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Economia

Fir ed ex popolari venete, «a rischio mezzo miliardo di indennizzi»

Gli azionisti colpiti dal collasso del colosso di via Framarin e da quello di Veneto banca fanno pressione sul parlamento perché sia erogata l'ultima tranche dei ristori. Frattanto Ugone per il processo a carico dell'ex amministratore delegato dell'istituto di Montebelluna chiede a Consoli di «rinunciare alla prescrizione»

«Quel mezzo miliardo di euro, come dice la legge, va impiegato per i ristori a beneficio delle persone colpite dal collasso delle ex popolari venete, ma per raggiungere quell'obiettivo serve un emendamento alla legge finanziaria che va votato entro il 31 dicembre: invitiamo quindi tutte le forze politiche che si sono dette favorevoli in questo senso a mantenere la parola». Ieri 6 dicembre ha usato queste parole Luigi Ugone. Il presidente della associazione «Noi che credevamo nella Banca popolare di Vicenza e in Veneto banca» ha lanciato il suo appello in un teatro San Marco stracolmo con oltre 450 persone giunte da tutto il Triveneto nel centro della città palladiana «per fare il punto della situazione sul dossier ristori».

L'ANTEFATTO
Il decreto legge numero 39 del 30 Aprile 2019 poi convertito nella legge numero 58 del 28 giugno 2019 stabilisce la creazione del «Fondo indennizzo risparmiatori» o Fir. Si tratta di un fondo ad hoc di 1,5 miliardi di euro per i risparmiatori colpiti dal collasso di alcune ex banche popolari del centro e del nord del Paese: tra le quali il tonfo più devastante fu quello dell'istituto di via Framarin in una con Veneto banca a Montebelluna. I due crac hanno generato una perdita stimata «sui 15 miliardi di euro per difetto». La norma di emergenza votata dalle camere su pressione degli stessi risparmiatori stabiliva che per una platea di persone che fossero in grado di dimostrare di aver acquistato le azioni dei due colossi veneti in forza di una condotta poco trasparente da parte dei proponenti  (mis-selling in gergo anglosassone) c'era la possibilità di accedere ad un indennizzo del 30% della somma perduta che comunque «non può eccedere i centomila euro come da richiesta perentoria della Commissione europea».

PRIMA TORNATA
La prima tornata di rimborsi, pur fra mille difficoltà, è in gran parte terminata: le risorse allocate ammontano ad un miliardo. Tuttavia in ragione di un atteggiamento che Ugone definisce «burocratico» da parte della commissione dei nove esperti «nominati dal Ministero dell'economia che con l'aiuto della società statale Consap ha elaborato le procedure di indennizzo» si è deciso di non procedere «con il riparto» ossia con la redistribuzione del mezzo miliardo che è ancora disponibile. La norma infatti è costruita in questo modo. In prima battuta si rifondono tutti gli aventi diritto: se poi rimangono altre risorse nel novero di quelle appunto stanziate dalla legge, che poi è la finanziaria del 2019, allora servirà imbastire una nuova tornata di rimborsi.

L'INGHIPPO
Il problema è che per questa seconda tranche la stessa norma non stabilisce in modo chiarissimo come procedere. Di più, un decreto legge emanato successivamente rende ancora più fumoso il tutto. A quel punto, in forza di una lettura «astrusamente restrittiva della norma» la commissione avrebbe deciso di non decidere. Questa almeno è l'accusa dei risparmiatori del Norest: veronesi, bellunesi, rodigini, vicentini, padovani, trevigiani, veneziani, pordenonesi, udinesi ferraresi, chietini ed aretini ieri l'hanno ribadito ad ogni piè sospinto. Il problema però per di più è che la norma del 2019 pone una soglia temporale precisa: quella del 31 dicembre 2022. Oltre quella data la commissione dei nove esperti decade e decadono anche i termini per ottenere i rimborsi.

IL FORCING
«La rogna» è nota da tempo tanto che Ugone durante la campagna elettorale per le ultime politiche, spalleggiato dai suoi attivisti, aveva deciso di braccare i principali leader dei maggiori partiti. Tanto che Carlo Calenda per Azione-Iv, Enrico Letta per il Pd, Matteo Salvini per il Carroccio, Giuseppe Conte per il M5S e Giorgia Meloni per Fratelli d'Italia, si erano «solennemente impegnati» a modificare la norma. In queste ore, visti i tempi strettissimi, l'associazione presieduta da Ugone, ha elaborato un emendamento alla legge di bilancio in discussione alle camere e lo ha proposto ancora una volta alle principali forze politiche. Che ancora si sono dette favorevoli. Il tempo però stringe «e noi non abbiamo intenzione di arretrare di un millimetro» ha tuonato ieri Ugone davanti ad un uditorio molto attento. Nel parterre c'erano peraltro anche alcuni esponenti di spicco dei partiti.

IL PARTERRE E LE PREOCCUPAZIONI DEGLI UDINESI
C'era l'eurodeputata leghista Alessandra Basso (avvocato bolognese ma di natali trevigiani); per Italia viva - Azione c'era Maurizio Scalabrin (oggi consigliere comunale a Montecchio Maggiore) che ha portato il saluto del deputato berico Daniela Sbrollini: la quale appunto siede in quel gruppo parlamentare. Allo stesso modo ad Ugone da Roma, seppur per il tramite di Giovanni Glorioso (presente quest'ultimo in sala al San Marco) è giunto il saluto del deputato patavino Enrico Cappelletti del Movimento cinque stelle che in relazione «alla necessità ed urgenza» di approvare un emendamento «in materia di secondo riparto del Fir» di recente ha pure redatto una interrogazione parlamentare.

Allo stesso modo a Ugone è giunto il saluto del vicentino Giacomo Possamai, capogruppo del Pd a palazzo Ferro Fini, considerato il plenipotenziario di Enrico Letta nel Veneto, ma pure quello del premier Giorgia Meloni, che in qualche modo ha così «certificato» l'impegno di Fratelli d'Italia a modificare la norma non solo per garantire che si possa attingere ad un secondo riparto, ma anche affinché la esistenza della commissione di esperti sia prorogata «fino a settembre 2023» proprio per permettere un nuovo giro di indennizzi. Il tempo adesso stringe: tanto che «i prossimi giorni saranno cruciali per capire se le forze politiche manterranno la parola data», hanno rimarcato a più riprese dalla platea i risparmiatori. I quali al contempo si dicevano preoccupati perché «a rischio c'è mezzo miliardo di indennizzi». A far sentire la propria voce sono stati parecchi ex azionisti udinesi. Proprio perché la provincia di Udine è stato uno dei territori più colpiti dal collasso di BpVi e Veba.

PROCEDIMENTI PENALI E CIVILI
Ma c'è di più. Ugone ieri ha parlato dei procedimenti penali e civili legati al collasso delle ex popolari. «A coloro che sotto sotto tifavano per l'ex presidente della popolare di Vicenza Gianni Zonin, a coloro che sostenevano che il processo non si sarebbe mai celebrato faccio notare che anche grazie alla nostra mobilitazione sono giunte le prime condanne in primo grado e in appello». Appresso un'altra considerazione: «In uno dei procedimenti penali a carico di Vincenzo Consoli, l'ex amministratore delegato di Veneto banca, sappiamo che incombe la prescrizione. Ora se Consoli, come ha sempre detto, si ritiene innocente, allora rinunci alla prescrizione e permetta alla giustizia di dimostrare in aula la sua estraneità alle accuse della procura». Non è la prima volta che Ugone indirizza a Consoli questa richiesta per vero.

KPMG, IL CONTENZIOSO A MILANO
E ancora, Franco Rainaldi del foro di Vicenza (uno degli avvocati che patrocina l'associazione) ieri ha spiegato ieri che al tribunale di Milano anche il processo a Kpmg tra giugno e settembre potrebbe arrivare a sentenza di primo grado. Si tratta di una causa civile intentata da cinquecento risparmiatori appunto nei confronti della filiale italiana di Kpmg, la multinazionale svizzero-olandese che aveva certificato il bilancio della BpVi. Una certificazione non sostenuta dai dati secondo i risparmiatori. Ed è in ragione di tutto ciò che questi ultimi hanno trascinato in tribunale a Milano, ossia la sede italiana della compagnia, il colosso di Amstelveen: al quale è stato chiesto di risarcire il danno lamentato.

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