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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Maxi operazione contro banda di giostrai: arresti anche a Vicenza

Tredici le ordinanze che 150 agenti della Polizia di Stato stanno eseguendo in Veneto e Toscana su disposizione della magistratura lagunare. La banda rapinava gioiellerie e banche con metodi definti efferati

E' ancora in corso una vasta operazione della Squadra Mobile della Questura di Venezia tra Veneto e Toscana contro una banda di pericolosi rapinatori, formata dai cosiddetti 'giostrai', responsabile di assalti a gioiellerie e banche del centro-nord Italia. Tredici le ordinanze che 150 agenti della Polizia di Stato stanno eseguendo nelle due regioni su disposizione della magistratura lagunare. Le accuse sono di associazione per delinquere, rapina aggravata, furto, ricettazione, porto abusivo d'arma a carico di altrettanti "giostrai" dimoranti nelle province di Venezia, Padova, Verona, Vicenza, ed in Toscana.

L'indagine è iniziata l'11 agosto 2010, dopo che due malviventi nel primo pomeriggio sono entrati nella gioielleria "Pendini" di Jesolo (Venezia) rapinando orologi Rolex e gioielli per un valore di circa mezzo milione di euro dopo aver pestato violentemente il titolare, riducendolo in gravi condizioni. Vista l'efferatezza, le modalità ed il tipo di obiettivo colpito, le indagini sono state indirizzate ai "giostrai veneti" noti per la loro violenza negli assalti a esercizi commerciali ed istituti di credito. Dagli accertamenti svolti sulle due moto di grossa cilindrata usate per la fuga dai banditi, la polizia ha accentrato l'attenzione su due giovani giostrai in contatto con una famiglia storica di rapinatori residenti nella provincia di Venezia.

E' così emersa l'esistenza di una vasta e articolata associazione per delinquere operante nel Nord Italia che, facendo affidamento su basisti, anch'essi giostrai, andavano a segno a colpo sicuro.Importante il ruolo ricoperto dalle donne del gruppo criminale, le quali avevano il compito di portaordini tra gli uomini, consentendo così agli indagati di comunicare senza che venissero usati apparati telefonici. Le donne inoltre provvedevano a versare su conti correnti bancari e postali parte del bottino degli assalti il cui valore ammonterebbe a circa 1 milione di euro, solo nel periodo del quale si è occupata l'indagine.

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