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Maltempo, la strage degli animali: «Presidente fermi la caccia»

La fauna dell'altopiano e delle montagne venete è la vittima meno visibile del disastro ambientale che ha colpito la regione. Un'ecatombe che potrebbe azzerare molte specie. Le associazioni lanciano l'appello a Zaia: "Stop alla stagione venatoria". Ma non tutti sono d'accordo

Gli effetti della tempesta che ha messo in ginocchio le montagne del Veneto sono sotto gli occhi di tutti, documentati da video e foto di cataste di alberi abbattuti. Ma sotto quelle migliaia di tronchi ci sono delle vittime invisibili, rimaste schiacciate dal disastro ambientale. Sono gli animai dei boschi martoriati dal maltempo, dall'Altopiano di Asiago fino all'Alpe di Nevegal.

IL BUSINESS DELLA CACCIA ANCHE SOPRA AL DISASTRO? 

Le condizioni di emergenza e la decimazione degli animali dei boschi hanno portato il presidente della Regione Veneto prima alla sospensione della caccia e della pesca in tutto il Veneto e poi alla revoca dello stesso lasciando in vigore un divieto temporaneo solo nei territori della Provincia di Belluno e nell’area della Provincia di Vicenza al di sopra del limite della Zona Faunistica delle Alpi. Una decisione che ha ricevuto il plauso del consigliere regionale Sergio Berlato: «Una scelta di buonsenso per la quale esprimiamo soddisfazione e sincero apprezzamento al Presidente Luca Zaia». Lo stesso Berlato, quando  Zaia aveva  firmato il decreto di sospensione poco dopo il disastro ambientale, aveva da subito alzato i toni: «Il decreto di Zaia di sospensione della caccia e della pesca in tutta la Regione del Veneto rappresenta un precedente molto pericoloso, venga subito revocato». Insomma, tra i messaggi di solidarietà per un'area messa letteralmente in ginocchio non è sfuggito paradossalmente anche il pensiero ai cacciatori che correvano il rischio di non poter più imbracciare le doppiette.

«ZAIA SOSPENDA L'ATTIVITÀ VENATORIA»

Anche l'Enpa e le associazioni ambientaliste hanno manifestato la loro solidarietà chiedendo però a Zaia la chiusura  definitiva della stagione venatoria 2018/2019 in considerazione della straordinarietà dell’evento. «Guardiamo con angoscia alle devastazioni subìte dall’ambiente e dagli ecosistemi così importanti anche sotto il profilo di una economia “della natura”, cara a tanti italiani. Sono nel nostro cuore le immagini di milioni di alberi abbattuti è nel nostro cuore la certezza che quei cimiteri di alberi sono anche cimiteri di fauna e di biodiversità», recita la lettera inviata dalla presidente Carla Rocchi, al presidente della Regione, Luca Zaia.

Gli eventi di fine ottobre hanno lasciato un cumulo di macerie in Veneto. I venti ad oltre 210 chilometri orari, settecento millimetri di pioggia cadute,  centinaia di famiglie evacuate, un black out  lunghissimo sull'Altopiano, 15 milioni di alberi abbattuti e boschi distrutti forse per sempre.

«In questo contesto gli animali selvatici stanno pagando un tributo altissimo, gli allarmi lanciati in questi giorni dagli esperti sono catastrofici, sia per i numeri degli animali uccisi dai loro boschi impazziti, che per la distruzione dell’habitat ,  una vera ecatombe che forse potrebbe mettere la parola fine alla presenza di alcune specie di animali selvatici in quei territori».

sottolinea il presidente del Coordinamento Protezionista Veneto che, sempre a Zaia, chiede di «sospendere la caccia per  sopravvenute particolari condizioni ambientali, cosa che Luca Zaia ha fatto,  ma che proroga di settimana in settimana,  piccoli passi che non danno certezze,  anzi sembrerebbe che il divieto possa essere revocato da un giorno all’altro, personalmente voglio credere che il Presidente sorvolando quelle zone abbia capito la gravità della situazione e non possa ordinare questo ulteriore scempio». 

«UNA QUESTIONE ANCHE DI SICUREZZA»

Rizzi ricorda che che alcune specie come gli ungulati vengono abbattuti dai cacciatori in seguito a dei censimenti nei quali si decide quanti e quali saranno gli animali da uccidere per non minacciare le popolazioni.  «Ma in questa situazione - aggiunge - i censimenti non possono  più ritenersi attendibili è sufficiente questo motivo legale per indurre i presidenti a sospendere i “prelievi”».

E se gli animali rimasti sono allo scoperto, in estrema difficoltà e disorientati «Questi paladini della natura non vedono l'ora di tornare a uccidere come se non fosse successo nulla», chiosa il coordinatore mettendo infine l'accento sul fattore "sicurezza": «Il fatto che le fucilate sparate ad altezza d’uomo con armi che hanno una gittata di oltre tre o quattrocento metri, ora con la notevole diminuzione della fascia boscata  possono essere fonte di  pericoli per i tecnici impegnati al ripristino dei servizi e alla stessa protezione civile».  

 

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