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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Sossano

"Liberi di volare", vasta operazione dell'Enpa: denunciati tre cacciatori e un allevatore

L'intervento delle guardie zoofile ha portato alla scoperta di una serie di situazioni limite in tema di detenzione di animali e utilizzo di "dispositivi" come il collare elettrico

In un paio di mesi le Guardie zoofile dell’ Enpa. in abbinamento ad altre forze di Polizia, hanno sequestrato centinaia di uccelli da richiamo tra Vicenza, Verona e Treviso; tutti gli animali erano detenuti a vita in gabbiette talmente piccole da non potere nemmeno aprire le ali.

"La negazione del volo non era solo una delle brutalità inflitte loro - sottolinea Enpa in una nota - sono state infatti certificate le torture a cui veivano sottoposti, dalla detenzione al buio allo spennamento a vivo nei mesi estivi per sfalsargli il ciclo biologico e farli cantare in autunno, alla mancanza totale di cure veterinarie, alla detenzioni in luoghi sporchi e a vivere in mezzo agli escrementi".

Sono stati sequestrati tutti gli uccelli da richiamo e denunciati a vario titolo per detenzione in condizioni incompatibili con la propria natura, maltrattamento di animali, falsificazione o mancanza di sigilli e violazione delle leggi che tutelano la fauna selvatica, tre cacciatori vicentini, un allevatore vicentino, un cacciatore veronese, un cittadino trevigiano; le attività sono state svolte in via prioritaria su mandato della Procura della Repubblica competente. 

Per quanto riguarda il territorio Vicentino, il primo caso segnalto è avvenuto a Sossano. Era la fine di maggio quando su segnalazione riguardante dei cani da caccia scomparsi, gli agenti Zoofili dell’ Enpa si recavano al domicilio di un cacciatore ultraottantenne, riscontrando sul posto che l’uomo deteneva in un piccolo locale oltre una ventina di uccelli destinati ad essere utilizzati come richiami per la caccia, le condizioni di detenzione non si potevano certo definire idonee, le gabbiette, la stanza e gli stessi uccelli erano estremamente sporchi, sedici su 22 sono risultati poi feriti, ciechi o mutilati, due di loro erano privi di anello identificativo obbligatorio per legge. Tutti erano tenuti completamente al buio in una stanza chiusa con l’atmosfera resa irrespirabile per il guano che ricopriva le gabbiette ed il pavimento. Il problema più diffuso era “la rogna delle zampe”, con alcuni esemplari che per questo problema avevano perso le dita delle zampe.

Alcuni avevano le ali consumate e sanguinanti per averle sfregate contro le sbarre della gabbia nel vano tentativo di volare, zampe con tendini lacerati e mai rinsaldati, dita rotte che avevano acquisito una posizione innaturale, formazioni di cuscinetti abnormi nella zampa utilizzata come punto di appoggio, unghie e becchi cresciuti in modo spropositato per non averli potuti impiegare per scavare, camminare, beccare come farebbero in libertà. Elementi che hanno portato al sequestro degli animali e alla denuncia del cacciatore.

2 Fascetta incarnita nella zampa notare il filo metallico all'interno 20200614. (1) (1)-2 8. Richiami al buio in gabbiette piccole e sporche-2

Il secondo caso si riferisce a Isola Vicentina. Erano le nove di mattina del quindici di giugno quando le Guardie zoofile dell’Enpa insieme agli agenti di Polizia locale si presentavano a Isola Vicentina nel domicilio di un cacciatore ottantenne. I quattordici uccelli da richiamo si trovavano in una struttura lignea nelle pertinenze dell’abitazione, detenuti nelle solite gabbiette 25x25x20, non idonee per la stabulazione ma utilizzabili esclusivamente per il trasporto ai luoghi di caccia come da indicazioni I.S.P.R.A., anche in questo caso l’unica finestra era stata schermata per non permettere il passaggio della luce, la misurazione dell’illuminazione con apposito strumento non lasciava dubbi, meno di un lux, notte fonda… "questo - spiega Enpa - significava che per sfalsarli il ciclo biologico questi uccelli sono stati tenuti per oltre tre mesi nel buio più completo". 

La visita veterinaria ha segnalato malattie come “la rogna delle zampe” dovuta alla detenzione in quelle condizioni, dove agli uccelli non è permesso un minimo di pulizia mancando totalmente l’acqua, i parassiti si incuneano sotto la pelle e piano piano distruggono l’arto fino alla paralisi dello stesso e alla morte del richiamo. 

7. Quaglie detenute in cestini-2 1 Escrescenza tumorale ad una zampa 135019-2

Quindi è toccato a Sarego. Le guardie zoofile erano state raggiunte dalla segnalazione di un tasso investito. Nella ricerca dell'animale, le guardie si sono imbattute in un allevamento di cani da caccia, un capannoncino mimetizzato in mezzo al verde di un boschetto; la struttura era foderata da decine di coppe e trofei probabilmente guadagnati dall’allevatore nelle esibizioni dei cani.  Il controllo sullo stato degli animali effettuato assieme all’allevatore che ha collaborato pienamente ha dato un esito sinistro: nonostante tutti i trofei vinti e le dichiarazioni d’amore espletate dallo stesso nei confronti dei suoi breton, due di loro portavano il collare elettrico funzionante… il maltrattatore si sarebbe giustificato nel modo più semplice dichiarando: "ma se li vendono come è possibile che siano vietati? E ancora, io li metto solo per abituarli..."

L’inconfondibile canto delle quaglie prigioniere ha poi attirato le guardie, che hanno trovato a una quindicina di metri dal capannone gli uccelli detenuti nei classici “fiaschi”, una gabbia di 19 centimetri per 20 circa che permette al povero animale solo di girare su se stesso e di fare dei piccoli saltini. Basti pensare che per il poco spazio a disposizione il cibo viene buttato sotto i piedi dell’animale che così è costretto a mangiare in mezzo ai suoi escrementi. Lo stesso beverino per l’acqua è posizionato all’esterno del “fiasco”, in quanto non ci sarebbe lo spazio all’interno e la quaglia per bere deve allungare il collo e farlo passare tra le sbarre per infilare la testa nel bicchiere.

Alla fine sono stati sequestrati i due collari elettrici e le quaglie detenute nei fiaschetti, nei confronti dell’allevatore sessantanovenne di Sarego è scattata la denuncia per detezionene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze e della legge sulla protezione della fauna selvatica che prevede l’inanellamento degli uccelli. I sequestri sono stati convalidati dal pm Pinna, sia il lavoro sui collari elettrici che sugli uccelli detenuti nei tristemente famosi fiaschi, da qui le quaglie sono state liberate in una grande voliera messa a disposizione da Enpa.

Infine, Colceresa. Un cittadino segnalava la detenzione di uccelli da richiamo detenuti in un piccolo sgabuzzino con la porta metallica chiusa e sigillata con un telo di nylon per non fare passare la luce. Il 18 di agosto le guardie zoofile dell’Enpa si sono quindi presentate al domicilio assieme ad ufficiali e agenti della Polizia provinciale  e nello sgabuzzino senza finestre sono stati trovati gli uccelli utilizzati come richiami vivi detenuti nelle solite gabbiette dove non possono nemmeno aprire le ali, 28 animali: tordi bottacci, tordi sasselli, merli e cesene. 

Uno di questi, un tordo bottaccio era morto, gli altri tutti completamente senza penne, nessuna remigante, nessuna timoniera, più che uccelli sembravano dei piccoli pinguini, il veterinario certificherà se è fondato quanto ipotizzato dalle Guardie, ai 28 richiami è stato praticato “lo spennamento a vivo” una pratica ancora diffusa tra i cacciatori più anziani, serve ad aiutare a sfalsare il ciclo biologico degli uccelli e farli cantare in autunno, una pratica barbara che come descritto dai veterinari del settore produce una sofferenza atroce ai malcapitati.

Alla verifica veterinaria due uccelli sono risultati con l’anello contraffatto e/o assente, mentre una decina soffrivano da tempo della “rogna delle zampe” altri sono risultati feriti o con le ossa delle ali consumate dal continuo sfregamento nelle sbarre delle gabbie nel tentativo di volo. Gli uccelli sono stati dunque sequestrati.

“Nell’operazione “liberi di volare” - ha dichiarato Renzo Rizzi, ispettore regionale delle guardie zoofile Enpa - prima di muoverci abbiamo lavorato molto sulla documentazione da presentare alle Procure, doveva essere completa e inattaccabile, poi constatare che lo Stato c’è ed è pronto a perseguire i reati in quanto tali indipendentemente dalla loro natura è una cosa estremamente positiva. Non è facile comprendere perché una persona maltratti i suoi animali, probabilmente perché tenerli sacrificati in questo modo è una tradizione ultra centenaria ( si è sempre fatto così...) , Questi uccelli che vivono nella sua casa per tutta tutta la loro vita, che li usa per il suo diletto, presumo che il cacciatore li veda solo come delle cose inanimate da usare quando servono". 

"Diversamente - precisa - non si spiegherebbe anche quanto emerge dai sequestri, perché non pensi minimamente al loro benessere, a causa della detenzione hanno sviluppano svariate malattie che non sono mai state curate, nessuno di questi invisibili è mai stato controllato da un veterinario .. probabilmente perché non si usa farlo.. oppure molto più semplicemente perché il costo della visita e delle cure supererebbe il valore del richiamo, per cui il cacciatore decide di farlo andare avanti finché sopravvive poi si prende un nuovo soggetto". 

"E ancora - continua Rizzi - perché non metterli in voliera almeno nei mesi dove non si pratica la caccia, questo consentirebbe agli uccelli un minimo di vita decente, avere un po' d’acqua a disposizione per un bagno, la possibilità di volare… questi animali nati per viveri liberi, nel loro DNA ci sono decine di migliaia di chilometri da percorrere in volo per adempiere alle grandi migrazioni da nord a sud dell’Europa, in una sentenza memorabile un giudice della Corte di Cassazione ha scritto: “alla luce del notorio nulla più dell’assoluta impossibilità del volo è incompatibile con la natura degli degli uccelli”. 

"Quello che lascia sconcertati - conclude - è la mancanza di informazione o le informazioni fuorvianti che vengono fornite delle associazioni venatorie, in quanto in questi casi, le persone asserivano di non sapere che questi comportamenti fossero vietati e di non avere avuto avuto nessuna indicazione in questo campo".

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