è?
«Ovviamente la sostanza rimane la stessa. Chi opera così è più concorrenziale perché ha alle spalle condotte illecite: punto. Nel nostro settore, la cosa è nota, ormai i margini di manovra sono assai risicati per tutti».

Il che gioco forza comporta il pericolo che gli operatori onesti, stritolati dalle tasse e dalla concorrenza sleale cadano anch'essi nel giro. Un pericolo cui si aggiunge poi quello che siano le stesse pompe di benzina a finire nelle mani di questa mafia dei colletti bianchi. Sì o no?
«Sì purtroppo è così. È chiaro come queste imprese che agiscono nella opacità, imprese piene di risorse in un periodo di crisi dovuto anche alla emergenza coronavirus, pratichino una concorrenza sleale. Tra l'altro c'è un altro rischio sempre taciuto, sempre in agguato».

Quale?
«Se si va avanti così si oltrepasserà il punto di non ritorno. Gli operatori onesti dovranno cedere il passo agli altri, per cui invertire la rotta sarà impossibile: proprio  perché troppo oneroso per la collettività rispetto ai benefici acquisiti. Questo è un tabù di cui nessuno parla».

Le autorità sono a conoscenza di questo stato di cose?
«Sì, ormai a tutti i livelli. Io debbo essere sincero. La associazione di cui faccio parte e nella quale sono attivo da tempo, ossia Assopetroli-Assoenergia, nel silenzio generale, sta combattendo una guerra senza quartiere in favore della legalità».

Da quando?
«Da sei anni e più. Noi siamo ben consci del pericolo che si cela dietro questa situazione. Tanto che la nostra associazione sul tema ha avviato un dialogo costante coi più alti livelli delle forze dell'ordine».

E poi?
«E poi con la magistratura, con le commissioni parlamentari, nonché con i ministeri competenti. Davvero non abbiamo lasciato alcunché di intentato».

E adesso?
«Adesso siamo in attesa che qualcosa si muova. Ma la preoccupazione rimane e ci toglie il sonno. Non ne va solo del funzionamento dello Stato. Ne va della tenuta sociale ed economica di una porzione cruciale del sistema Paese».

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