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Cronaca Brendola

Sette testimoni eccellenti dribblano il processo Montisci

Il brendolano Domenico Mantoan, già direttore generale della Sanità veneta, assieme ad altre sei figure di spicco dell'università delle istituzioni e degli apparati, non finirà alla sbarra per delineare i contorni dello scenario che ruota attorno a una «misteriosa cena alto di gamma» che sarebbe stata organizzata in un noto locale della movida della città del Santo: lo ha stabilito il giudice padovano Fino escludendo dal dibattimento alcuni messaggi WhatsApp nei quali si faceva riferimento appunto ad un paio di incontri conviviali

Il brendolano Domenico Mantoan, già direttore generale della sanità del Veneto, avrebbe potuto essere uno dei testimoni chiave del processo in corso a Padova a carico di Massimo Montisci, uno dei volti più noti della medicina legale della città del Santo. Tuttavia con una decisione maturata durante l'udienza di ieri 21 novembre il giudice Mariella Fino, ha stabilito di lasciare fuori dal procedimento un paio di messaggi WhatsApp che avrebbero comportato con ogni probabilità la conseguenza della presenza di una sfilza di testimoni eccellenti in aula: testi che stando così le cose non sfileranno più in aula. Grazie ad uno di questi messaggini captati in sede di indagine infatti sarebbe stata programmata una cena al Q-bar, uno dei locali più in voga fra quelli della movida cittadina. Il pubblico ministero Sergio Dini aveva portato all'attenzione delle parti quei messaggi telefonici non solo per dare più corpo al suo impianto accusatorio, ma pure per mostrare un rapporto di grande vicinanza tra alcuni commensali o presunti tali: ovvero tra Mantoan e Montisci. Quest'ultimo infatti è imputato perché avrebbe depistato le indagini sulla morte di Cesare Tiveron, uno scooterista di 72enne del luogo che il 13 settembre del 2016 perse la vita un istante prima o un istante dopo (questo è il cuore della querelle in corso: ne parla diffusamente Ivan Grozny Compasso su Padovaoggi.it) la collisione con l'auto di servizio della Regione Veneto condotta da Giorgio Angelo Faccini, per l'appunto l'autista di Mantoan. Quest'ultimo, cui non è stato mosso alcun addebito penale, in quella occasione si trovava a bordo della vettura come passeggero.

IL PREAMBOLO
Ad ogni buon conto quando ai primi del mese la stampa regionale (Il Gazzettino e Il Mattino di Padova in primis) diede conto di quanto uscito durante l'udienza del processo Montisci il 4 novembre, pur senza sussulti evidenti, la politica del Nordest era andata in fibrillazione. A palazzo Ferro Fini infatti da giorni si parla di una «misteriosa cena alto di gamma». Il motivo? Stando ad uno dei due messaggi, datato al marzo 2018, un medico padovano avrebbe proposto a Montisci di partecipare ad una cena al Q-bar di vicolo dei Dotto in pieno centro a Padova.

I NOMI
E oltre alle circostanze sono i nomi degli invitati, snocciolati a dibattimento il 4 novembre dall'avvocato di Montisci Emanuele Fragasso, ad aver solleticato la curiosità della politica regionale. Ma quali sono questi nomi? Tra gli invitati ci sarebbe stato appunto Mantoan. L'elenco prosegue con Bruno Cherchi, attuale procuratore capo a Venezia. Poi figurano Luciano Flor oggi direttore generale della Sanità veneta e all'epoca direttore generale dell'ospedale della città del Santo (Mantoan infatti nel frattempo è divenuto direttore generale di Agenas, ossia l'agenzia nazionale che coordina le sanità regionali). In quell'elenco compulsato da Fragasso figurano poi Ivano Maccani (già comandante provinciale della Guardia di finanza di Padova e oggi comandante della GdF dell'Emilia Romagna), Gavino Putzu, già comandante delle Fiamme gialle del Padovano e oggi comandante della Gdf della provincia di Roma, nonché Gino Gerosa, (docente all'Università di Padova come Montisci) e cardiochirurgo di fama internazionale.

IL CONTESTO
In questo contesto peraltro è emerso che in un altro messaggio WhatsApp (la piattaforma più diffusa al mondo) che risalirebbe sempre al 2018 una persona avrebbe contattato Montisci chiedendogli di organizzare una cena con Mantoan. Siccome Montisci nega fieramente di essere amico di Mantoan come nega di aver mai tenuto condotte poco commendevoli per assecondare quello che per un periodo è stato de facto un suo superiore, Fragasso, avvocato del medico legale (co-imputato assieme a Giacomo Miazzo per depistaggio e frode processuale in relazione alle indagini seguite alla morte di Tiveron) avrebbe voluto sentire quella sfilza di nomi eccellenti in qualità di testimoni anche per capire chi fosse andato effettivamente a quella cena.

SERVIZI SEGRETI
Epperò fra gli invitati ci sarebbe stato pure Massimo Stellato, il capocentro per il Triveneto dell'Aisi, ossia i servizi segreti interni. Stellato peraltro era assurto alle cronache regionali quando all'inizio del 2022, per una traversia ben diversa, venne indagato con l'accusa d'avere spifferato proprio a Mantoan (il quale non risulterebbe indagato) di essere intercettato dalla procura di Padova che stava indagando per un'altra vicenda di mala gestio in seno alla sanità veneta. L'inchiesta, inizialmente radicata a Padova, è ora in carico alla procura di Vicenza perché a Vicenza sarebbe avvenuto il primo abboccamento dimostrabile tra Mantoan e Stellato. I cascami di quella vicenda, completamente sparita dai radar dell'informazione peraltro, nel marzo di quest'anno sarebbero giunti sino al Copasir: ossia l'orgismo parlamentare bicamerale che sovrintende il funzionamento della intelligence italiana.

LA SCELTA DEL MAGISTRATO
Ad ogni modo quei messaggi WhatsApp, in una con tutti gli annessi e i connessi, cene vere o presunte incluse, staranno ben alla larga dal processo perché quelle comunicazioni e i momenti conviviali che ne sarebbero seguiti sono collocati circa due anni più tardi dalla fatidica data del 13 settembre 2016 quando il pensionato Tiveron perse la vita. Ed è questa distanza nel tempo che avrebbe convinto il giudice Fino appunto a lasciare da parte quelle circostanze richiamate dal pubblico ministero Dini. Per quell'incidente per vero l'autista di Mantoan, ossia Faccini, ha già patteggiato una condanna ad un anno e due mesi per omicidio colposo. E che però in aula la tensione la si tagliasse col coltello lo si era capito sin da subito: ma soprattutto lo si è capito quando Fragasso, con una condotta irrituale dal sapore americaneggiante, aveva chiesto al giudice di permettere ai due consulenti della difesa ascoltati ieri di giurare di dire la verità (opzione «non prevista nel nostro ordinamento» secondo il giudice) nell'ambito di un dibattimento dal quale in futuro sarà molto difficile evincere se quegli incontri tra alcuni notabili, almeno sette, di altissimo livello siano effettivamente avvenuti e con quali finalità ultime.

RIPRESE OSCURATE
Di più sempre la giudice Fino per l'udienza di ieri aveva proibito ai giornalisti di effettuare fotografie, audio-registarzioni e video-registrazioni. Le motivazioni alla base di una scelta del genere sono contenute in un provvedimento che porta la data del 16 novembre 2022, che non è di facile comprensione. E che ha portato il Sindacato dei giornalisti del Veneto a chiedere spiegazioni al Tribunale di Padova.

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