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Economia

Commissione crac bancari, scontro in vista sul presidente

Mentre «Noi che credevamo in BpVi e Veneto Banca» appoggia Paragone del M5S, sotto il pelo dell'acqua sarebbe pronta una fronda capeggiata da Pd e supportata da alcuni settori di M5S e Lega

«Noi che credevamo nella BpVi e in Veneto Banca», una delle associazioni più attive sul fronte del risparmio tradito chiede a gran voce che il senatore del M5S Gianluigi Paragone sia nominato alla presidenza della commissione bicamerale sui rovesci bancari. Lo spiega una nota della stessa associazione pubblicata durante la mattinata di oggi 3 dicembre 2019. Si tratta di una uscita che potrebbe costituire il preambolo per uno scontro sotto il pelo dell'acqua non solo tra i gruppi parlamentari, ma anche al loro interno.

L'ENDORSEMENT
«Prendiamo atto pero del risultato del sondaggio che abbiamo proposto in questi giorni» fa sapere il presidente della associazione, il vicentino Luigi Ugone: sondaggio rispetto al quale «quasi il 70% dei risparmiatori» ha espresso una preferenza inequivocabile per «Paragone quale presidente della prossima Commissione bicamerale sulle banche...». Si tratta di una commissione che diventa gioco forza un organismo «fondamentale per indagare il sistema bancario italiano che ha accompagnato al fallimento diversi istituti in questi ultimi anni che hanno ridotto sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie dal Veneto alle Marche». Questo in sintesi il pensiero dell'associazione.

CASINI E I TRASCORSI TRAVAGLIATI
Per vero un organismo identico, presieduto dal centrista Pierferdinando Casini, si era già insediato durante la precedente legislatura, ma proprio l'operato del presidente nonché quello della maggioranza della commissione furono messi sulla graticola perché considerati poco incisivi. Troppi sarebbero, secondo i detrattori, i faldoni rimasti chiusi nei cassetti, troppi i testimoni non ascoltati (o ascoltati non in maniera sufficientemente approfondita): troppo deboli sarebbero stati poi i fanali accessi sulla condotta di Bankitalia e di alcuni dirigenti apicali del ministero dell'Economia, detentori di alcuni, sempre secondo molti risparmiatori azzerati «di alcuni carteggi che potrebbero chiarire molto» in merito ai rovesci sui quali «anche la magistratura sta facendo fatica a vederci chiaro».

LE CARTE SEGRETE
Tuttavia tra le righe della nota redatta da Ugone si cela, nemmeno troppo, una delle querelle più delicate sulla travagliata vicenda che ha portato, durante la passata legislatura, al provvedimento di legge che creava il Fir, ovvero il fondo indennizzo per i risparmiatori, che in qualche modo avrebbe dovuto risollevare, seppur in minima parte, le sorti degli azionisti più deboli colpiti dal crac. Il fondo per vero è stato varato ma la procedura, per ammissione dello stesso governo si è inceppata più volte tanto che sul tavolo di palazzo Chigi a più riprese è stata inviata una richiesta quanto meno per dilazionare nel tempo lo scadenza ultima per la presentazione delle domande di ristoro.

LA PISTA EUROPEA E IL DIRIGENTE «ONNIPOTENTE»
Propio nell'ambito di questa vicenda una delle questioni più delicate riguarda il contenuto dei messaggi che ministero e Ue si sarebbero scambiati prima che il governo desse vita al Fir. In quelle missive, ipotizzano i risparmiatori, ci potrebbe essere qualche elemento mai reso pubblico, che in qualche modo potrebbe spiegare la situazione di impasse nella quale i richiedenti l'indennizzo sono finiti. E tant'è che non più tardi del 30 di ottobre l'associazione di Ugone assieme ad un altro gruppo (il coordinamento don Torta capitanato dall'avvocato trevigiano Andrea Arman), avevano infatti inviato una formale richiesta ai massimi dirigenti del Ministero dell'economia, chiedendo copia del carteggio intercorso tra lo stesso Ministero e l'Europa in previsione della preparazione del cosiddetto «Salvabanche». In quella occasione il direttore generale dell'Economia (si tratta di Alessandro Rivera, uno dei più potenti dirigenti pubblici in Italia, per lui addirittura c'è chi, oltre a soprannominarlo «l'onnipotente», preconizza un posto al sole in Bankitalia) rispose picche. Il motivo? Il diniego fu opposto con la spiegazione che gli atti preparatori alle leggi non sono disponibili all'accesso dei cittadini. Una posizione criticata da Ugone e Arman che avevano preannunciato anche un ricorso all'autorità giudiziaria.

Ora nessuno è difficile capire se qualche parlamentare sia venuto in possesso di quelle carte. Certo è che con gli amplissimi poteri conferiti alle commissioni bicamerali speciali, se il presidente chiedesse quelle carte, il ministero dovrebbe ostenderle all'istante anche perché la commissione stessa, nelle more delle sue indagini, può assumere le potestà tipiche della magistratura, il che significa che può anche ordinare il sequestro dei documenti.

PRESIDENTE APRISCATOLE? SCIARADA IN CORSO
È chiaro che se alla presidenza andasse Paragone, che da anni si dichiara vicino alle battaglie dei risparmiatori, nonché disponibile ad aprire ogni tipo «di cassetto», non è da escludere che alcuni dossier e alcune circostanze «scottanti» potrebbero saltare fuori proprio durante i lavori di quell'organismo cui la norma attribuisce poteri di inchiesta che hanno pochi paragoni che nell'ordinamento italiano.

Di contro la nomina di Paragone da tempo è osteggiata in ambienti del Pd e di Fi (ma non mancano i contrari anche nel M5S come nel Carroccio). Se si considera che fino a pochi mesi fa la maggioranza era costituita da Lega e M5S, mentre ora quest'ultimo oggi è alleato al Pd, è facile intuire come una nomina di peso come quella della presidenza della commissione banche potrebbe diventare l'oggetto di uno scontro, «una vera e propria sciarada» (sia tra i gruppi parlamentari, sia in seno ai gruppi stessi): uno scontro in cui la maggior parte delle schermaglie rimarrebbero sotto il pelo dell'acqua. A settembre peraltro i media nazionali avevano visto in discesa le azioni di Paragone: troppo inviso al Pd, poco simpatico all'ala sinistra del M5S e all'ala moderata del Carroccio. Tuttavia le attuali tensioni tra il capo politico del M5S (il ministro degli esteri Luigi Di Maio) e il premier Giuseppe Conte, (secondo Il Giornale sempre più «spalmato sul Pd), avrebbero ridato fiato alle chance di Paragone, che da anni è un critico feroce dell'attuale «kombinat bancario» italiano ed estero. Il quadro rimane comunque difficile da decifrare anche alla luce del fatto che pur formata da molti mesi la commissione non è stata in grado di esprimere un presidente. Queste almeno sono le indiscrezioni che da un paio di giorni arrivano da palazzo Madama e da Montecitorio.

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