rotate-mobile
Cronaca Trissino

Pfas: La Miteni si divide per evitare le rogne?

Le ultime notizie che giungono dalla fabbrica al centro del caso Pfas, parlano di una possibile divisione dei rami aziendali: ma una eventuale strategia in questo senso può rivelarsi rischiosa

Che cosa c’è nel futuro della Miteni dopo le ultime novità della settimana scorsa? Dalle notizie filtrate dall’azienda trissinese, da anni al centro dell’affaire Pfas, si parla di difficoltà che potrebbero derivare dalle prescrizioni in tema ambientale che sarebbero giunte dalla Provincia di Vicenza. Si tratta di arresti di alcune parti dell’impianto che on è detto rimangano circoscritte tanto che è la stessa azienda a paventare che un ipotetico stop generalizzato, seppur temporaneo, possa coinvolgere l’intero stabilimento.

Ma quanto in realtà in una situazione del genere incidono i conti della società della valle dell’Agno? Quale è lo stato della cassa? Come si stanno comportando fornitori e creditori anche alla luce del fatto che l’azienda ha avviato una procedura di concordato, precedura che parlando in termini generali, è spesso l’anticamera se non del fallimento almeno di una serie di stravolgimenti societari?

QUESTIONE APERTA

La questione è tanto aperta quanto delicata soprattutto in ragione del fatto che i vertici aziendali durante la giornata di venerdì avrebbero comunicato alle maestranze la eventualità che l’impresa possa procedere con uno spin-off. Ma di che cosa si tratta esattamente? Nel gergo economico lo spin-off è una procedura di scorporamento aziendale che può seguire strade le più svariate. Spesso la si mette in pratica quando una società versa in una qualche difficoltà. Un esempio molto frequente è quello della cessione o dell’affitto del ramo d’azienda che contenga la parte sana del business con la conseguente creazione di una newco o good company. E in parallelo la creazione di una compagnia in cui vengono conferiti gli asset meno redditizi o quelli potenzialmente in perdita: con l’obiettivo di una ristrutturazione di lungo periodo, di una liquidazione o addirittura di un fallimento.

LE INSIDIE DA CODICE PENALE

In casi del genere però si tratta di una materia che deve essere gestita con le molle perché se il manager che identifica questo percorso lo fa con il proposito di dare vita ad un fallimento pilotato per sottrarre ai creditori (ed in qualche modo anche una bonifica è un debito) risorse preziose per dirottarle invece sulla good company, che continuerebbe a far riferimento a vecchi o a nuovi proprietari, potrebbe incorrere nel reato di bancarotta fraudolenta: illecito che il diritto fallimentare punisce con la reclusione sino a dieci anni.

Nel caso della Miteni (in foto una protesta contro la fabbrica il 22 aprile scorso), stando a quanto è emerso di recente in termini di lamentele dei sindacati sulla qualità degli impianti e dalle notizie sull’indagine penale in corso per reati in materia ecologica, le nubi più nere e quindi gli asset più compromessi che astrattamente sarebbe più ghiotto sbolognare riguardano proprio la parte ambientale. Se per esempio dopo lo spin-off si creasse ex novo una società (una bad company) cui siano conferiti gli impianti, la parte meno remunerativa del personale, i muri, i terreni, della fabbrica, (sui quali incombe lo spettro della contaminazione su vasta scala) e se solo su quest’ultima fossero caricate responsabilità ed oneri di una eventuale bonifica o di eventuali condotte incongrue del passato, l’altra realtà aziendale uscita dal processo di scorporamento potrebbe occuparsi solo della organizzazione del business, preservando quel poco o quel tanto di redditività residua e privandosi così di ogni incombenza che le ricadrebbe addosso se la società rimanesse un unicum.

PRASSI CONSOLIDATA

Come spiegava bene Il Sole 24 ore  in un approfondimento del gennaio di quest’anno pubblicato sul portale on-line che la testata dedica al diritto societario «L'utilizzo di tale strumento è spesso dettato dall'esigenza di attuare un intervento immediato, volto ad assicurare la continuazione dell'attività d'impresa in capo ad un nuovo imprenditore che non può o non vuole incorrere nel rischio di ritrovarsi coinvolto nelle passività pregresse dell'impresa in crisi... Il nuovo imprenditore si rende disponibile ad acquistare l'azienda solo dopo... e solo a condizione che ci sia... il decreto di omologa del concordato, assicurandosi nel frattempo la continuità dell'attività sotto la propria gestione mediante l'affitto di azienda». Che poi nell’azionariato del subentrante possano esserci quote riferibili alla vecchia proprietà questo è un altro paio di maniche. Ma è assodato che in caso di crisi aziendale procedure come quelle descritte dal Sole 24 ore sono ormai una prassi pressoché consolidata.

PARALLELISMO CON LA POPOLARE DI VICENZA

Mutatis mutandis si verrebbe a creare una situazione per certi aspetti comparabile con quella che caratterizzò il collasso della BpVi i cui asset in qualche maniera in attivo o non drammaticamente deteriorati furono ceduti a Banca Intesa, mentre la parte più disastrata dell’istituto berico è finita nell’orbita di un veicolo societario in qualche modo riferibile al pubblico: con tutto ciò che ne consegue in termini di dibattito, anche in sede giudiziaria, sul fatto che questa vicenda si configuri o meno come bancarotta e se quest’ultima porti con sé le stimmate o meno della bancartta fraudolenta.

LO SCENARIO E LA MAGISTRATURA

Chiaramente la Miteni è un’altra storia. Soprattutto perché la vicenda ancora non si è spinta così avanti. In questo contesto sarà importantissimo capire quali saranno le prossime richieste del sindacato, quali le prossime mosse dell’amministratore delegato Antonio Nardone in una con la proprietà. E soprattutto sarà importante capire quali saranno le prossime mosse della procura della repubblica berica.

Da mesi i comitati chiedono a gran voce che quest’ultima, anche con lo strumento delle rogatorie, provi a disvelare chi siano i veri proprietari di Miteni, la quale sul piano societario è controllata da una finanziaria lussemburghese di cui si sa molto poco. Ed è segnatamente nella aggressione del patrimonio di questi ultimi (con gli strumenti previsti dalla legge) a tutela di eventuali danni ambientali e sanitari certificati in seguito dalla magistratura, che gli ambientalisti lamentano una certa qual eccessiva prudenza da parte della procura berica. La quale giustappunto di fronte ad una ipotesi di spin-off di Miteni potrebbe di converso essere portata a vagliare con attenzione ogni nuovo scenario.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Pfas: La Miteni si divide per evitare le rogne?

VicenzaToday è in caricamento