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Cronaca

Orrore a Monte Berico: il massacro dei frati firmato Ludwig e il terzo assassino misterioso

Marco Furlan e Wolfgang Abel sono una coppia di serial killer che rivendicavano i loro atroci delitti con lo pseudonimo di matrice neonazista Ludwig. Il loro delirante scopo era quello di ripulire il mondo da prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, preti "peccaminosi", e da discoteche e cinema a luci rosse

Un sodalizio criminale che insanguinò il Nord est d'Italia, la Germania ed l'Olanda dal '77 all''84, quando furono catturati mentre erano in procinto di fare una strage alla discoteca Melamara, nel Mantovano: Marco Furlan, padovano, oggi 56enne, e Wolfgang Abel, originario di Düsseldorf, oggi 57enne, entrambi figli di famiglie altoborghesi e residenti a Verona all'epoca dei fatti, rivendicavano i propri crimini con volantini neonazisti firmati con lo pseudonimo Ludwig. Conosciutisi alla scuola superiore, condividevano l'idea della necessità di ripulire il mondo da prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, preti "peccaminosi", e da discoteche e cinema a luci rosse. A Vicenza lasciarono tre delle loro 28 vittime. 

l primo omicidio compiuto dai due avvenne il 25 agosto 1977, quando il senzatetto zingaro Guerrino Spinelli venne bruciato nella sua Fiat 126 a Verona. Seguì, il 17 dicembre 1978, l'accoltellamento del cameriere omosessuale Luciano Stefanato, assassinato con 30 coltellate (il cui cadavere fu ritrovato con ancora le 2 lame conficcate nella schiena), a Padova. Quasi un anno dopo, il 12 dicembre 1979, a Venezia, Furlan e Abel uccisero con una trentina di coltellate il tossicodipendente ventiduenne Claudio Costa.

volantino ludwig-2E' il 20 dicembre 1980 quando la coppia di serial killer agisce per la prima volta a Vicenza. La vittima è la prostituta cinquantaduenne Alice Maria Baretta, massacrata a colpi di ascia e di martello, nei pressi di Campo Marzo, circa alle 21. La donna morì dopo due settimane di agonia. Vicino al corpo della Baretta furono rinvenuti una scure con manico di legno, sporca di sangue; una borsa in plastica contenente un martello. L'omicidio avvenne davanti agli occhi di Oreste Frigo, che stava guidando lungo viale Venezia, che corse a denunciare il delitto. I sospetti degli inquirenti si concentrarono su due giovani, poi assolti per insufficienza di prove dalla Corte di Assise di Vicenza. Il delitto, con i precedenti, venne rivendicato mesi dopo con un volantino a caratteri runici firmato Ludwig inviato a Il Gazzettino

ludwig1-2La follia omicida di Abel e Furlan si riversa su Vicenza, per la seconda volta, il 20 luglio 1982, a Monte Berico, il cuore spirituale della città. Il testo della sentenza di condanna dei due riporta: "Mario Lovato e Giovanni Battista Pigato appartenenti alla comunità del santuario di Monte Berico, furono uccisi tra le ore 20.30 e le ore 20.45, mentre passeggiavano insieme lungo la via Gen. Cialdini, nelle adiacenze del santuario. Nel luogo dell'aggressione il personale della polizia scientifica trovò e pose sotto sequestro, una mazza di ferro di meccanico, su cui erano tracce di sostanza ematica, un sacchetto per immondizie contenente un martello, tre sacchetti uno dentro l'altro con all'interno una scure, una sciarpa in lana colore bordò e una sciarpa in tessuto tipo scozzese. Non furono rinvenute impronte papillari sulle cose suddescritte". Lovato morì subito, Pigato dopo alcune ore di agonia. La morte di entrambi si verificò per arresto cardiocircolatorio, in conseguenza delle gravissime lesioni cerebrali riportate, compatibili con gli oggetti ritrovati. "Furono escluse tracce di omosessualità sulle vittime e la presenza sui loro corpi di elementi eventualmente attinenti agli aggressori. (...) Secondo il perito, le vittime furono colpite pressoché contemporaneamente da almeno due diversi aggressori, probabilmente provenienti da tergo, e non furono in grado di opporre apprezzabile resistenza".

E qui comincia un mistero che tuttora non ha trovato risposta: c'era un terzo "Ludwig" quella sera? Nel sentenza, sono riportate due testimonianze, riferite agli investigatori il giorno dopo il delitto, da Federica Rossi Bortolaso e Danilo Lucano: "La Rossi, la sera del 20 luglio, verso le ore 19.45, uscita dal santuario di Monte Berico, notò tre giovani, di 20 - 25 anni, seduti sul muretto situato proprio di fronte alla strada dove, poco dopo, furono assassinati i religiosi. Uno dei giovani aveva, ai suoi piedi, due borse di plastica, una scura e l'altra bianca, che la teste dichiarò simili a quelle trovate sul luogo del delitto. 1 tre giovani avevano costituzione magra e statura di centimetri 170 - 175. Uno aveva capelli scuri, mossi, lunghi fino alle spalle; uno capelli castano chiari, lunghi e mossi, folta barba e baffi; il terzo aveva capelli scuri, ed era pettinato con riga centrale. via cialdini-2La sera del fatto, probabilmente subito dopo la sua commissione, Lucano Danilo, mentre si trovava nell'orto della propria abitazione, sita al civico n. 40 di via Gen. Cialdini, vide, da una distanza di circa 10 metri, scendere, con andatura spedita, lungo la strada, in direzione di Gogna, l'uno a breve distanza dall'altro, due giovani, alti 165 - 170 centimetri, di normale corporatura: uno, di età compresa tra i 20 e i 22 anni, aveva capelli scuri e corti, l'altro, sui 18 - 20 anni, aveva capelli biondi o castano-chiari, ricci od ondulati, lunghi fino alle spalle. I giovani, passando dinanzi al cancello dell'abitazione del teste, continuarono nella loro corsa senza voltarsi dalla parte in cui si trovava il Lucano con i due suoi figli. Altre informazioni, non prive di interesse, furono fornite da Mazzini Gianni, Peron Elisa e De Pretto Giovanni Battista. Il Mazzini vide, da una finestra del secondo piano del convento di Monte Berico, il Lovato ed il Pigato, appena usciti dal santuario, procedere in direzione del museo e, a breve distanza da loro, due persone, piuttosto giovani, sedute sul muretto di fronte all'inizio di via Cialdini; erano le ore 20,10 del 20 luglio. I due giovani seduti sul muretto furono notati anche dalla suora Peron Elisa verso le ore 20 dello stesso giorno. De Pretto Giovanni Battista riferii, invece, sull'abitudine dei due confratelli uccisi di fare una breve passeggiata serale comprendente anche il passaggio per via Cialdini, preferita per la scarsa circolazione automobilistica e la minore rumorosità".

A tre giorni dal duplice omicidio giunse alla redazione dell'ANSA di Milano il messaggio di rivendicazione: "LUDWIG DOPO IL ROGO DI S. GIORGIO A VERONA HA COLPITO DI NUOVO A VICENZA SUL MONTE BERICO SIAMO GLI ULTIMI EREDI DEL NAZISMO IL FINE DELLA NOSTRA VITA E’ LA MORTE DI COLORO CHE TRADISCONO IL VERO DIO GLI AUTOADESIVI CHE ALLEGHIAMO COMBACIANO ESATTAMENTE CON QUELLI APPLICATI SUI MANICI DEGLI STRUMENTI USATI GOTT MIT UNS". La busta conteneva prove inequivocabili sull'autenticità della rivendicazione. 

Ludwig proseguì la propria escalation di violenza: il 26 febbraio 1983 uccisero a Trento il sacerdote don Armando Bison, che venne trovato con un punteruolo piantato nel cranio con attaccato un crocifisso, il 14 maggio 1983 diedero fuoco al cinema a luci rosse "Eros" di Milano, uccidendo sei persone (ivi compreso il medico 46enne Livio Ceresoli, entrato nella sala per prestare soccorso, morto ustionato e successivamente insignito della medaglia d'oro al valor civile) e ferendone trentadue; due colpirono ancora il 17 dicembre dello stesso anno, causando 13 morti nell'incendio del sexy club "Casa rossa" di Amsterdam; seguì, l'8 gennaio 1984, l'incendio appiccato alla discoteca "Liverpool" di Monaco di Baviera, in cui morì una cameriera di origine italiana che lavorava nel locale e sette persone rimasero ferite; quest'ultimo atto venne rivendicato in un volantino inviato ad alcune testate, intitolato Al Liverpool non si scopa più!.

ludwig 2-2Il 4 marzo 1984 i due si recarono alla discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova, dove si trovavano quattrocento ragazzi, la maggior parte dei quali mascherati per la festa di carnevale. In un momento di confusione uno dei due (travestito da Pierrot) fece entrare l'altro in discoteca, aprendogli un'uscita di sicurezza. Si introdussero nel locale portando due borse contenenti altrettante taniche di benzina. Seminascosti in un angolo buio, cominciarono a versare benzina sulla moquette e la incendiarono, senza tenere conto che i locali pubblici avevano dovuto dotarsi di rivestimenti in materiali ignifughi, dopo il rogo del cinema Statuto, avvenuto a Torino nel febbraio 1983. La moquette prese così fuoco in maniera estremamente lenta, dando il tempo ad un addetto alla sicurezza di intervenire. Vistisi scoperti, i due tentarono di aggredire il buttafuori per potersi dare alla fuga, ma finirono con l'avere la peggio e vennero consegnati alla Polizia, che li salvò dal linciaggio da parte degli avventori del locale. Ludwig concluse così la sua scia di morte lasciandosi dietro 28 morti e 39 feriti.

Marco Furlan è tornato in libertà, Wolfgang Abel ha ancora delle limitazioni

 

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