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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Crac Popolari, "salva-Bankitalia": «Un abominio per il risparmio e per la democrazia»

Il presidente veneto di Confedercontribuenti, Alfredo Belluco, spara a zero sulla proposta della maggioranza che limita i ricorsi contro via Nazionale, Consob e Intesa

«L'accettazione equivale a rinuncia all'esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessi alle stesse azioni».

È questo il codicillo infilato nell'articolo 38 lettera F del comma 3 del testo della nuova finanziaria al vaglio del governo e della maggioranza giallo-verde che la sostiene. Un codicillo che sta mandando in fibrillazione le associazioni dei risparmiatori colpiti dal crac delle ex popolari Veneto Banca e BpVi in primis, in una con gli istituti di credito dell'Italia centrale, perché imbavaglierebbe a beneficio di Bankitalia e Consob ogni possibile azione risarcitoria verso questi due soggetti.

«Si tratta di un abominio non solo per il risparmio ma anche per la stessa essenza della democrazia» tuona Alfredo Belluco, presidente di Confedercontribuenti Veneto, una delle associazioni dei consumatori che in questi anni più hanno battagliato dopo il crac delle popolari venete.

Senta Belluco sulla stampa e sui social network la tensione sta salendo. Sono in molti a sostenere che questa norma che il governo ha inserito nella stesura preparatoria alla finanziaria sia una specie di salvacondotto per Bankitalia, Consob e per quegli istituti di credito come Intesa o Ubi che sono subentrati alle banche collassate. Si o no?

«Una specie di salvacondotto? No mi scusi un salvacondotto vero e proprio. Usiamo le parole esatte per cortesia».

Perché un giudizio tanto severo?

«Ma me le lo domanda? Quel codicillo di fatto impone ai risparmiatori traditi che dovessero aderire alla procedura di ristoro facilitato, che poi è tutt'altro che facilitata, di non potersi rivalere per la parte rimanente del danno presso gli altri soggetti che ravissassero tra i responsabili. Mi ripeto siamo all'abominio, non si può impedire chicchessia a rinunciare a un diritto sacrosanto come quello di ottenere giustizia».

Belluco, proviamo a spiegare questa cosa con una metafora. Pensiamo ad esempio ad un cittadino al quale tre vandali, Tizio, Caio e Sempronio, sfasciano la casa a fronte d’una legge che stabilisse che se ti accordi per un ristoro parziale con Tizio, non puoi chiedere i danni né a Caio né a Sempronio. Può andare?

«Sì è la metafora giusta. Sul piano economico per chi ha patito i rovesci delle ex popolari è un disastro». C'è solo la parte economica? «No, sul piano della giustizia è addirittura peggio».

Sarebbe a dire?

«Io non sono certo un giurista, ma si fa a pezzi il diritto fondamentale ed inalienabile di poter chiedere il ristoro d'un danno a chi si ritiene l'abbia provocato. Ci devono togliere anche questo?».

Nel caso di specie se la norma passasse chi avvia la procedura per farsi rimborsare dallo Stato una parte dei risparmi patiti per le condotte scellerate, per esempio di BpVi, Veneto Banca, Etruria o Carichieti, non potrebbe andare a chiedere il dovuto a chi non ha vigilato. Per esempio Consob, Bankitalia, ma anche le società di revisione dei conti. Vero?

«Disgraziatamente le cose stanno proprio così. Sono raccapricciato e spaventato».

Davvero?

«Sì, perché passa il principio per cui in ragione di una non bene necessità della stabilità del sistema bancario si espropriano ambiti di democrazia e legalità costituzionalmente garantiti. Allora se tanto mi da tanto, se la stabilità del sistema è l'obiettivo, allora lo Stato da un giorno all'altro potrebbe decidere di cancellare il suo debito pubblico con una legge. Perché la ratio sempre la stessa è».

Sarebbe una pacchia. D'emblée si rimetterebbero in ordine i conti pubblici no?

«Mi viene da ridere. Fuor di metafora però la realtà che emerge è angosciante. Già il reato ostacolo alle autorità di vigilanza è il feticcio dietro il quale Consob e soprattutto Bankitalia si nascondono quando le banche, sotto il pelo dell'acqua sempre d'accordo con palazzo Koch, combinano le peggiori porcherie».

Vale a dire?

«Vale a dire che quella legge, la quale astrattamente ha un suo senso, finisce per sgravare d'ogni responsabilità la banca centrale. Ancor più grave poi per certi versi è lo scudo, la immunità-impunità, de facto di cui viene dotata nella bozza di finanziaria, per esempio Banca Intesa, che è l'acquirente di BpVi e di Veneto banca: per non parlare dello scudo fornito alle società di revisione».

Scudo è una parola che non lei non sceglie a caso vero?

«Vero sì. Mentre la Popolare e l'istituto di Montebelluna sono andati a remengo, Bankitalia, Consob, le società di revisione sono soggetti crassamente ricchi, aggredibili: ecco il motivo dello scudo spaziale e tombale».

Ma chi l'ha voluto questo codicillo?

«Non può che essere un parto incestuoso dell'entourage di Giovanni Tria».

Chi è Giovanni Tria?

«Capisco la domanda impertinente, visto che Tria almeno sulla carta risulta essere il ministro dell'Economia; in realtà quest'ultimo, altri non è che la guardia giurata, il metronotte inviato al governo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per sorvegliare l'esecutivo».

Tria però è uno che parla poco, non sembra aver rilasciato dichiarazioni pubbliche così oscure. Per quale ragione quindi lei muove una critica tanto corrosiva?

«Con gli italiani Tria parla poco. Coi suoi colleghi di governo non lo so. Sicuramente parla molto con Mattarella, col presidente dell'Associazione banche italiane Antonio Patuelli, con l'amministratore delegato di Banca Intesa Carlo Messina, col presidente della Bce Mario Draghi, con l'attuale numero uno di via Nazionale Ignazio Visco. Di contro coi poveri disgraziati, coi risparmiatori azzerati, coi consumatori non mi pare si dilunghi in grandi conversazioni. Forse non frequentano lo stesso bar».

Perché ce l'ha con Draghi e Visco?

«Perché non sono due uomini super partes, ma sono schierati apertamente a favore delle banche commerciali, che in questi anni non sono brillate per correttezza e illibatezza, anzi».

E Patuelli?

«Quello poi. Dio ce ne scampi. Le sue affermazioni minacciose sul fatto che il governo si deve attenere alle direttive europee, altrimenti rischiamo di fare la fine dell'Argentina la dicono lunga sul personaggio. Anche se io non scomoderei l'Argentina visto che nel Vecchio continente ce l'abbiamo già la nostra massima espressione della politica neoliberista ed euromane, che è la Grecia: tanto per usare una terminologia cara al saggista Diego Fusaro».

Senta Belluco però la maggioranza è pur in mano ai parlamentari di Lega e M5S: al governo ci sono principalmente i loro uomini. Come la mettiamo quindi? Sono lì e non sanno nulla? I presidenti delle commissioni bilancio di Camera e Senato non sono informati?

«È evidente che Matteo Salvini, ministro degli interni e leader del Carroccio nonché Luigi Di Maio, suo collega allo sviluppo economico e dominus dei Cinque stelle queste cose le sanno. Come le sanno coloro che in quella compagine contano. Non nascondiamoci dietro ad un dito. È chiaro che la cosa creerà più di qualche imbarazzo nella maggioranza gialloverde».

Lega e M5S però sono due partiti che tuonando contro i signori delle banche e promettendo ristori a go-go hanno vinto le ultime elezioni: specie al nord. E ora che fanno? Si rimangiano la parola?

«Questo è il motivo per cui oggi io non sarò a Roma a farmi raccontare la storiella da qualche rappresentante dell’esecutivo o del parlamento di quanto saranno tutelati i risparmiatori traditi grazie alla nuova finanziaria. E non è un caso che Tria in sede di attribuzione delle deleghe, senza colpo ferire, abbia ottenuto le deleghe per gli scandali bancari. Questo la dice lunga».

La dice lunga su che cosa?

«Su quanto sia pervasivo il potere delle banche sull'esecutivo e più in generale sulla politica. Se quel testo verrà confermato, indipendentemente dall'eventuale triplicazione degli stanziamenti a beneficio del risparmio azzerato da mezzo miliardo a 1,5 miliardi, comunque una goccia, si materializzerà uno spettro».

Quale?

«Quello per cui l'attuale maggioranza altro non farà che completare lo sporco lavoro che il centrosinistra portò a buon punto con quell'altra porcheria nota come decreto salva-banche durante la precedente legislatura».

Tuttavia da tempo si parla però anche di mire leghiste verso la galassia di fondazioni che in parte, solo in parte, controlla Intesa. Questo scudo più o meno occultato in finanziaria potrebbe essere un segnale pensato in modo tale per cui chi deve capire capisca, magari aggiungendo un posto a tavola?

«Non ho elementi diretti per affermare una cosa del genere, ma una ipotesi così è sensata. Anche se ritengo ben più grave di per sé il meccanismo infernale che ha generato le garanzie con le quali ancora una volta si è deciso di involucrare il sistema bancario».

È un sistema protetto?

«Veda un po'. Assieme alle assicurazioni è un club ristrettissimo. Ora lasciando da parte per un attimo il contesto internazionale, le banche e le loro cugine assicurazioni da anni in Italia vessano per tanti motivi i correntisti, le famiglie e i piccoli imprenditori. Per tanti anni ho raccontato nefandezze, pratiche scorrette, approcci usurari benedetti da Bankitalia e alle volte dal legislatore».

Di che si tratta?

«Son Cose arcinote. Recenti sentenze di numerosi tribunali, Padova in testa e anche della Suprema corte di cassazione, hanno sbugiardato le circolari della Banca d'Italia in tema di usura contrattuale. In parole povere, tanto per dirne una, si possono invalidare una miriade di contratti, salvando alcune centinaia di migliaia di aziende e famiglie».

E quindi più in generale che cosa se ne ricava?

«L'Italia per anni è stata taglieggiata da questo sistema. E all'orizzonte c'è ancora dell'altro. Sono preoccupato e avvilito per quello che già succede e per quello che succederà».

Come mai?

«Perché si riducono sempre più pericolosamente gli spazi della democrazia. Poi solo il cielo sa che cosa potrebbe accadere».

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