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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

«Schiumata record, il venerdì nero del Bacchiglione»

Un circolo di pescatori documenta la ennesima contaminazione del corso d'acqua a Debba: gli strali di Guarda sul depuratore di Longara, mentre Europa verde chiede a palazzo Trissino, a palazzo Balbi e a Arpav altri interventi. E intanto sul mondo ecologista si moltiplicano le preoccupazioni per i cascami piemontesi dell'affaire Pfas

La questione ambientale nella provincia berica continua a tenere banco. Come racconta peraltro Vicenzatoday.it di ieri 18 agosto il gruppo di pescatori «Magnagati carp team» col supporto della consigliera regionale di Ev Cristina Guarda ha nuovamente preso posizione sul problema della moria di pesci che si registra da settimane in zona Debba a Vicenza. I pescatori chiedono alle istituzioni di attivarsi perché la presenza di inquinanti nel Bacchiglione, dopo le analisi realizzate dagli stessi pescatori, è divenuto un fatto ormai acclarato. Ad ogni modo la galassia ecologista rimane all'erta. Sempre ieri sono fioccati commenti a non finire dopo che una troupe della tv di Stato belga ha reso noti i risultati delle analisi del sangue effettuati su alcuni residenti della zona di Spinetta Marengo ad Alessandria. Lì sorge uno stabilimento della Solvay, noto per essere la fabbrica «cugina della trissinese Miteni» per via della produzione dei Pfas i temibili derivati del fluoro al centro di uno scandalo ambientale addebitato proprio alla Miteni, che ha colpito Veronese, Vicentino e Padovano. La presenza di Pfas nel sangue in concentrazioni preoccupanti nel sangue degli alessandrini residenti attorno alla Solvay ha scatenato la reazione del mondo ambientalista veneto che torna a chiedere uno screening approfondito su chi risiede nei territori colpiti dall'affaire Pfas.

SOSTANZE «MEFITICHE»
Ad ogni buon conto l'affaire «delle schiume mefitiche» riscontrate in un tratto preciso a ridosso del fiume Bacchiglione nella frazione vicentina di Debba era deflagrato durante gli ultimi giorni di maggio quando proprio i pescatori del «Magnagati carp team» sollevarono il problema con tanto di video e foto che fecero il giro dei social network nonché dei media regionali. Ieri durante un briefing al bar Luna di Longare i ragazzi hanno mostrato alcune analisi che parlano «di tensioattivi e ammoniaca fuori dei parametri di legge». In passato Arpav «aveva attribuito il fenomeno semplicemente alla siccità»: ossia la minor quantità di acqua nel fiume fa in modo che gli inquinanti abitualmente presenti sotto la soglia di tolleranza si manifestino in modo più evidente. La ricomparsa delle schiume il giorno 8 agosto e le continue pressioni dei residenti, dei pescatori e della galassia verde però, come spiega Guarda avevano indotto l'Arpav a riaprire l'istruttoria. Le analisi realizzate in proprio dal gruppo vicentino di pescatori i cui risultati ieri sono stati mostrati alla stessa Guarda hanno in qualche modo costituito l'ultimo tassello del puzzle al quale proprio i pescatori stanno lavorando da settimane e che li ha portati a presentare anche un esposto alla procura berica. «Noi chiediamo alle autorità di spiegarci come mai questi inquinanti con le relative morie si registrino in quel punto preciso del fiume» fanno sapere ai taccuini di Vicenzatoday.it Nicola Carli ed Ivano Valerio rispettivamente vicepresidente e componente del club dei pescatori. Più o meno Guarda chiede la stessa cosa: i tre peraltro hanno dato conto del loro punto di vista ai microfoni di Videnzatoday.it con tre distinti interventi.

«SVEGLIA CON SAPONATA DI FIUME»
Peraltro il manifestarsi delle schiume in zona ponti di Debba sembra un caso infinito. Stamani i pescatori del circolo «Magnagati carp team» hanno effettuato un nuovo sopralluogo documentando con un corredo di fotografie eloquenti quella che in zona è stata subito ribattezzata «la schiumata record». Tanto che quello «che stamani si è presentato davanti ai nostri occhi - spiegano di contro alcuni residenti - ha dell'incredibile: oltre alla schiuma, oltre alla sveglia con annessa saponata di fiume, oltre al puzzo si intravedevano pure le chiazze di idrocarburi. Oggi eravamo davanti ad un disastro ecologico. Una scena raccapricciante, un venerdì nero da da codice penale»: le immagini a corredo portate da Vicenzatoday.it sono state gentilmente fornite dal circolo «Magangati carp team» attivo nel capoluogo berico e nel suo hinterland. 

QUESTIONE IRRISOLTA
Epperò sullo sfondo rimane una questione irrisolta. Ieri Guarda durante l'incontro coi pescatori ha scodellato molti dubbi sul corretto funzionamento del depuratore di via Cipro noto come depuratore di Longara. Si tratta di un impianto che da oltre vent'anni suscita polemiche. Ai primi anni Duemila la querelle sulle sue presunte défaillance finirono a più riprese in consiglio comunale a Vicenza a causa degli strali del verde Ciro Asproso e della leghista Franca Equizi. A margine di quelle sedute l'impianto venne definito dai residenti accorsi in aula di volta in volta «baracca o colabrodo incapace di depurare la cacca, la pipì e i detersivi» di una Vicenza «lassista sul piano ambientale che in una col comprensorio peraltro non è nemmeno interamente allacciata al sistema fognario».

LE STAFFILATE DI IERI E DI OGGI
All'epoca le staffilate furono indirizzate al gestore del ciclo idrico di allora, ossia l'Aim. Oggi quel compito è di Viacqua spa. E non è un caso che da settimane Guarda abbia preso di mira il vertice della società pubblica accusandola di avere interrotto il progetto per la canalizzazione dei reflui della zona di Debba verso impianti più performanti per motivi «incomprensibili e astrusi». Più in generale il caso Debba ha a che fare con due quesiti che da decenni arrovellano la testa degli utenti. Uno, poiché il servizio idrico viene più o meno salatamente pagato in bolletta la quale finanzia anche l'ammodernamento della rete e dei depuratori perché questi non funzionano come un orologio svizzero? Due, poiché il Bacchiglione, che nasce a Dueville in buonissimo stato di salute, nel volgere di pochi kilometri attraversando Vicenza si contamina con tanta rapidità? Che cosa c'è nel capoluogo berico che ammorba così rapidamente un corso d'acqua importantissimo non solo per il Vicentino ma pure per il Padovano e il Veneziano?

I DERIVATI DEL FLUORO
Ad ogni modo Europa verde in queste è tornata sull'affaire Pfas, il caso di maxi contaminazione delle falde del Veneto centrale attribuito alla Miteni di Trissino. Più nel dettaglio un paio di giorni fa è stato reso noto l'esito di alcune analisi sul sangue di alcuni residenti che vivono attorno allo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo a Alessandria, considerato dagli ecologisti «l'impianto cugino» della Miteni. Secondo quanto rilevato in quel sangue sarebbero state rilevate concentrazioni di Pfas preoccupanti. La novità è emersa grazie ad uno studio commissionato dalla Tv di Stato belga Rtbf, che su queste sostanze, definite perenni dagli esperti a causa della loro estrema persistenza nell'ambiente e negli esseri viventi, sta realizzando un corposo reportage. Un reportage che ha uno dei suoi focus proprio a Spinetta Marengo. Guarda ai microfoni di Vicenzatoday.it si è detta rattristata ma non sorpresa dell'esito dell'indagine commissionata dalla tv belga e finalizzata nei laboratori dell'Università di Liegi, che ha analizzato i campioni ematici.

ANSIE LUNGO L'ASSE VENETO PIEMONTE
Per di più sempre ieri il fronte ecologista non è rimasto in silenzio. Il coordinamento delle Mamme No Pfas infatti ieri ha diramato un dispaccio al vetriolo nel quale chiede alle autorità di intervenire con le bonifiche, nel Veneto come in Piemonte. Ma allo stesso modo è stata chiesta anche la messa al bando dei Pfas che sono poi una sterminata famiglia di derivati del fluoro inizialmente impiegati in ambito militare il cui uso poi è stato esteso ad una infinità di ambiti industriali. «La popolazione esposta a questi inquinanti  persistenti onnipresenti - scrivono le Mamme No Pfas - è sempre più ampia. La vicenda di Spinetta Marengo nella città di Alessandria dimostra che il problema dei Pfas è nazionale e pertanto chiediamo con forza che venga risolto in modo definitivo. I Pfas sono veleni e come tali devono essere trattati. Chiediamo alle istituzioni piemontesi, in primis alla Regione Piemonte, di prendere provvedimenti immediati facendo partire uno studio epidemiologico».

ASCOLTA L'INTERVISTA A VALERIO, CARLI E GUARDA

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