rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Affaire Miteni, la scoperta di Foresta «planerà sul processo»

L'esito dello studio del luminare padovano potrebbe presto essere segnalato «con una memoria scritta» inviata al giudice che presiede il dibattimento in corso al tribunale della città palladiana: al centro della contesa infatti c'è la maxi contaminazione da derivati del fluoro che ha colpito Padovano, Vicentino e Veronese

«I Pfas, integrandosi nella membrana degli spermatozoi, alterano i meccanismi che regolano la capacità fecondante, sia naturale che in vitro, e possono trasmettersi anche per tre generazioni». È questo in estrema sintesi l'esito di uno studio completato dall'equipe del professor Carlo Foresta dedicato agli effetti negativi sulla salute umana di una famiglia di derivati del fluoro, i Pfas appunto. Il noto scienziato, già ordinario di endocrinologia all'Università di Padova, domani 28 ottobre, illustrerà nell'ambito di un convegno medico iniziato oggi ad Abano Terme nel Padovano il dettaglio del lavoro della sua equipe. E la novità è stata accolta con molto interesse da un pezzo della rete ambientalista veneta anche perché alcuni attivisti, parte civile nel processo alla Miteni, la ditta che con gli scarti di lavorazione dei Pfas avrebbe contaminato il Veneto centrale, sarebbero pronti ad informare della novità il giudice Antonella Crea che presiede il processo stesso. Del quale oggi peraltro si è svolta una nuova udienza avanti al tribunale di Vicenza.

I RICERCATORI
Già due anni fa il gruppo di ricerca dell'università di Padova coordinato da Foresta aveva pubblicato «sul Journal of endocrinological investigation uno studio eseguito su centoventi giovani ventenni nati e residenti nelle zone esposte all'inquinamento da Pfas, dimostrando una significativa alterazione del numero e della motilità degli spermatozoi». Questi risultati, si legge in una nota diramata oggi dallo staff di Foresta, sono stati recentemente confermati «da uno studio danese eseguito su giovani esposti a queste sostanze durante la gravidanza. I ricercatori, in questo caso, hanno raccolto campioni di sangue da oltre mille donne nel primo trimestre di gravidanza  e hanno controllato le caratteristiche dello sperma di oltre ottocento figli di quelle donne a diciotto anni di distanza, dimostrando una relazione lineare tra le concentrazioni di Pfas delle madri e la scarsa motilità e la bassa conta degli spermatozoi». Foresta peraltro ha dato conto di questi rilievi anche ai microfoni di Vicenzatoday.it (oggi all'argomento ha dedicato un lungo approfondimento pure Today.it peraltro).

LA NOVITÀ
Questo è il pregresso. In queste ore per di più è emerso come il Pfoa, uno dei componenti della famiglia dei Pfas, «sia presente anche nel liquido seminale dei giovani esposti, a concentrazioni di circa il 30% di quelle plasmatiche e dimostra la specifica interazione tra queste sostanze chimiche e i fosfolipidi di membrana, principali costituenti della membrana stessa. Questa interazione modifica la fluidità della membrana ed interferisce con recettori e canali presenti sulla stessa, la cui attivazione è fondamentale per lo sviluppo del processo di fertilizzazione». Detto in termini più semplici la presenza dei Pfas negli spermatozoi, sottolinea il professore, può dare seri problemi di infertilità maschile. Gli studi del professor Foresta da mesi e mesi vengono ampiamente citati dagli attivisti della rete ambientalista veneta.

UNA CARAMBOLA TRA BORGO BERGA E IL PIEMONTE
«Appena lo studio sarà disponibile nella sua interezza alcuni di noi lo invieranno formalmente alla giudice Antonella Crea che presiede la Corte d'assise in seno al processo Pfas come allegato ad una memoria scritta: così la scoperta di Foresta planerà sul processo. Ora anche alla luce di questo studio è bene che a Torino i vertici della Regione Piemonte guardino con molta attenzione all'iter autorizzativo che riguarda la Solvay di Alessandria, una fabbrica che dal punto di vista dei Pfas può essere considerata la sorella della Miteni di Trissino. La gente è stanca e preoccupata e chiede che le istituzioni facciano la propria parte. Non è pensabile che la salute sia sacrificata sull'altare della produzione, anche se di mezzo c'è un impiego dei Pfas nell'industria militare». A mezza bocca era questo oggi «il mood» prevalente fatto carambolare a Borgo Berga da un pezzo della galassia ecologista veneta che vede molti attivisti parte civile nel processo peraltro.

LA CHIMICA E L'INDUSTRIA MILITARE
Da anni gli attivisti infatti puntano l'indice proprio sulla pervasività del cosiddetto complesso militare industriale. Un j'accuse che nell'ambiente è tornato a circolare non solo quando a Vicenza è stato proiettato il documentario Chemical bros, ma anche quando proprio la belga Solvay in luglio ha ricevuto il premio quale miglior fornitore nel settore chimico da parte della Lockheed Martin, uno dei colossi dell'industria aeronautica militare e non degli Stati uniti d'America.

GENX E C6O4
Per quanto riguarda il processo poi continua a far discutere il contenuto delle dichiarazioni rese a dibattimento dal dottor Manuel Tagliaferri, il maresciallo dei Carabinieri del Noe che ha condotto buona parte dell'inchiesta del caso Pfas coordinata dalla procura berica. Durante le ultime udienze Tagliaferri si è soffermato anche sui cosiddetti Pfas di seconda generazione (noti come GenX e C6O4). Quello che è emerso, la cosa peraltro era già nota per certi versi, è che ad indagine penale iniziata il Noe, autorizzato dalla magistratura, aveva suggerito agli enti regionali preposti, nella fattispecie ad Arpav, di cercare una  eventuale presenza di Pfas di seconda generazione dispersi nell'ambiente.

LA CHIMERA
Per un lungo tempo la ricerca di queste sostanze rimase una chimera: una circostanza che aggravò la situazione ambientale rispetto ad uno stabilimento che venne poi definito come una sorta di colabrodo. Si tratta di una piega assunta dagli eventi che a più riprese la rete ecologista veneta, per non parlare di Greenpeace, aveva fatto pesare nei confronti di palazzo Balbi e di palazzo Nievo, soprattutto perché gli enti ben sapevano come la fabbrica trattasse quelle sostanze nocive giacché la lavorazione dei Pfas di seconda generazione era appunto stata autorizzata tra il 2014 e il 2015.

ASCOLTA LA TESTIMONIANZA DEL PROFESSOR FORESTA

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Affaire Miteni, la scoperta di Foresta «planerà sul processo»

VicenzaToday è in caricamento