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Cronaca

Collare antiabbaio al cane, negato il rinnovo della licenza a un cacciatore

«Chi maltratta gli animali non merita la licenza di caccia». Questo in sintesi quanto decretato dalla questura di Vicenza nei confronti di un cacciatore che aveva maltrattato il suo cane mettendogli il dispositivo che manda scosse elettriche  

Che cos’è il collare elettrico antiabbaio? Si tratta di  uno strumento, inizialmente usato negli anni ’70 per addrestrare i cani da caccia, che per la legge può configurare l’ipotesi di maltrattamento di animali, sanzionata dall’articolo 544 del codice penale. In sostanza il collare viene applicato al collo del cane e con un telecomando si possono inviare delle scosse elettriche di varie intensità. Lo scorso dicembre la questura di Vicenza ha decretato il diniego al rinnovo della licenza di caccia a  una “doppietta” che aveva appunto messo il dispositivo al collo del suo cane.

Il documento, firmato dal questore e suddiviso in 17 punti è chiarissimo e non lascia spazio ad interpretazioni diverse, la linea della questura rispecchia quella della procura ma aggiunge per la sua parte il fatto che al cittadino a cui viene concesso il privilegio di andare a caccia deve rispettare tutte le leggi ma deve essere anche persona affidabile su tutti i punti di vista. «Tenuto presente che la caccia è un’attività ludica con la conseguenza che chi la esercita deve essere una persona affidabile, attenta a selezionare i capi da abbattere ed assumere tutti i possibili accorgimenti onde evitare inutili sofferenze all’avifauna mentre di contro il soggetto ha dimostrato di disattendere questa prerogativa maltrattando il suo cane da caccia», si legge nel documento del questore, che continua: «Rilevato che il giudizio di non affidabilità non deve necessariamente basarsi solo nell’accertamento di condanne penali o sulla mancanza dei requisiti psicofisici da un punto di vista sanitario, ma può essere anche di carattere prognostico e indiziario, fondato sulla complessiva condotta di vita tenuta dall’interessato e non richiede un grado di accertamento equivalente a quello svolto in sede penale».

Quanto disposto dalla questura di Vicenza ricalca un altro diniego emesso dalla stessa nel 2018 nei confronti di un giovane che nell’estate 2016 aveva ucciso a calci un cucciolo di capriolo a Romano d’Ezzelino; in quel caso l’animale si trovava a bordo strada ferito alle zampe anteriori, incapace di fuggire è stato aggredito dal ragazzo che voleva dimostrare al suo gruppo di amici “come si finisce un animale ferito”.

Renzo Rizzi Ispettore Guardie E.N.P.A. plaude alle disposizioni della questura aggiungendo: «Il documento redatto va inquadrato in un atto dovuto ma non è certo la classica “letterina” è un lavoro fatto in profondità, un’indagine che ha verificato tutto il perimetro e tutte le angolature, in pratica una vera pietra miliare. Importante quando ricorda che la caccia è un’attività ludica, e ancora assumere tutti i possibili accorgimenti onde evitare inutili sofferenze all’avifauna».

All’Enpa arrivano però continue segnalazioni in capo a cacciatori da capanno che lasciano per ore gli uccelli a terra feriti con l’abitudine di andarli a recuperare a fine giornata e solo in quel frangente ucciderli. Altra abitudine che viene segnalata è quella dei cacciatori di lepri, quando il selvatico ferito dalle fucilate cede e i cani gli arrivano addosso, anziché fermarli e abbatterlo permettono ai cani di prenderlo, strattonarlo e ucciderlo a morsi.

Sono questi entrambi comportamenti da codice penale, in quanto al cacciatore è permesso di abbattere l’animale ma certamente non di maltrattarlo o provocargli inutili sofferenze. «Sui collari elettrici, speriamo che questa ultima sferzata della questura contro i maltrattatori di animali, dia una svolta a quest’altra barbara pratica, solo in queste ultime settimane come Nucleo di Vicenza abbiamo sequestrato altri tre collari elettrici antiabbaio al collo di altrettanti cani da caccia di razza setter inglese»

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