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Caso Safond, «prosegue la bonifica» del sito

A dare l'annuncio è la stessa ditta che dopo l'avvicendamento in ambito proprietario ha cambiato il suo nome in Silva. Frattanto però rimane la preoccupazione della rete ambientalista veneta in merito al reale stato del sottosuolo: gli attivisti poi si domandano che fine abbia fatto l'inchiesta penale deflagrata dopo la denuncia inviata alle autorità dal consulente padovano Riccardo Sindoca

La Safond Martini, finita nel 2019 al centro di un maxi scandalo ambientale costellato da retroscena di ogni tipo pure in ambito fallimentare anche in relazione alla natura delle indagini condotte dagli inquirenti ha cambiato nome in Silva. Lo fanno sapere i vertici della srl che ieri 7 dicembre hanno diramato una lunga nota dattiloscritta in questo senso.

IL DISPACCIO
La società, che ha un ruolo strategico nel Nordest perché rigenera sabbie di fonderia, nel suo dispaccio sottolinea per di più come la bonifica dei terreni proceda speditamente. «Proseguono, frattanto, le operazioni di bonifica del suolo di parte del sito industriale di via Terraglioni, avviate nel mese di ottobre con una prima fase di apertura cantiere e messa in sicurezza del tratto di asse autostradale A31 Valdastico che confina con l'area da bonificare. Dopo l'ottenimento da parte di Rete ferroviaria italiana e di Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova delle autorizzazioni necessarie all'avvio dei lavori, la corsia di emergenza dell'infrastruttura viaria - si legge ancora - è stata chiusa con segnaletica per un tratto di circa cinquecento metri, permettendo a Safond-Martini, oggi Silva, di avviare la seconda fase dei lavori, che prevede la realizzazione delle cosiddette opere provvisionali, necessarie per il consolidamento del fronte di scavo a protezione del rilevato autostradale». Questo appunto è quanto fa sapere Safond-Silva che peraltro da qualche mese fa riferimento al gruppo Ecoeridania e non più alla vecchia proprietà. La cui gestione era stata accusata dalla magistratura berica di avere portato l'impresa in cattive acque.

BARRIERA IDRAULICA
A metà ottobre peraltro la rete ambientalista veneta aveva registrato la notizia diffusa dai media veneti per cui nel sedime Safond sarebbe stata realizzata una barriera idraulica a scopo cautelativo, ossia con la finalità di evitare o contenere il rischio che i contaminanti presenti nel sottosuolo finiscano per inquinare le falde, fra cui quella di Novoledo. Che alimenta gli acquedotti di Vicenza e Padova. Proprio nella città del santo questa eventualità era stata presa in considerazione dal consigliere comunale leghista Alain Luciani sia nell'aprile del 2019 sia nel giugno del 2021. In quello stesso periodo aveva manivestato i suoi timori peraltro anche il consigliere regionale veneto del Pd Andrea Zanoni.

LA PREOCCUPAZIONE
La novità materializzatasi ad ottobre, nonostante l'ottimismo profuso dagli enti competenti, aveva destato una certa preoccupazione tra gli attivisti. I quali da tempo per di più si domandano che fine abbia fatto il procedimento penale monstre (rispetto al quale la nuova proprietà è del tutto estranea peraltro) relativo all'inquinamento dell'area. Inchiesta che era stata avviata dalla procura della città palladiana dopo una denuncia inviata alle autorità dal padovano Riccardo Sindoca, già consulente della Safond-Martini nonché uno fra i più importanti creditori della stessa Safond quando questa faceva riferimento alla famiglia vicentina dei Dalle Rive.

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