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Cronaca

Vicenza, ricatta minorenne con fotomontaggi porno: denunciato 30enne

Un comasco, accusato di pedopornografia, ha tormentato per mesi la ragazza attraverso profili falsi di Facebook, insultandola e spedendo materiale osceno. È stato rintracciato dalla polizia attraverso l'IP

"Ti devo chiamare Andrea o Irene" è stata la prima domanda che gli agenti delle volanti hanno rivolto nei giorni scorsi a un 30enne residente a Como prima di procedere al sequestro del suo computer e del cellulare. L'uomo, denunciato per tentato adescamento di minore, atti persecutori ed accesso informatico abusivo è stato identificato come il protagonista di una squallida vicenda di persecuzione a sfondo sessuale ai danni di una ragazza minorenne residente in provincia di Vicenza. 

L'incubo è  iniziato nell'estate del 2017. La vicentina, allora 17enne ha denunciato di aver ricevuto inviti a sfondo sessuale da un utente Facebook la cui pagina era in tutto e per tutto uguale, a parte una vocale nel cognome, a quella di un amico della sorella. In effetti, qualche giorno prima, proprio quell'amico - un 25enne vicentino - si era recato in questura per segnalare che qualcuno aveva copiato la sua pagina Facebook mettendo una sua foto come immagine del profilo. 

PROFILI FALSI, FOTO E VIDEO PORNOGRAFICI

Con quell'accesso il presunto pedofilo inizia a mandare messaggi hard alla 17enne assieme a minacce e offese. In un'occasione le spedisce via chat un fotomontaggio raffigurante un atto sessuale nel quale la protagonista ha il volto della ragazza, seguita dalla minaccia di renderla pubblica se lei non avesse assecondato le sue perversioni.

Il maniaco non si ferma a questo e spedisce alla minorenne anche un video nel quale si masturba davanti alla foto della sorella di lei. Di fronte alla vicenda, durata circa un mese, la ragazza blocca il finto profilo ma l'uomo ne crea altri - uno dei quali con il nome "Irene" - e continua la persecuzione, questa volta rivolta alla madre e alla sorella della 17enne.

LE INDAGINI 

Nel frattempo proseguono le indagini della questura che manda il materiale raccolto alla procura di Venezia e ottiene l'indirizzo IP del computer dal quale è partita la persecuzione.  Dall'analisi risulta che i messaggi provenienti da tutti i finti profili Facebook sono riconducibili a un unico soggetto.

Si tratta un 30enne residente a Como con precedenti per detenzione di materiale pedopornografico che lavora in Svizzera come impiegato.Con il suo computer, i cui contenuti sono ora al vaglio degli inquirenti, l'uomo si collegava da diversi punti dell'Italia della repubblica Elvetica. "Ho già capito", ha dichiarato agli agenti vicentini quando hanno bussato alla porta della sua casa di Como. 

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