rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Decreto contro il femminicidio, polemica Rifondazione Comunista

"Non ci piace": secondo la portavoce di Vicenza Irene Rui il Dl funge da copertura per leggi secondarie e presenterebbe inoltre carenze e ingiustizie

Rifondazione Comunista di Vicenza non è d'accordo con il decreto legislativo sul femminicidio: “Non ci piace”. Attraverso il forum delle donne di Rifondazione, Irene Rui si fa portavoce di una profonda riflessione sul nuovo decreto che: “tanto si aspettava, ma che di fatto è strumentale [...] poiché si usano le donne come cavallo di Troia per la criminalizzazione e la repressione, si richiama l''emergenza femminicidio' come fondamento materiale per l'affermazione di una cultura securitaria e repressiva”.

Tra i vari punti che a RC non va giù, la sottigliezza inserita nel decimo articolo del decreto: "che titola 'Norme in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio e per la realizzazione del corridoio Torino-Lione, nonché […] contro i NO TAV. Nell'articolo si annuncia una maggiore flessibilità nell'impiego massiccio delle Forze armate nei territori e l'attribuzione di nuove funzioni alle truppe occupanti, le quali non saranno tenute a limitarsi ad operazioni di semplice perlustrazione e pattugliamento. Si paventa un inasprimento delle pene per violazione dei cantieri delle cosiddette “grandi opere”, il divieto di cortei e manifestazioni per ragioni di sicurezza. Tutto questo è stato inserito approfittando che nessuno si sarebbe opposto pubblicamente ad un pacchetto di provvedimenti propagandati come armi importantissime per combattere la violenza contro le donne”.

Irene Rui denuncia quindi che il decreto contro il femminicidio possa apparire come una sorta di “copertura” per fini secondari. L'accusa va anche verso le numerose carenze nel dl: “Peccato che nel decreto non si parli della violenza nelle caserme, nei CIE (Centri di identificazione ed espulzione), nelle aule del tribunale, dentro le istituzioni, nel linguaggio, nei media, al lavoro, del cyberstalking (lo stalking per via informatica), ecc. Non si parli dei centri antiviolenza, e tanto meno della loro moltiplicazione e finanziamento. Non si parli di centri di ascolto per uomini abusati. Non si parli di prevenzione, ma si pigia sul pedale della guerra fra i sessi. Non si parli di scuola, formazione di educatori, di libri di testo sin dalle elementari che educhino al genere, all'affettività e alla sessualità”.

Infine, con amarezza, fanno notare come sia ingiusto, a parer loro, la diversificazione delle pene in base al rapporto tra vittima e “carnefice”: “Dire che la pena sarà di un terzo più severa nel caso in cui le vittime siano incinte o mogli o compagne o fidanzate del carnefice è comprensibile dal punto di vista del legislatore, perché si che battere una donna che aspetta un bambino o che ha un vincolo di fiducia con chi la aggredisce è più grave. Ma stabilisce anche la discriminazione culturalmente delicatissima verso le donne che non hanno figli e non hanno legami con un uomo. In che senso ci si chiede uccidere una donna non sposata e non madre è meno grave, rispetto ad una nubile? Queste donne valgono forse di meno per la società? - e chiudono - Si deve arrivare ad una modifica profonda della relazione tra i sessi e soprattutto la centralità di una soggettività femminile libera e consapevole della sua autonomia e della sua autodeterminazione”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Decreto contro il femminicidio, polemica Rifondazione Comunista

VicenzaToday è in caricamento