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Economia

Fir, il conto alla rovescia scatena la paura dei risparmiatori

Mancano solo sette giorni alla scadenza per il termine degli indennizzi garantiti agli azionisti azzerati di BpVi e Veneto banca: ma le associazioni vedono nero e incalzano palazzo Chigi

Tra sette giorni esatti scade il termine per gli indennizzi a beneficio dei risparmiatori che sono stati colpiti dal tracollo delle ex popolari venete. Le risorse che ammontano a complessivi 1,5 miliardi che il Ministero dell'Economia rinviene in ossequio alla legge nel bilancio statale in tre trance tra 2019, 2020 e 2021 sulla carta ci sono. Ma sul fatto che la Consap (la spa statale incaricata di processare le richieste e di stornare i ristori del fondo indennizzi, noto come Fir, ai risparmiatori) sia in grado di farlo ce ne passa. Anzi i timori superano le certezze tanto che ieri 24 settembre Luigi Ugone, il presidente di «Noi che credevamo in Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca» uno dei gruppi più attivi sul fronte della tutela «dei diritti dei risparmiatori traditi» sul canale YouTube dell'associazione ha lanciato un durissimo attacco a Consap e allo stesso governo facendo capire senza andare per le spicce che fra i suoi associati il timore che gli indennizzi (nel Veneto «sono decine di migliaia le famiglia in attesa») si allontanino nel tempo fino a diventare un miraggio ci sono. E come.

LA BORDATA DI UGONE
Tuttavia Ugone alle telecamere di Vicenzatoday.it ha spiegato che gli associati hanno fiducia non tanto nei confronti del governo ma nelle capacità del mondo del risparmio di fare la voce grossa e di arrivare ad ottenere quanto promesso non solo dal precedente governo giallo-verde ma pure dall'attuale governo retto da M5S e Pd. Quella di Ugone per certi aspetti appare quindi come una vera e propria sfida lanciata a Roma anche perché proprio sul canale YouTube dell'associazione il presidente ha spiegato che nel recente voto per le regionali (che ha visto il M5S sparire completamente da palazzo Ferro Fini quando appena cinque anni fa aveva fatto affidamento su un bottino di cinque consiglieri) i Cinque stelle, già umiliati da un risultato misero sono andati malissimo proprio in quei territori, come Vicentino e Trevigiano, tra i più colpiti dal collasso delle ex popolari venete. Nello stabilire questa correlazione Ugone punta l'indice contro Alessio Villarosa, sottosegretario all'Economia in quota al M5S.

VILLAROSA E BANKITALIA NEL MIRINO DEL COORDINAMENTO DON TORTA
Villarosa di recente aveva fatto balenare il dubbio, questo il convincimento di Ugone, che i rallentamenti degli indennizzi fossero imputabili ad una scorretta presentazione delle richieste da parte dei risparmiatori, dando ad intendere (questo il retropensiero di un pezzo della galassia dei risparmiatori) che il sottosegretario, senza che quest'ultimo lo abbia mai detto esplicitamente per vero,  accusasse velatamente più di qualcuno di avere fatto il furbo presentando domande non meritevoli di essere accolte. La presa di posizione di Villarosa era stata presa di mira anche dal coordinamento di alcune associazioni di risparmiatori (il coordinamento Don Torta). Il quale non più tardi del 18 settembre in una nota al vetriolo aveva puntato l'indice pure contro la Banca d'Italia (accusata di non aprire i propri archivi al fine di discolparsi dalla accusa che le viene rivolta da tempo: ossia quella di avere scientemente omesso i suoi doveri di vigilanza nell'ambito dello scandalo che ha portato al collasso di BpVi e VeBa.

CELOTTO, I RISTORI IMMAGINARI E LA «PREVISIONE AZZECCATA»
Tuttavia in questa spirale di crescente scetticismo la posizione più radicale è quella del bassanese Francesco Celotto che dalla sua casa di Barcellona parla di rimborsi che non ci saranno mai. Celotto, che in passato ricoprì la carica di vicepresidente della Associazione soci banche popolari venete e che da anni ha lasciato l'Italia, in una nota diffusa il 20 settembre argomenta in maniera spietata le sue tesi: Celotto peraltro distillò la sua previsione, che al momento «si è dimostrata azzeccata», esattamente un anno fa giustappunto in una intervista pubblicata su Vicenzatoday.it.

«L'affaire delle lungaggini relative al vaglio delle richieste di ristoro - si legge nella nota diffusa quattro giorni fa - altro non è che una manfrina, meglio una cortina fumogena, per coprire il vero problema ovvero la dotazione quasi inesistente del Fir. Chiedo al governo Conte che almeno nel corso di quest'anno dia corso al pagamento dei casi più delicati tra quelli pervenuti, privilegiando le domande presentate da persone anziane, penso agli over 70, e con bassi redditi, non oltre 20.000 euro. Questi sono i casi che hanno bisogno di pronte risposte».

Poi un'altra scudisciata: «La pandemia da Covid-19 ha ahimè fatto passare in secondo piano la questione delle ex popolari venete e dei cosiddetti soci trombati. Questa vicenda pertanto si avvia all'oblio anche per colpa della pessima gestione che ne hanno fatto le varie associazioni nate in questi anni a difesa dei soci: alcune politicizzate e nate come possibili trampolini di lancio di carriere politiche poi abortite, altre nate per soddisfare gli appetiti di voraci avvocati, altre per raccogliere tessere e rimpinguare le casse».

I CINQUE STELLE E I DISSIDI INTERNI SOTTO IL PELO DELL'ACQUA
Fra l'altro nel M5S non mancano i mal di pancia. Un deputato che chiede l'anonimato ai taccuini di Vicenzatoday.it spiega il suo punto di vista: «Se i soldi ci fossero davvero, se la commissione avesse dato il via libera e se Consap avesse processato le pratiche quegli indennizzi pochi giorni prima del voto regionale del Veneto sarebbero arrivati  a Vicenza con tanto di battage mediatico e con annessa calata in pompa magna del ministro degli esteri Luigi Di Maio, che quel provvedimento di indennizzo fortissimamente volle quando era ministro dello sviluppo in quota M5S nel governo con la Lega. Questo tradimento, assieme a tanti altri come nel caso della Tav o della Pedemontana, è l'esempio plastico della condotta che ci ha allontanato dal nostro popolo. Il risultato impietoso delle urne in Italia come nel Veneto ce lo dice, ma i vertici non vogliono capire. Forse per ragioni incoffensabili?».

GUARDA LA VIDEO-INTERVISTA A LUIGI UGONE

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