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Cronaca Rossano Veneto

Le casette dei terremotati come tangenti: indagato vicentino

L'operazione "Do ut des", condotta dalla squadra mobile dell'Aquila, ha portato in manette 4 persone, tra 8 denunciate. Coinvolto D.L., amministratore delegato di una ditta di Rossano Veneto di costruzioni e prefabbricati, che aveva vinto l'appalto post-terremoto

Quattro arresti ed 8 indagati, tra cui un imprenditore vicentino: è l'esito dell'inchiesta "Do ut des" della procura de L'Aquila relativa ad appalti legati alla ricostruzione post-terremoto del 2009. Le accuse per le persone coinvolte sono, a vario titolo, di millantato credito, corruzione, falsità materiale e ideologica e appropriazione indebita. 

Le indagini sono partite dalle indebite condotte dell'industriale, D. L. di Bassano del Grappa, amministratore di ditta edile, che intendeva procacciare lavori sulla ricostruzione per l'azienda, e che ha trovato la disponibilità corruttiva in alcuni amministratori pubblici aquilani e nei loro sodali, pronti a ricevere tangenti, approfittando della situazione emergenziale. 

Tra le otto persone coinvolte spicca il nome dell'attuale vicesindaco de L'Aquila, R. R., indagato, all'epoca dei fatti assessore all'urbanistica, che però parla di "fulmine a ciel sereno su una vicenda che non conosco" e confida "nella magistratura alla quale fornirò elementi per mettere in evidenza la mia piena estraneità". P. T., 60 anni, attuale dirigente dell'Asl 1, più volte assessore della giunta di centrodestra negli anni Duemila, all'epoca dei fatti consigliere comunale delegato per il recupero e la salvaguardia dei beni costituenti il patrimonio artistico della città, e V. P., 57 anni, assessore comunale alla Ricostruzione dei beni culturali dopo il terremoto nel primo mandato del sindaco, Massimo Cialente, nonché direttore del Consorzio dei beni culturali della Provincia. Ai domiciliari anche D. S., 38 anni, dipendente collaboratrice del Consorzio beni culturali e P. M., 56 anni, all'epoca funzionario responsabile Centro-Italia del Mercatone Uno.

I reati, secondo l'accusa, sarebbero stati commessi nel capoluogo nel periodo che va dal settembre 2009, pochi mesi dopo il terremoto, al luglio 2011; l'entità delle presunte tangenti contestate è di 500mila euro, mentre è stata accertata l'appropriazione indebita di 1 milione e 268mila euro da parte di alcuni indagati attraverso la contraffazione della documentazione contabile relativa al pagamento di alcuni lavori. Secondo gli inquirenti a L'Aquila esisteva un sistema corruttivo in base al quale alcuni imprenditori interessati ai lavori per la ricostruzione post-terremoto pagavano tangenti, sia in denaro sia attraverso la consegna di moduli abitativi provvisori, a funzionari pubblici per aggiudicarsi appalti relativi a lavori di messa in sicurezza.

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