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Cronaca Tezze sul Brenta

Responsabile della morte di un operaio, sottrae un milione dai risarcimenti alla famiglia

L'imprenditore, un 62enne di Tezze sul Brenta che ieri è stato condannato in sede penale, avrebbe chiuso l'azienda e intestato tutto quanto alla figlia

Avrebbe incassato e tenuto un milione di euro di risarcimento destinato ai familiari della vittima, Dino Trentin, il 62enne di Tezze sul Brenta titolare della ditta Centro Veneziane di Castelfranco Veneto, giudicato anche penalmente responsabile dell’incidente sul lavoro costato la vita, nel marzo 2018, a suo cognato Roberto Romanò, 54enne anch’egli di Tezze sul Brenta.

Come fa sapere lo studio Giesse risarcimento danni, che ha seguito le pratiche, l’uomo, condannato ieri, venerdì 18 novembre, in sede penale a 4 mesi di reclusione dal giudice Carlotta Brusegan del tribunale di Treviso, ed era già condannato un mese fa anche in sede civile dal giudice Giulia Civiero del Tribunale di Treviso, avrebbe da tempo fatto sparire l’intero ammontare del risarcimento destinato a moglie, figli, genitori e fratelli di Roberto Romanò, per un totale di un milione di euro.

LA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA

Dalle ricostruzioni da parte Giesse risarcimento danni, che ha fornito la documentazione sulla vicenda, il 26 marzo 2019 Trentin, tramite un avvocato di Padova, avrebbe ottenuto dalla compagnia assicuratrice Cattolica assicurazioni, con la quale aveva sottoscritto una polizza di responsabilità civile per la sua azienda, il pagamento, direttamente nel conto corrente societario, dell’importo corrispondente al massimale della polizza, pari a un milione di euro. Lo avrebbe fatto legittimamente, in qualità di assicurato e contraente della polizza, sottoscritta a copertura di incidenti come quello in cui ha perso la vita suo cognato Roberto, rimasto schiacciato sotto un grosso sacco di sassi. L’importo sarebbe stato versato dalla compagnia assicuratrice, la quale vi avrebbe provveduto riportando però la suddivisione del risarcimento spettante a ciascuno dei familiari di Roberto Romanò e precisando che l’ammontare reale del risarcimento sarebbe stato anche più alto, superiore cioè al massimale sottoscritto.

Sempre da quanto appreso da Giesse, appena due giorni e il maxi-risarcimento, invece di essere doverosamente trasferito ai legittimi destinatari, sarebbe stato spostato sul conto corrente personale della figlia di Dino Trentin, non facente parte della compagine societaria.  Di lì a poco, il 15 aprile, le somme sarebbero state trasferite attraverso 6 assegni e 4 bonifici a diversi destinatari, prosciugando l’intero risarcimento. Meno di 10 giorni e la società Centro Veneziane sarebbe stata cancellata dal registro delle imprese, senza neppure essere stata posta in liquidazione.

Il 25 luglio è stato iscritto avanti il tribunale di Treviso, sezione lavoro, il ricorso per l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio sul lavoro occorso a Roberto Romanò.  Pochi giorni più tardi, il 7 agosto, Dino Trentin e la moglie, socia accomodante della società Centro Veneziane, avrebbero intestato alla figlia e al suo convivente anche gli immobili di più consistente valore. Nel frattempo i familiari di Roberto Romanò, ancora immersi nella tragedia per la perdita improvvisa del proprio caro, non hanno ottenuto neppure un solo euro del risarcimento liquidato dalla compagnia assicuratrice a loro favore.

Increduli per l’evolversi della situazione, si sono rivolti a Giesse risarcimento danni, gruppo specializzato nel risarcimento di gravi incidenti sul lavoro. Tramite i legali fiduciari della società, è stata immediatamente sporta una denuncia alla guardia di finanza di Treviso che, in breve tempo, è riuscita a ricostruire l’intero percorso del milione di euro, fin dal momento dell’accredito sul conto corrente societario.

IL LAVORO DELLA GUARDIA DI FINANZA

In base alla documentazione inviata alle fiamme gialle direttamente dall’istituto di credito che ha ricevuto la somma dalla compagnia assicuratrice, è stato possibile accertare che, nel volgere di pochi giorni, l’intero milione sarebbe stato smistato attraverso assegni o bonifici e, in gran parte, a uno degli avvocati di Dino Trentin, che avrebbe ricevuto ben 874.852 euro. 23.000 euro sarebbero stati riversati sul conto della società Centro Veneziane, che sarebbe stata poi cancellata pochi giorni dopo; 80.502 euro sarebbero stati ritrasferiti a favore dello stesso Dino Trentin. Altri importi minori (6.100 euro, 9.832 euro e 5.982 euro), sarebbero stati infine elargiti a favore di altri avvocati di Trentin e di una srl.

La guardia di finanza ha chiesto subito l’emissione all’autorità giudiziaria di un ordine di esibizione o un decreto di sequestro. Il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e crediti di Dino Trentin sarebbe arrivato nell’ambito della causa civile prontamente intentata dai legali di Giesse risarcimento danni avanti al tribunale di Treviso, con sequestri disposti su immobili e presso terzi nelle province di Treviso, Padova e Vicenza che però, proprio perché il massimale assicurativo era stato nel frattempo già dirottato altrove, non ha comunque ancora permesso di sequestrare l’ingente somma.

Lo scorso mese, il 15 ottobre, alla conclusione dello stesso procedimento civile, il giudice Giulia Civiero, della prima sezione civile del tribunale di Treviso, ha condannato la datrice di lavoro Centro Veneziane e per essa Dino Trentin, socio accomandatario e amministratore unico della società cancellata, nonché responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, al pagamento di un risarcimento di 1.300.000 euro per la causazione del sinistro che ha comportato il decesso di suo cognato Roberto Romanò.

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