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Valdastico nord KO, concessione Brescia Padova a rischio

Dopo lo stop al prolungamento verso Trento della Pirubi al ministero dei trasporti stanno valutando se rimettere in gara la gestione di una delle tratte più ricche della A4: cronaca di un risiko politico-economico

Ad ogni buon conto l’incognita che aleggia sul progetto ha a che fare proprio con la sentenza. Poiché il progetto è stato azzerato è venuta meno la ragione unica, anzi si tratta di un escamotage con basi giuridiche friabili, in forza della quale la concessione non è stata messa a gara europea. E non è un caso che nel comunicato del ministero seppure in modo sibillino si punti un fanale proprio su questo aspetto: visto che si parla espressamente di un dicastero che è pronto «a valutare una concessione che è già da tempo in regime di proroga». In realtà le indiscrezioni che arrivano da porta Pia sono collimanti. Si vocifera infatti di una direzione degli affari generali nella quale, almeno sui tavoli di alcuni funzionari apicali, sarebbe giunto un carteggio. Un carteggio con valutazioni precise in termini di diritto secondo le quali la concessione va immediatamente rimessa a gara: pena la possibilità di incorrere nelle ire della Ue. La quale per vero in tema di concessioni pubbliche è in passato stata mossa da valutazioni più di opportunità che di diritto, come insegna la vicenda dei porti tedeschi.

INTERESSI INVISIBILI: LA GRANDE FINANZA

E tuttavia in questo contesto non può essere sottaciuta l’influenza pervasiva che i proprietari della Brescia Padova potranno far valere in qualsiasi momento. Basterà ricordare infatti le partecipazioni italiane di Black Rock il fondo di investimenti più grande del globo, noto tra gli addetti ai lavori come «l’azionista universale». In questo senso la materia è già stata sviscerata anche con un approfondimento pubblicato su Alganews.it il 30 maggio 2018. In quel servizio veniva evidenziato che «sarà sufficiente ricordare la partecipazioni di BlackRock nel Belpaese per scoprire quanto potere abbia questa corporation nei confronti del mondo economico italiano e di conseguenza nei confronti della sua società: Enel 8,12%; Atlantia Autostrade-Benetton 7,38%; Snam 8,18%; Stmicroelectronics 6,66%; Tenaris 2,5%. Se poi si sale su su verso la piramide del peso strategico degli investimenti si vede che BlackRock ha un piede in quattro pesi massimi come Banca Fineco 9,38%; Generali 2,59%; Telecom Italia 4,76%; Unicredit 2,92%. E per finire in bellezza la compagnia newyorkese possiede il 2,67% di una società strategica come Eni e il 6,17% di Banca Intesa, il primo istituto di credito italiano, uno dei primi in Europa, di cui la stessa BlackRock è secondo azionista. Ma soprattutto il fondo statunitense è titolare di una parte cospicua del debito pubblico italiano la cui entità... sarebbe segretissima: tanto che la somma esatta è gelosamente custodita da Bankitalia».

LA RAGNATELA DEL CONSORZIO RAETIA

E se non bastasse, per capire quali sono gli appetiti più di casa nostra attorno al progetto, è necessario dare una scorsa ai soci al consorzio cui Brescia Padova si è rivolto per la progettazione della A31 sud. Si tratta del consorzio veronese Raetia che al 17 gennaio 2019 risultava costituito da Technital spa, 3Ti progetti Italia ingegneria integrata spa, Rocksoil spa, Italconsult spa, Prometeo engineering srl, Italtec ingegneria srl, Sintel engineering srl.

Lo stesso consorzio si forma peraltro nove anni fa proprio con lo scopo di partecipare al bando per la progettazione della prosecuzione della A31 nord. Siamo nel 2010 il Veneto vive l’ultima fase dell’egemonia azzurra. L’era dell’ex governatore forzista Giancarlo Galan e dell’ex europarlamentare forzista Lia Sartori. I due in seguito verranno travolti dall’affaire Mose. Il primo patteggerà una pena. La seconda uscirà indenne dal processo, ma con questo finisce comunque la sua carriera politica. E comunque è proprio il Raetia ad aggiudicarsi la progettazione. I nomi di quella compagine sono di primaria importanza. Anche per via di alcune liason politico-economiche.

TECHNITAL E I LEGAMI DEL GRUPPO MAZZI

Technital che fa parte del gruppo romano-scaligero Mazzi, tra le varie, finisce invischiata proprio nell’affaire Mose. Come ricorda l’Espresso del 12 giugno 2014 quando il principale indagato per lo scandalo, si tratta di Piergiorgio Baita, comincia a parlare si aprono le cateratte del cielo ed escono le liason dangereuse con i più alti livelli. Si parla addirittura di Gianni Letta (uomo considerato lungamente dai suoi detrattori l’anello di congiunzione tra ambienti vaticani affini all’Opus dei, pezzi da novanta della finanza vaticana, servizi segreti e un pezzo che conta dell’establishment Usa), per anni uno degli uomini più potenti del Paese: «Io - fa sapere Baita - avevo la sponda a San Marino. E gli altri? Per esempio la Technital del gruppo Mazzi, che ha preso anche la progettazione della Pedemontana lombarda, ha incassato dal Consorzio tra 150 e 200 milioni di euro solo per le opere alle bocche di porto. Mazzi era il tramite fra Mazzacurati e Gianni Letta, era quello che li faceva incontrare a cena a Roma, nella casa dove hanno trovato tre quadri del Canaletto e uno del Tintoretto. E non solo le parcelle Technital non si sono mai potute discutere ma nel 2004, quando siamo entrati nel Cvn comprando dall’Impregilo dei Romiti, Mazzacurati ci ha ordinato di girare una parte delle azioni a Mazzi, in modo da essere su un piano di parità. Se no, non ci faceva entrare».

LA ROCKSOIL E LA FAMIGLIA LUNARDI

La 3ti è nota in Liguria per essere rimasta invischiata nella polemica sul nuovo ospedale Galliera a Genova. La Rocksoil fondata dall’ex ministro dei trasporti Pietro Lunardi, forzista di ferro molto vicino al leader azzurro Silvio Berlusconi. Nel 2016 una maxi inchiesta della procura di Roma sull’alta velocità manda agli arresti ventuno soggetti. Uno di questi è uno dei responsabili di Rocksoil, ovvero Giuseppe Lunardi che per inciso è il figlio dell’ex ministro. Ma nella stessa inchiesta finisce agli arresti anche un altro pezzo da novanta del mondo delle commesse pubbliche. Si tratta di Gian Domenico Monorchio, figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato, il potentissimo Andrea Monorchio. Quest’ultimo abbandonata la giacca del di grand commiss assumerà numerosi incarichi privati, tra cui quello di vicepresidente del cda di Banca popolare di Vicenza, poi travolta dallo scandalo Zonin.

I POTENTISSIMI MONORCHIO

E tuttavia proprio Gian Domenico Monorchio è tra i protagonisti del raggruppamento Raetia. Il che lo si desume, tra le altre, anche da un lungo servizio de Il sole 24 ore del 25 luglio 2017, nel quale si parla della Sintel di Giandomenico Monorchio: una tra le imprese finite nelle maglie della operazione Amalgama «sulle presunte manipolazioni dei subappalti nelle grandi opere italiane».

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