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Cronaca

Assalti ai bancomat con l'AK47: arrestati due nomadi

Alla banda sono stati attribuiti sette assalti bancomat, tra i quali quello di Breganze, fatto la notte del 13 gennaio, poco prima di quello avvenuto in provincia di Treviso, in cui, nella fuga, persero la vita due banditi

Due provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti dai carabinieri del Reparto operativo di Vicenza per sette assalti al bancomat nei confronti di altrettanti giostrai, inseriti nella banda che il 13 gennaio scorso, dopo aver preso di mira una banca nel Trevigiano, è rimasta coinvolta in un incidente stradale in cui morirono due malviventi 

ASSALTO AL BANCOMAT: IL VIDEO

Nell'occasione uno riuscì a fuggire e altri due, J. P., 54 anni, e E. I., 33, vennero arrestati. Ora a questi ultimi i carabinieri hanno notificato un'ulteriore ordinanza di custodia cautelare, emessa dalla magistratura berica, mentre è stato identificato e denunciato anche il quinto membro della banda, anch'esso un giostraio, pluripregiudicato, ora latitante. I 5, un palo armato, un autista, un "esperto in esplosioni" e due operativi per il furto, erano tutti residenti nei campi nomadi del Tevigiano. 

Alla banda sono stati attribuiti sette assalti bancomat, tra i quali quello di Breganze. fatto la notte del 13 gennaio, poco prima di quello avvenuto in provincia di Treviso. In alcuni degli assalti sono stati utilizzati fucili AK 47 per copertura in caso di intervento delle forze dell'ordine. Le auto utilizzate in tutti i colpi sono di grossa cilindara e proventi di furti precendenti. 

Secondo quanto riferito i carabinieri, tra il febbraio 2013 e la notte fatale, la banda, definita come "organizzata in modo paramilitare", avrebbe agito nel vicentino altre 7 volte, a Chiampo, Arzignano, Montebello, Cartigliano, Marano e Lonigo, con un bottino complessivo che dovrebbe aggirarsi sui 300mila euro. Solo il 13 gennaio, erano stati messi a segno tre colpi in rapida sequenza, a Breganze, appunto, Massi, nel Padovano, ed infine a Solagna, dove c'è stata la tragica conclusione. 

Semplice ed ingegnosa la tecnica utilizzata dai banditi, la "marmotta", da cui il nome dell'operazione dei carabinieri: si tratta di una scatoletta in metallo, riempita di polvere esplosiva e ricoperta da una resistenza, cui veniva collegato un cavo e collocato nella fessura del bancomat. Dall'altro lato, c'era un piccolo generatore che, azionato, provocava l'esplosione. 

I tre sono accusati di furto aggravato, detenzione e porto illegale di armi da guerra, detenzione ed uso di materiale esplosivo, ricettazione di auto rubate e danneggamenti alle strutture delle banche colpite. 

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