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Economia Bassano del Grappa

Etra, da caso politico a legal thriller

Mentre Cgil, Cisl e Uil accusano chi ha fatto trapelare alcune indiscrezioni su un procedimento disciplinare in capo al dg, che non avrebbe vigilato sui titoli di una ditta affidataria e in qualche modo chiacchierata quest'ultima riabilitando de facto il direttore generale interviene: «Noi estranei ad ogni addebito, siamo pronti a denunciare»

Una nota al vetriolo diramata ieri 21 giugno da Cgil, Cisl e Uil getta lo scompiglio su Etra la multiservizio pubblica che lungo l'asta del Brenta tra Est vicentino e Padovano da tempo sta vivendo una vera e propria sciarada fatta di dissidi interni, tensioni politiche nascoste, figure apicali rinviate a giudizio e timori per un indebolimento tale da esporre la spa «ad appetiti forestieri».

IL PROLOGO
In Etra la tensione era arrivata alle stelle quando il 4 giugno Vicenzatoday.it svelò l'esistenza di una querelle al curaro tra la dirigenza della società e il suo presidente Andrea Levorato. In quella occasione quest'ultimo professò ottimismo ma le tensioni dentro e fuori l'azienda rimasero palpabili soprattutto quando il giorno appresso Vicenzatoday.it svelò che uno dei membri del consiglio di gestione della società, la dottoressa Paola Mietto fosse stata rinviata a giudizio al tribunale di Padova per una vicenda di presunta mala gestio proprio in seno a Etra.

Il 19 giugno poi su Il Mattino di Padova in pagina 35 aveva fatto capolino una notizia che aveva ulteriormente alzato la temperatura. Il quotidiano della città del Santo aveva spiegato come la governance di Etra avesse «punito» il direttore generale Andrea Bossola «per violazione del codice degli appalti» rispetto all'affidamento ad una ditta esterna la campana Biofaroil con sede legale a Crevalcore nel Bolognese.

La punizione sarebbe stata decisa perché Bossola (in una con un altro dirigente il cui provvedimento sarebbe ancora in itinere) non avrebbe effettuato tutti «i controlli previsti dal codice degli appalti». Ancora, riporta sempre Il Mattino, la governance di Etra avrebbe appurato come Biofaroil non fosse iscritta al registro speciale istituito dalla legge. Un registro speciale (gergalmente noto come white list) al quale appartengono solo quelle ditte le quali, nell'ambito del loro rapporto con le pubbliche amministrazioni, rispettano alcuni parametri precisi. Dai quali l'amministrazione dello Stato evince che non risultano, tra le altre, collegamenti con la criminalità organizzata.

L'ACCUSA
L'accusa in capo a Bossola sarebbe quindi gravissima soprattutto se il quadro lo si mette in relazione alle dichiarazioni di Carlo Di Cunzolo il sindacalista padovano della Fiadel che nello stesso servizio spara ad alzo zero: «In Etra le regole non esistono più». Appresso il sindacalista lancia un'altra bordata direttamente alla Biofaroil «che da verifiche successive all'aggiudicazione dell'appalto sembrerebbe avere... legami con organizzazioni criminali».

Di Cunzolo peraltro, interpellato da Vicenzatoday.it, si dice «preoccupato» per la situazione che Etra sta attraversando, giacché un eventuale indebolimento della società potrebbe gettare le premesse perché quest'ultima «finisca in pancia ai colossi del ramo multiutility che si stanno avvicinando al Veneto o che nel Veneto già ci sono»: colossi come A2A, Hera o Iren. Ma soprattutto Di Cunzolo conferma le sue preoccupazioni rispetto all'affidamento per la gestione degli olii esausti che Etra aveva assegnato a Biofaroil spiegando che nello specifico «dopo una serie di verifiche» è stata inviata pure «una segnalazione alla magistratura».

LO SCATTO DELLA TRIPLICE
Questo tourbillon di notizie non ha lasciato indifferenti i sindacati confederali. I quali temendo che le indiscrezioni filtrate in questi giorni sulla stampa possano indebolire l'azienda e di conseguenza la posizione dei suoi mille lavoratori (in una con la qualità del servizio reso ai cittadini), hanno messo le mani avanti. Infatti nel dispaccio diramato ieri, Cgil, Cisl e Uil, pur senza nominarli mettono nel mirino la Fiadel e l'Organismo interno di vigilanza di Etra (noto come Odv è una sorta di ufficio affari interni). «Con l'andare del tempo - si legge - i nostri dubbi diventano realtà, la manina che passa informazioni riservate alla nota sigla sindacale, esiste per davvero in Etra... E l'Odv dov'è? Perché non si attiva al fine di identificare il soggetto o i soggetti che passano, magari anche distorcendo la realtà dei fatti, informazioni riservate sia alla stampa che al sindacato di comodo, violando di fatto, il codice etico e tutte le normative della tutela della privacy? A chi interessa l'indebolimento di Etra? A chi giova tutto questo?».

I TONI PACATI DEL PRESIDENTE LEVORATO
Ad ogni buon conto il presidente di Etra è intervenuto prontamente cercando di stemperare la tensione. In una nota diramata ieri Levorato, con toni pacati, ha spiegato di tenere come non mai alle sorti dell'azienda: «Sono ovviamente allarmato per le notizie che apprendo io stesso dai  giornali. Mi affianco a tutte le sigle sindacali nel dire che non è nell'interesse di nessuno gettare discredito sul lavoro di manager e dipendenti che si applicano ogni giorno per far crescere la nostra azienda». E ancora: «Riconosco il grande sforzo profuso da tutti i settori, sforzo che non è mai venuto meno anche in considerazione dell'emergenza sanitaria che ci ha colpiti. I numeri raggiunti sono merito di un lavoro collettivo su cui ho puntato la mia presidenza e, cosa non secondaria, senza abbassare la guardia sulla trasparenza e sulla legalità, il fatto che vengano riconosciuti e sottolineati da tutte le sigle sindacali è per me motivo di orgoglio, non posso che ringraziare tutti gli attori di questo successo». Interpellato da Vicenzatoday.it però Levorato, che di professione fa l'avvocato, ha preferito «non intervenire per ragioni di riservatezza» sulla questione dei provvedimenti disciplinari. In relazione a questi ultimi, soprattutto per quanto concerne quello che sarebbe già concluso al momento nulla filtra dai piani alti dell'azienda, né si sa se il direttore generale Bossola impugnerà il provvedimento, cosa che di prammatica avviene subito dopo le contestazioni.

IL COUP DE THÉÂTRE E IL CASO DI OMONIMIA
Tuttavia il problema di fondo rimane ed è irriducibile. Gli addebiti mossi a carico di Biofaroil, che sono in qualche modo alla base delle contestazioni mosse al direttore generale, sono sostanziati o meno? Ed è in questo frangente che una querelle che rimbalza tra società, enti pubblici controllanti e sindacato si è trasformata in un vero e proprio legal thriller. Chi scrive infatti ha contattato direttamente il titolare della Biofaroil.

Si tratta dell'imprenditore campano di Acerra, nel Napoletano, Pietro Mangia (il 7 luglio compie 42 anni). Il quale quando è venuto a conoscenza delle accuse rivolte alla sua ditta è trasecolato. «La mia società - dice il manager - è assolutamente estranea. Da anni lavora con trasparenza e serietà con i comuni di mezz'Italia». Poi entra nello specifico degli addebiti: «Non è vero che non siamo iscritti alla white list. Di più, non abbiamo collegamenti di alcun tipo col crimine organizzato. Lo dimostra il mio casellario giudiziario. Io non so se qualcuno, magari qualche concorrente invidioso, abbia preso una cantonata colossale o se abbia agito di proposito nel fare di noi un bersaglio per danneggiarci. È vero che un mio parente, che porta il mio stesso nome di battesimo e il mio stesso cognome, fu pesantemente invischiato in una inchiesta giudiziaria, il cosiddetto scandalo delle carni sarde, ma la sua ditta non ha nulla a che fare con la mia né con la mia storia». Poi, dopo il riferimento ad un clamoroso caso di possibile «omonimia», arriva un'altra staffilata.

«Io - puntualizza il 41enne - i dirigenti di Etra nemmeno li conosco, abbiamo partecipato ad una gara in forma digitalizzata. È stata dura e l'abbiamo vinta. Evidentemente siamo scomodi nei confronti di chi la concorrenza non la intende lealmente. E onestamente non capisco come i dirigenti di cui leggo sulla stampa siano finiti in croce. È una cosa scandalosa. Noi abbiamo già informato i nostri legali. Che si muoveranno sia sul piano civile che soprattutto su quello penale. Ribadisco che noi siamo estranei ad ogni addebito, siamo pronti a denunciare. Chiederemo i danni a chi ha infangato la nostra onorabilità professionale. Il che per chi lavora con gli enti pubblici significa moltissimo».

Chi scrive peraltro ha potuto compulsare sia il certificato penale del manager acerrano sia la e-mail certificata con la quale lo stesso Mangia asserisce di aver asseverato agli obblighi «sulla white list». Quelle del manager acerrano finiscono così per essere parole che pesano come pietre perché nel mondo della politica padovana non mancano le voci su chi avrebbe potuto beneficiare della cattiva nomea finita addosso alla ditta campana: ovvero una sua concorrente della provincia di Venezia con legami in alto loco nella politica veneta.

QUESTIONE ESPLOSIVA
A questo punto la faccenda si complica. Perché se la ricostruzione di Mangia sarà confermata (compito non difficile per magistratura e forze dell'ordine) la situazione potrebbe diventare esplosiva, a partire dal piano giudiziario. Chi avesse accusato falsamente la società napoletana potrebbe incorrere non solo in una indagine per diffamazione ma pure in una per calunnia: quest'ultima violazione del codice penale è molto più grave perché si tratta non di un illecito contro l'onorabilità della persona, bensì di un illecito contro la amministrazione della giustizia.

C'è poi un altro aspetto che rimane sul tavolo. Se il procedimento disciplinare a carico  del dg Bossola si è concluso e al contempo se è vero ciò che afferma il manager Mangia, come allora è stato possibile avviare lo stesso procedimento contro Bossola vista la estraneità della Biofaroil agli addebiti di cui invece parla la stampa regionale? In altre parole su quali basi il procedimento è stato avviato? Chi è stato materialmente investito dell'iter disciplinare? Quali riscontri puntuali ha effettuato? Sulla scorta di quale documentazione si è mosso? A quali conclusioni è giunto? La questione non è di lana caprina perché se l'ingegner Bossola ritenesse di essere stato ingiustamente incolpato, stante quanto riferisce Mangia, il dg avrebbe adesso la possibilità di azzannare alla giugulare più persone a partire da chi in Etra lo avesse messo sul patibolo senza ragione alcuna. Ma che cosa dice Bossola al riguardo? Quest'ultimo contattato da chi scrive si è limitato, almeno per ora, ad un laconico «no comment».

PARLA LA POLITCA
Ma che la situazione stia prendendo una brutta piega e che la politica sia entrata ormai in fibrillazione per quanto sta capitando nel consiglio di gestione e nel consiglio di sorveglianza di Etra lo dimostra l'appello di Chiara Luisetto. Già sindaco di Nove, oggi segretaria provinciale democratica del Pd, la Luisetto ieri ai taccuini di Vicenzatoday.it ha messo nero su bianco il suo pensiero: «Con i primi di luglio momento in cui verranno rinnovati gli organi statutari, considerando che ci sarà un cambiamento nella governance, mi auguro si possa riprendere un percorso più equilibrato e più sereno. Va comunque ricordato che la storia di Etra, anche quella recente, è una storia di risultati lusinghieri e di presenza consolidata sul territorio».

Si tratta di parole che in qualche modo descrivono bene l'agenda che attende la spa controllata dai tanti comuni che tra Vicentino, Trevigiano e Padovano, al momento del rinnovo degli organismi apicali potrebbero voler far sentire la loro voce. Per di più con la Luisetto per la prima volta la politica esplicita in modo chiaro la propria voce. Il che nel recente passato non era mai capitato: basti pensare alla scena muta del primo cittadino di Bassano (bassano è uno degli azionisti di peso di Etra) Elena Pavan e alla scena muta del sindaco di Cittadella Luca Pierobon.

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