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Cronaca Borgo Berga / Borgo Berga

Borgo Berga, la protesta dei residenti: «Noi sempre sott'acqua e a loro nessuna sanzione»

Comitati e abitanti contestano al decisione del Gip di dissequestrare uno dei lotti coinvolti nell’inchiesta sulla cittadella giudiziaria: temono allagamenti. Parole dure anche per il costruttore

Erano le 11,30 stamani quando i residenti di via Leoni, una delle strade attigue alla cittadella giudiziaria di borgo Berga, si sono presentati sotto il tribunale di Vicenza. I residenti, supportati da altre associazioni ambientaliste, semplici cittadini, professionisti, un paio di docenti universitari, un paio di attivisti del M5S e pure un consigliere comunale (Ciro Asproso di Coalizione civica per Vicenza) hanno protestato contro il rischio di allagamento cui la proprio quella strada sarebbe sottoposta in ragione dei lavori di completamento di alcuni lotti della stessa cittadella giudiziaria (che comprende edilizia terziaria e residenziale), la quale tra mille polemiche è in via di completamento.

L’ANTEFATTO

L’antefatto di tutta la vicenda è la annosa querelle urbanistica dell’ex sito del cotonificio Rossi. Una storia infinita che si dipana dall’inizio degli anni Duemila con tanto di risvolti penali tra cui indagini ancora in corso, avvisi di garanzia, sequestri, dissequestri e critiche al curaro pure alla magistratura: accusata più volte di non essere stata sufficientemente incisiva. Sull’area, oggetto di un contenzioso non solo penale ma pure politico-amministrativo sono stati spesi fiumi d’inchiostro. Nonostante ciò la polemica non si placa.

LE BORDATE

Il dissequestro di un lotto (il cosiddetto lotto E) la cui costruzione non è ancora iniziata, almeno a giudizio dei residenti pone una  gravissima incognita sul futuro delle abitazioni del luogo. Chi ci abita teme che se, come da progetto, fossero ultimate «tutte le palazzine previste, palazzine da cinque piani cadauna, quelle edificazioni in caso di piogge abbondanti» potrebbero costituire una sorta di tappo che non facendo defluire l’acqua, la indirizzerebbe proprio addosso alle abitazioni già esistenti. «Negli anni - racconta uno dei proprietari, ovvero Luciano De Santi - siamo finiti sott’acqua già tre volte. Che cosa succederebbe se ce ne fosse una quarta con esisti ancor più devastanti? Dobbiamo organizzare in proprio un corso di nuoto? È l’unica cosa che ci rimane da fare?». Questo il giudizio distillato da uno dei volti storici del quartiere mentre alle sue spalle partivano critiche a tambur battente nei confronti del comune, del lottizzante, ovvero la Sviluppo cotorossi, una spa riferibile ai gruppi Gavio e Maltauro, ma pure della magistratura berica.

IL J’ACCUSE

Tuttavia per comprendere il peso degli addebiti lanciati durante la manifestazione di stamani (in foto), protesta che alla fine ha raccolto un centinaio di persone, occorre leggere il volantino diffuso dai residenti. Un foglio di una sola facciata nel quale senza mezzi termini si sottolinea che il giudice delle indagini preliminari, ovvero il gip, «con il dissequestro dell’ultimo lotto libero, ha dato il via libera alla costruzione di dodici grandi condomini alti fino a 18 metri che andranno ad aggravare» quello che l’Unesco ha definito, in riferimento al complesso edilizio di Borgo Berga, un «grave danno alla Proprietà del patrimonio dell’umanità».

Poi c’è uno dei passaggi più duri che mette in discussione, quanto meno sul piano storico, il senso dell’intero procedimento penale per come lo si è conosciuto sino ad oggi: «La lottizzazione di Borgo Berga  comprende  anche il nuovo Palazzo di Giustizia  e questo pone un evidente conflitto di interessi... Può la magistratura vicentina  giudicare in modo obiettivo sulla legittimità  della propria “casa”? Ricordiamo che secondo la procura il tribunale risulta costruito in fascia di rispetto idraulico, data la vicinanza al fiume Retrone,  come ammette  lo stesso  Tribunale del riesame». Poco dopo si citano testualmente le parole delle toghe che risalgono al 2017: «Nell’ambito del piano urbanistico, noto come Piruea Borgo Berga, compreso l’edificio adibito al Tribunale, la  violazione delle distanze esiste».

ESPOSTO ESPLOSIVO

Il j’accuse cucinato ieri va però collocato in un contesto ancor più esplosivo. Che è quello dell’esposto indirizzato da una quarantina di residenti il 23 luglio 2018 proprio alla procura vicentina. In quel documento si cita la relazione allegata del professor Luigi D’Alpaos, già ordinario di idrodinamica all’università di Padova, che è uno dei luminari del settore dell’intero Paese. «L’innalzamento delle quote arginali a protezione esclusiva dei nuovi edifici comporterebbe secondo il professore D’Alpaos un aggravio del rischio idraulico». Poi le parole dello studioso vengono citate alla lettera. E sono un fiume in piena: «Si tratta di quote che aggravano le condizioni di pericolosità idraulica delle aree prossime alla confluenza, ma esterne all’area di intervento, le quali risultano difese a livelli inferiori e corrono il pericolo, in caso di piena, di trasformarsi in una vera e propria cassa di espansione delle eventuali acque esondate dai fiumi. La soluzione adottata costituisce al più, come si è detto, un artificio mal pensato per estendere fisicamente al limite del possibile verso fiume l’area interessata dall’edificazione, con una configurazione pregiudizievole che non è escluso possa configurarsi come causa di procurata alluvione a danno delle aree più prossime».

LA DIFESA DI SVILUPPO COTOROSSI

In realtà la Sviluppo cotorossi ha da tempo imbastito la sua difesa. Ritiene da sempre di avere agito correttamente e ritiene che la propria iniziativa «sia scevra di ogni illegalità». Così almeno si è espresso l’amministratore delegato della spa Paolo Dosa  sulle colonne di Vvox.it non più tardi del 6 ottobre. Sempre in quella occasione Dosa aveva parlato delle violazioni evidenziate dal Tribunale del riesame spiegando che per quanto alla «ipotetica violazione di regolamento, citata come argomento dal Tribunale del riesame, è un tema amministrativo, che verrà eventualmente valutato in tale sede». Lo stesso manager poi aveva espresso un parere poco lusinghiero nei confronti del lavoro di D’Alpaos. Sul rapporto con la città, si legge sempre su Vvox.it, Dosa affronta anzitutto quello con i cittadini residenti che a luglio, in un esposto corredato da una relazione dell’esperto Luigi D’Alpaos, segnalavano la mancanza di una valutazione di compatibilità idraulica nel Piruea sul lotto E, e di un invaso per compensare l’impermeabilizzazione del suolo: «Non è il Piruea, ma il permesso di costruire ad esigere la compatibilità idraulica. Chissà che disegni ha guardato D’Alpaos, che ha fatto un esercizio pleonastico».

LA CONTROFFENSIVA

In realtà i manifestanti ieri a più riprese hanno eccepito punto su punto le argomentazioni dell’amministratore delegato anche con una punta di sarcasmo. Anzitutto contestano che le violazioni di cui parla il Tribunale del riesame siano violazioni di norme nazionali e non di altra disciplina sotto-ordinata. E per corroborare questa affermazione citano gli atti ufficiali della Regione Veneto in una con una serie di rimandi alle norme nazionali. Il ragionamento è tutto in punta di diritto: la delibera regionale 3637 del 2002 è in applicazione della legge 267 del 1998. Di più l’articolo 18 della legge regionale del Veneto numero 12 dell’8 maggio 2004 nel confermare l’obbligo della «valutazione di compatibilità idraulica» rilevava che «I consorzi di bonifica, ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 152 del 2006, partecipano all’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo mediante... concorso alla formulazione della valutazione vincolante di compatibilità idraulica sugli strumenti urbanistici comunali e relative varianti di cui alla legge regionale 13 aprile 2004, numero 11». Detto in soldoni, la pretesa di chicchessia di estromettere le contestazioni del Tribunale del riesame dalla sfera penale per ricondurle a quella amministrativa è priva di ogni fondamento giuridico.

LA RASOIATA

Il che suona tra l’altro come una rasoiata anche ad alcuni pronunciamenti del giudice per le indagini preliminari. «Il Gip Massimo Gerace - fanno sapere i manifestanti - ha ordinato il dissequestro del lotto E perché la mancanza della valutazione di compatibilità idraulica, normata da delibere di giunta regionale, come la delibera di giunta 3637 del 2002 e successive modificazioni, comporterebbe una violazione di regolamento e non di legge. Verrebbe quindi a mancare il presupposto per reato di lottizzazione abusiva che è l’accusa che pesa di più per il lottizzante. Di parere diverso fu però il Tribunale del riesame che nel 2015 con l’ordinanza di sequestro del lotto E, dichiarava ben altre cose».

La citazione della ordinanza è d’obbligo: «L’omessa valutazione del rischio idraulico, imposta normativamente, configura pertanto l’illegittimità del piano urbanistico in variante nel 2009 con conseguente illegittimità della lottizzazione in corso». Il motivo? Il Riesame parla ancora chiaro: «La giurisprudenza di legittimità... Cassazione, sezione terza, 19732/2007 numero 1894/2007... ha precisato che il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo».

Almeno questo era l’orientamento con cui i giudici nel 2015 respingevano la contestazione del privato circa la insussistenza del reato di lottizzazione abusiva. Che cosa sia successo nel frattempo lo potrà dire, forse, il proseguo del procedimento. Il quale per giunta non è ancora giunto alla fase del dibattimento. Ed è in questa chiave che l’ultima frase del volantino circolato ieri durante il sit-in la dice lunga sulla fiducia dei residenti nei confronti della giustizia e delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni: «Ma in tal caso, perché nessuno ha provveduto ad adottare i conseguenti provvedimenti sanzionatori

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