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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Schio

Laboratorio cinese aperto e chiuso per 17 volte, scoperta frode da 5 milioni di euro

L'operazione delle guardia di finanza ha permesso di portare a galla un sistema di truffa all'Erario. Otto le imprese committente segnalate per evasione contributiva

Negli scorsi giorni i Finanzieri del Comando provinciale di Vicenza hanno eseguito il sequestro preventivo di 656mila euro nei confronti di otto persone fisiche riconducibili a un nucleo familiare di origini cinesi.

L’attività di polizia economico finanziaria, originata da un accesso notturno presso il laboratorio tessile con annesso appartamento dormitorio, poi sviluppata nell’ambito dell’operazione “Re-Itinera”, ha consentito, tra l’altro di segnalare 16 persone fisiche che si sono succedute nella gestione “apri e chiudi” per ben 17 volte in un laboratorio tessile  di Schio.

I reati contestati sono di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, omessa dichiarazione ed emissione di fatture per operazioni inesistente. L'indagine ha permesso di ricostruire l’esistenza di «appalto di fatto» tra ditte tessili collegate al laboratorio cinese e imprese committenti italiane e di segnalare 4 studi commercialisti, per inosservanza delle norme sull’adeguata verifica della clientela e sulla trasmissione di segnalazioni delle operazioni sospette ai fini della disciplina anti-riciclaggio.

Richiesta ed ottenuta la cessazione d’ufficio della partita Iva rispettivamente di 6 imprese individuali di nazionalità cinese ancora attive e collegate al contesto investigativo.

Nelle scorse settimane i Finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno eseguito il sequestro preventivo per equivalente di beni fino a concorrenza di oltre 650.000 euro nei confronti di otto persone fisiche di nazionalità Cinese.

Le indagini sono partite nel 2019, dall’avvio di un controllo in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eseguito, in orari notturni e congiuntamente all’Ispettorato territoriale del Lavoro di Vicenza, nei confronti di un’impresa individuale con sede operativa a Schio ed attiva nel settore economico delle confezioni di abbigliamento, riconducibile ad un titolare originario della Repubblica Popolare Cinese.

Complessivamente le ditte hanno accumulato un debito nei confronti dell’Erario (scaturito da attività di accertamento eseguite dall’Agenzia delle Entrate o dall’I.N.P.S. di Vicenza) ed iscritto a ruolo per circa 5 milioni di euro, comprensivo di imposte evase, sanzioni ed interessi passivi di mora maturati sino ad oggi. Tutte le cartelle esattoriali sono in toto non onorate e non è mai stata avanzata alcuna istanza di rateizzazione.

In sintesi, una commistione totale tra i soggetti giuridici, solo cartolarmente terzi, da un punto di vista di amministrazione, lavoratori dipendenti, sede, contratti stipulati e controparti commerciali. Alla luce di ciò, la vorticosa apertura di partite I.V.A. insistenti presso il medesimo indirizzo e formalmente intestate a soggetti diversi, ha avuto come unico obiettivo quello di rendere inefficaci le numerose procedure di riscossione coattiva (pari al numero delle ditte) instaurate dall’Amministrazione finanziaria.

L’imprenditore, il quale nel 2019 ha trasferito il centro dei propri interessi in provincia di Varese, consegnando la gestione delle imprese scledensi al fratello, ha avuto il completo controllo di tutte le partite I.V.A., tanto da utilizzarle sovente, dopo la cessazione dell’operatività commerciale, per emettere fatture per operazioni inesistenti a beneficio delle ditte subentranti o di società operanti nel varesotto, permettendo a queste ultime di finanziare con l’evasione fiscale le nuove iniziative imprenditoriali.

Gli accertamenti hanno permesso di individuare sette persone fisiche: la moglie del domius, due figlie e quattro soggetti prestanome di nazionalità Cinese residenti tra il Veneto e la provincia di Varese.

Lo studio di consulenza contabile di riferimento delle ditte tessili, con sede in Emilia Romagna, è stato segnalato ai Reparti territorialmente competenti del Corpo per l’eventuale inosservanza delle disposizioni relative all’obbligo di adeguata verifica della clientela e di segnalazione delle operazioni sospette, di cui alla normativa antiriciclaggio.

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