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«Legitima suspicione»: l'ombra sul processo Stanghellini

La sentenza del giudice del lavoro berico che vede su fronti opposti i sindacali confederali e Federconcia viene criticata con forza da quest'ultima sia nel merito che nella forma: frattanto il presidente Ravazzolo spiega che l'esito della vertenza sarà impugnato «senza indugio» in Corte d'appello a Venezia

Non più tardi del 28 novembre le sigle della Triplice che tutelano i lavoratori del settore pelle ossia la Filctem-Cgil, la Femca-Cisl e Uiltec-Uil avevano cantato vittoria per una sentenza della magistratura del lavoro di Vicenza che era intervenuta nell'ambito di un contenzioso molto noto in tema di applicazione contrattuale. I sindacati confederali sostenevano la possibilità di considerare ancora vigente il contratto Confindustria-Unic ancorché scaduto al momento della vicenda alla base della querelle in corso, in ragione di una prassi ormai assodata: mentre la conceria Stanghellini di Arzignano, spalleggiata da Federconcia Italia, una associazione datoriale indipendente rispetto Confindustria-Unic (il cui contratto invece è ben visto dalla Triplice), la pensa in maniera diametralmente opposta. «Il caso non è certo chiuso qui» fa sapere il presidente di Federconcia Italia Franco Ravazzolo il quale ai taccuini di Vicenzatoday.it parla di un pronunciamento «per nulla condivisibile che alle brevi impugneremo senza indugio» presso le sedi competenti. 

Dunque Ravazzolo come valutate la recentissima sentenza del giudice del lavoro sul caso Stanghellini?
«Noi di Federconcia siamo stupefatti della la sentenza vergata a fine novembre dal giudice Giulia Beltrame e dico subito che la impugneremo in appello».

Sì ma che cosa c'è che non vi convince?
«Anzitutto c'è un problema di legitima suspicione, usando una espressione latina, ossia di legittimo sospetto circa la libertà di determinazione della dottoressa Beltrame, che forse avrebbe dovuto astenersi dal giudizio».

Sarebbe a dire?
«La dottoressa Beltrame sembrerebbe essere imparentata con una figura chiave presso la Confindustria di Vicenza. In questo senso stiamo facendo le opportune verifiche».

E nel merito della sentenza che cosa dite?
«Quel pronunciamento è illogico perché ci sono alcuni passaggi che se letti attentamente statuiscono un principio assurdo».

Un principio assurdo?
«Sì, quello per cui un contratto una volta sottoscritto non può mai essere abbandonato: paradossalmente anche quando questo viene meno, paradossalmente anche quando questo dovesse essere superato da un nuovo accordo regolarmente assunto tra diverse parti. Per questo noi andremo fino in fondo».

Quindi ricorrerete in Corte d'appello a Venezia?
«Sì senza dubbio. Ribadisco che ricorreremo in appello e anche in Cassazione se necessario. C'è poi un altro elemento che va considerato».

Quale?
«Il giudice del lavoro vicentino in quella sentenza ha stabilito che un contratto tra datore di lavoro e personale, ancorché scaduto, non può essere sostituito con uno diverso dallo stesso datore di lavoro. Epperò in un procedimento simile con sentenza del 16 settembre 2021, il giudice del lavoro di Roma ha stabilito esattamente l'opposto: sposando una tesi assai simile alla nostra. Proprio per questo siamo disposti anche arrivare in Cassazione. In quella sede si dovrà discutere solo in diritto non tanto sul fatto. E siamo convinti che proprio sul piano del diritto il nostro punto di vista sia quello giusto».

Nel commentare favorevolmente la sentenza del tribunale berico, la Uiltec-Uil ha sottolineato che nel settore conciario il contratto proposto da Unic-Confindustria, una associazione datoriale ben diversa dalla vostra, sia un contratto migliore per i dipendenti. Mentre quello proposto da voi e vigente nelle imprese che lo hanno adottato sarebbe peggiorativo per i lavoratori. Voi come replicate?
«Mi spiace, ma le cose non stanno affatto così. Il contratto proposto da noi vanta un livello di retribuzione uguale o superiore a seconda delle imprese: in più vanta una serie di parti aggiuntive come l'assicurazione per gli infortuni fuori dall'orario di lavoro o le integrazioni per l'assistenza sanitaria privata che la nostra controparte nemmeno si sogna nei modi e nei termini pensati da noi. Quindi mi ripeto per l'ennesima volta: mi spiace, ma i dati smentiscono tali affermazioni. In qualsiasi momento siamo pronti ad un confronto pubblico con dati alla mano».

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