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Economia

Crack BPVi: frattura tra gli ex soci sul decreto "salva risparmio"

La nota associazione dei consumatori del Veneto ha attaccato il presidente di «Noi che credevamo nella BpVi» che replica per le rime

Più nel dettaglio ed in estrema sintesi l’accusa che Ugone muove al decreto Baretta è quello di rendere possibili i ristori solo nella fattispecie precisa del misselling ovvero quella fattispecie per cui all’acquirente di un prodotto finanziario viene propinata una formula a fronte di un venditore che vìola i propri doveri di buona fede e correttezza nel prospettare le informazioni del caso.

Per Ugone si tratta di una vera e propria forca caudina che rendere assai difficile far valere i propri diritti anche a fronte del fatto che questa violazione, per ottenere il ristoro, deve essere comunque dimostrata in un procedimento che poggia sulla supervisione di un giudice. «Tanto vale a questo punto adire le normali vie legali - aggiunge sempre Ugone - il quale ritiene che il decreto così come è stato cucinato dal precedente governo» escluda ogni possibilità per chi è stato vittima in quache modo non solo di misselling ma di truffa o della condotta scorretta della banca quando questa avesse tenuto comportamenti biasimevoli in materia, per esempio, di falso in bilancio.

LO SCENARIO

La querelle ha senza dubbio un sapore veneto e vicentino, ma si inserisce in un contesto ben più vasto. Secondo Baretta il decreto costituisce un giusto compromesso fra necessità di un dovuto ristoro per i risparmiatori e necessità di far quadrare i conti dello Stato, garantendo anche che non ci siano particolari obblighi risarcitori in capo a Banca intesa, che per decreto appunto è subentrata nel controllo azionario di BpVi e Veneto banca in un periodo particolarmente burrascoso della vita politica italiana.

Il pensiero di Baretta per vero è ben visto dalle istituzioni europee che non vedono di buon occhio pratiche che possano pesare sul debito pubblico (nel caso di un monte ristori troppo cospicuo) o che possano pesare sul sistema bancario provato, qualora la legge ponga obblighi in capo al nuovo azionista delle ex popolari.

Dalle indiscrezioni che arrivano da Roma il ministero dell’economia guidato da Giovanni Tria avrebbe ricevuto proprio da Bruxelles un severo monito a non piegare dalla direzione impressa dal precedente governo di centrosinistra capitanato dal democratico Paolo Gentiloni. E non è da sottovalutare il fatto che lo stesso Tria, contravvenendo ai desiderata del Carroccio e di un pezzo del M5S, abbia preteso dal premier la delega per le risoluzioni dei contenziosi bancari.

Si tratta però di una filosofia che non piace ad un pezzo vasto dell’elettorato, specie veneto, che ha votato in masso per M5S e Lega proprio sperando in un cambio di passo rispetto «ai diktat» che giungono dalla garande finanza internazionale propensa, secondo i suoi detrattori, a tutelare più le banche che i cittadini o i risparmiatori. Ed è proprio in questo contesto che va collocato lo scontro tra il Codacons e Ugone il quale lancia poi un ultimo appello: «Non ne possiamo più di sentire la parola ristoro. Noi pretendiamo un risarcimento che è quanto ci è dobuto a fronte di un torto subìto che ha molti, troppi responsabili».

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