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Cronaca Schio

Omicidio di Thiene, a sparare fu un quinto uomo: è a piede libero

Tra i quattro componenti della famiglia nomade fermati dai carabinieri dopo la sparatoria in cui ha perso la vita Davide Kari, non ci sarebbe il killer. A spare sarebbe stato il maggiore dei fratelli, sfuggito, ancora, all'arresto

A sparare non sarebbe stato nessuno di loro. I quattro componenti della famiglia di nomadi protagonista della sparatoria avvenuta a Thiene, lo scorso giovedì e arrestati dia carabinieri mentre erano in fuga alle prime ore di venerdì, non sono più gli unici sospettati dell'omicidio di Davide Kari e del ferimento del fratello. A premere il grilletto potrebbe essere stato un quinto uomo, il fratello maggiore dei due che si trovano già dietro le sbarre, fino ad ora sfuggito alla cattura. 

Le indagini sul fatto di sangue, dunque, si allargano: nel registro degli indagati sono finiti in sei, solo quattro dei quali, tutt'ora dietro le sbarre in attesa del processo. In carcere ci sono   L.H., di 59 anni,madre dei due arrestati e dell'indagato ancora in fuga, i figli F.H. e D.H., di 22 e 38 anni, e P. K., 28 un nomade passato dal clan della vittima a quello rivale. 

Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, quella sera, l'intero clan di nomadi, tutti residenti nell'Alto vicentino, avrebbe partecipato alla spedizione punitiva al campo di via Liguria a Thiene con l'intento di vendicare un torto subito da un membro del gruppo deceduto recentemente.  Una volta sul posto la 59enne avrebbe estratto una pistola dalla borsa e l'avrebbe consegnata al figlio maggiore, C.H. detto "Zan", 39 anni, che poi avrebbe fatto fuoco. Davide Kari è stato colpito mortalmente all'addome con più colpi, mentre il fratello, Vianello, è rimasto gravemente ferito. 

L'uomo accusato di aver sparato potrebbe essere sentito nei prossimi giorni, al momento del fermo del clan, avvenuto nelle ore successive alla sparatoria non si trovava più con la famiglia. Assieme a lui gli inquirenti ascolteranno anche sua sorella, la moglie dell quarto uomo in carcere, che per il marito avrebbe fornito un alibi fasullo. 

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