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Economia

La condanna a Sorato? Una sentenza «per nulla scontata»

Per il collasso della Banca popolare di Vicenza il tribunale berico infligge all'ex direttore generale sette anni e un miliardo di confisca per equivalente. Ugone: «In quanti ci avevano detto che questi processi erano impossibili?»

Il verdetto con cui ieri il tribunale berico ha condannato in primo grado Samuele Sorato ex direttore generale della Banca popolare di Vicenza nell'ambito del processo bis per il collasso dell'ex istituto di via Framarin è stato accolto positivamente dalle associazioni dei risparmiatori che parlano di sentenza «per nulla» scontata. Questo è almeno il commento di Luigi Ugone, il presidente di una delle associazioni che più si è battuta sulla vicenda dei risparmiatori traditi. Ugone oggi 9 novembre peraltro ha affidato il suo pensiero ad un breve messaggio pubblicato sul canale YouTube di «Noi che credevamo nella Banca popolare di Vicenza», l'associazione per l'appunto presieduta dallo stesso Ugone.

IL PROLOGO
Dopo un processo durato anni ieri il Tribunale di Vicenza ha condannato l'ex direttore generale Sorato, 62enne di Noale nel Veneziano, a sette anni di reclusione e un miliardo scarso di confisca per equivalente ovvero il frutto delle operazioni baciate: ossia la vendita di azioni di BpVi a fronte di crediti concessi agli acquirenti dalla stessa banca. Si tratta di una condotta proibita dalle norme alla base della condanna che riguarda chiaramente «la mala gestio della banca». Questo almeno è quanto ha deciso il collegio presieduto dal giudice Chiara Cuzzi. Un collegio che ha valutato come ben sostanziato il castello accusatorio messo in piedi dai pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori che avevano peraltro avanzato una richiesta di condanna pari ad undici anni e sei mesi. In aula durante lo stesso processo i legali di Sorato (Alberto Berardi e Fabio Pinelli) avevano con veemenza respinto gli addebiti rivolti al proprio assistito considerandolo estraneo alle contestazioni. Da quanto è emerso a margine della sentenza, una volta che saranno pubblicate le motivazioni, Sorato sarebbe pronto a ricorrere in appello. All'imputato era stato concesso un procedimento separato rispetto agli altri top manager rimasti invischiati nel caso in ragione delle sue precarie condizioni di salute.

PROCEDIMENTO PARALLELO
Sempre in appello invece più tardi del 10 ottobre era giunto un verdetto pure per l'ex presidente dell'istituto di via Framarin BpVi Gianni Zonin, condannato nel primo processo troncone dell'affaire BpVi a tre anni ed undici mesi di reclusione, condanna che pur ridotta, faceva il paio con quella patita dal banchiere vicentino in primo grado. Si tratta di una vicenda che nel suo complesso ha sconvolto non solo la provincia berica ma anche il Veneto e l'Udinese, che poi sono i territori in cui la ex popolare, poi fallita, aveva numerosissimi tra azionisti e risparmiatori, molti dei quali avevano visto per l'appunto i propri risparmi «distrutti dal crac di una delle banche più importanti del Nordest».

IL J'ACCUSE
Ad ogni modo oggi Ugone ha sarcasticamente puntato l'indice contro Sorato definendolo un altro membro «della banda degli onesti». Questi processi, attacca Ugone, «erano ritenuti impossibili sino a qualche anno fa» proprio in relazione al peso economico e politico dei top manager finiti nei guai in una vicenda che peraltro fa il paio con il tracollo patito dalla banca cugina della BpVi, vale a dire la Veneto banca di Montebelluna. «Per i danni arrecati al territorio avremmo voluto cento anni di condanna, ma bisogna essere realisti» per cui «apprezziamo quanto è stato fatto» spiega Ugone che poi sempre sul canale YouTube della associazione ha precisato ancor più il suo pensiero. Per anni infatti molti politici e molti giornalisti economici avevano in qualche modo cercato di minimizzare le pretese dei risparmiatori rispetto ad un indennizzo stabilito per legge vista «la natura potenzialmente speculativa dei rapporti economici intessuti con BpVi, rapporti economici che si sarebbero portati in pancia un fattore di rischio». Di contro i risparmiatori hanno sempre descritto con forza come «ingannevole» la condotta della banca che proponendo offerte non consentire dalla norma o mal prospettate era venuta meno agli obblighi di trasparenza coi clienti. «Ribadisco - rimarca ai taccuini di Vicenzatoday.it Ugone - che la sentenza di condanna per Sorato non era affatto scontata. In quanti ci avevano detto che questi processi erano impossibili? Tuttavia i procedimenti giudiziari aperti o che si possono aprire sono ancora parecchi. Noi torneremo. A far sentire la nostra voce».

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