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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cucina

La Putana, storia del dolce tipico vicentino

Com'è nato, perché si chiama così, la ricetta tradizionale

LA PUTANA, questo altisonante nome, non è nient'altro che un dolce tipico della tradizione contadina vicentina: rallegrava l'inverno attorno al fuoco e veniva cotto sulle “bronse” (braci) dentro una pentola di terracotta.
Prevede l’utilizzo di poca farina da polenta, pane raffermo avanzato ammollato in precedenza nel latte, arricchito da uvetta, pinoli, fichi, liquore e scorza di limone ed arancia: una volta non si buttava nulla!
Si hanno le prime notizie nella zona del Vicentino ai tempi della Serenissima: correva l'anno nel 1405.
C’e chi sostiene che “Putana” derivi da “Putea” ovvero bambina, perché era un dolce preparato per la merenda dei bambini, altri ritengono che sia stata chiamata cosi dopo un bizzarro fatto di cronaca accaduto ad un importante ristoratore Vicentino, il quale, mentre portava questo dolce ai suoi commensali, si trovò improvvisamente al buio perché una raffica di vento aveva spento tutti i lumi della taverna, e inciampato su di un gradino esclamò l’espressione Veneta colorita “la putana”.
Ma la più verosimile è originata dalla versatilità dei suoi ingredienti che possono essere modificati in ragione di quello che la cucina avanza e offre al momento.

Storia del nome

Non si scandalizzi nessuno, per favore. Putàna non è una parolaccia, ma bensì uno dei dolci vicentini di più antica tradizione. Si chiama così perchè generalmente veniva preparata per i bambini, i putèi. Diversamente dal dolce suo parente stretto, il macafame o pinza,che viene fatto per la Befana con gli avanzi di pane raffermo, la putàna mantiene una sua dignità culinaria, dal momento che per l’impasto si usano anche farina bianca e gialla – sempre in modica quantità, naturalmente, perchè quando è stata inventata non c’era molto da scialare.

La leggenda 

Un noto ristoratore di Piazza delle Erbe, a Vicenza, aveva creato una torta - derivazione del "maccafame", antico dolce popolare vicentino - e non aveva ancora trovato un nome da darle.
Frequentatore assiduo del suo ristorante, tutte le sere, era un distinto signore, piuttosto taciturno, sempre vestito elegantemente di scuro.
Come allora succedeva spesso, improvvisamente mancò la luce e, essendo novembre e già buio, il locale piombò nell'oscurità più completa.
Un attimo di silenzio, poi un violento fracasso di piatti rotti.
Riapparve la luce.
Un cameriere che stava portando una torta in sala era inciampato, il piatto era volato fracassandosi mentre il dolce si era posato intatto sul piatto del distinto signore.
"La putana!", esclamò costui, e forse fu l'unica parola sconveniente che avesse mai pronunciato in pubblico.
A questo punto il ristoratore, con un grande sorriso, esclamò:
"Ecco il nome per la mia torta!".

Ricetta con pane raffermo

Tante ricette quante le famiglie, si ha pudore di chiamarla con il suo nome, sembra di dire una parola sconveniente, in realtà è una bontà che si apprezza sempre con piacere.

Ingredienti: 3 grandi pezzi di pane raffermo, o biscottato. 3 uova, 1 manciata di farina gialla, succo e la scorza grattugiata di un limone non trattato, 1 cucchiaio o più di grappa, 8 cucchiai di zucchero, uvetta
A piacere si può aggiungere altra frutta secca o fresca a pezzi (scorzette di arancia candita, cedrini, mele, mandorle, fichi, pinoli, noci, pere…)
1 pizzico di sale, 1/2 bustina di lievito
a piacere, si può aggiungere una fialetta aroma di vaniglia o limone.
burro per imburrare la teglia
Farina bianca (o anche gialla) quanto basta per un impasto omogeneo

  • Mettere il pane a bagno nel latte una notte.
  • Mettere in ammollo l’uvetta in grappa o acqua
  • Quando il pane è bene inzuppato, strizzarlo e metterlo in una terrina capiente
  • Unire le uova leggermente sbattute
  • Togliere l’uvetta dalla grappa e unirla al pane
  • Uno alla volta aggiungere tutti gli ingredienti
  • La farina va aggiunta in quantità tale da ottenere un impasto che nella
  • consistenza non sia né troppo molle né troppo duro
  •  Amalgamare il tutto e versare nella tortiera imburrata e infarinata.
  • Infornare per 40 minuti a 180°C e lasciare raffreddare in forno

Putana con farina di mais

Ingredienti: 250g di farina da polenta (quella che cuoce in tre minuti), 500ml di latte, 400ml di acqua, 70g di burro, 10g di semi di finocchio, 250g di zucchero, 80g di pinoli, 325g di farina 00, 250g di uvetta, 2 cucchiaini di lievito, rum, buccia di limone, buccia di un’arancia, succo di un’arancia, vaniglia, sale
Mettere a bagno l’uvetta in acqua calda. Fate la polenta morbida con 500ml di latte e 400ml di acqua e una scorza di limone: metterla in una grande ciotola, togliete le scorza di limone e aggiungete il burro che si scioglierà subito. Lo zucchero, il rum a piacere. Tritare i semi di finocchio con la buccia di arancia e aggiungerli alla polenta con il succo dell’arancia e il sale.
Incorporare una parte di farina, setacciandola per non fare grumi. Alla rimanente aggiungete il lievito, la vaniglia e l’uvetta sgocciolata e asciugata e i pinoli. Se vi sembra difficile da impastare perché troppo sodo, aggiungete poco latte a filo (le farine da polenta non sono tutte uguali, potrebbe esserci una differenza nell’assorbire liquidi).
Mettere tutto in una teglia da 30 cm foderata con carta forno e infornare a 175/180° per circa un ora e mezza.
Quando manca mezzora alla fine della cottura, se vi sembra che sotto sia più colorata che sopra, capovolgetela.
Il consiglio é di mangiarla dopo 2/3 giorni, sarà molto più gustosa e profumata.

E’ un dolce tipico vicentino, ma generalmente conosciuto in tutte le zone del Veneto, anche con nomi diversi, si preparava in molte case contadine. Tuttora c'è la tradizione in inverno di non buttare gli avanzi ma di riutilizzarli per fare il dolce. Le ricette sono molto diverse da famiglia a famiglia, l’inventiva delle mamme e nonne non conosceva limiti. Una fetta di questa umilissima torta diventava una festa per la famiglia, che cominciava già con lo spandersi del profumo per la cucina durante la cottura, nel forno della vecchia stufa a legna. Prima ancora dell’avvento delle stufe, la cottura avveniva in una teglia col coperchio, sotto le braci del camino.

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