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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Trissino

Caso Pfas, scontro tra comitati e Regione

Mentre il processo per il maxi inquinamento da derivati del fluoro attribuita alla ditta della Valle dell'Agno la rete ambientalista contesta palazzo Balbi giudicando non adeguato il monitoraggio su persone e alimenti in relazione alla contaminazione che ha colpito il Veneto centrale

Oggi 12 gennaio il processo Miteni, il processo per la maxi contaminazione da derivati del fluoro (i Pfas) attribuita alla ditta trissinese della valle dell'Agno oggi fallita, ha vissuto una fase interlocutoria: durante la quale accusa e difesa e parti civili so sono concentrate sull'ascolto di alcuni testi, consulenti ambientale della società in primis, ai quali era stato chiesto di dare conto dello stato dell'habitat prima che lo scandalo deflagrasse attorno al 2014. Ma al di là della stretta vicenda processuale l'affaire Miteni in questi giorni è tornato a far parlare di sé a livello politico-amministrativo. Non più tardi del 10 gennaio infatti il coordinamento ecologista «Mamme No Pfas» aveva puntato l'indice sulla Regione Veneto. Come? Spiegando che le misure messe in campo da quest'ultima in materia di monitoraggio sanitario dei residenti delle zone colpite dalla contaminazione (si tratta dei territori del Veneto centrale fra Veronese, Vicentino e Padovano), erano di scarsissimo spessore. Una critica che peraltro, in maniera clamorosa, era stata messa nero su bianco nel settembre dell'anno passato dal delegato Onu in materia di diritti umani per la fruibilità dell'ambiente Marcos Orellana. Palazzo Balbi, bacchettato sul punto anche dal consigliere regionale Cristina Guarda di Ev, si era affrettato a replicare: spiegando che in realtà una campagna di monitoraggio più estesa rispetto al passato era stata avviata, almeno sul piano amministrativo, proprio in questi giorni. Questo almeno è quanto riferisce proprio palazzo Balbi in un dispaccio diramato ieri. Tuttavia la presa di posizione della Regione non è piaciuta al collettivo ecologista Pfas.Land. Il quale oggi sulla sua pagina Facebook ha accusato la Regione Veneto muovendo, alla grossa, due addebiti. Il primo riguarda i costi che debbono sostenere coloro che intendono aderire al monitoraggio. Una spesa di novanta euro, questo il rilievo, può inibire molte persone, atteso il fatto che solitamente campagne di questo tipo debbono essere gratuite. Il secondo riguarda tempistica. Pfas.Land prende di mira palazzo Balbi sospettandolo di aver dato una risposta posticcia al problema. Una risposta che sarebbe maturata solo dopo le bacchettate rifilate dalle Mamme No Pfas e dalla consigliera Guarda. In questo contesto peraltro si registrano anche le accuse dei comitati veneti, che in relazione alla querelle per la realizzazione dell'inceneritore di Fusina a Venezia, temono che quell'impianto sarà impiegato anche per la combustione dei «temibilissimi Pfas». Questi timori peraltro sono contenuti in una nota resa pubblica stamani.

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