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L'incidente di Costabissara, tra nodi irrisolti e città invivibili

I disagi patiti sulla Ss Pasubio obbligano le autorità a interrogarsi sulla patente rinnovata a un 97enne: ma anche sulle magagne di una urbanistica ostile ai cittadini

Tra i compiti che incombono sui vigili urbani che hanno rilevato l'incidente che ieri a Costabissara ha creato disagi alla Ss Pasubio fino a Vicenza c'è quello di verificare la patente del responsabile del sinistro. Per legge infatti dovranno procedere con una serie di segnalazioni alle autorità competenti perché non è ancora chiaro, al di là delle dinamiche della collisione, su quali presupposti chi era incaricato, abbia rinnovato la patente ad un 97enne. A quell'età il rinnovo della patente avviene su base annuale. Ma è noto che il rinnovo passi per una o più visite mediche il cui rigore, spesso è tutto da verificare. Se si aggiunge il fatto che gli italiani di per sé oltre alla indisciplina e alla ignoranza del codice della strada si segnalano anche per la poca padronanza dei mezzi e per la loro spericolatezza, il mix è servito.

Ad ogni modo come spesso accade gli incidenti stradali sono l'occasione per una riflessione più generale sui comportamenti degli automobilisti. A Vicenza e nel suo hinterland tra gli argomenti più dibattuti c'è la sicurezza dell'attraversamento pedonale che da viale Roma porta alla stazione Fs. Gli automobilisti lamentano che i pedoni si avventino sulle strisce senza prestare attenzione. I pedoni controbattono rimarcando il fatto che le strisce. I sinistri negli anni non sono mancati e con questi ultimi le inevitabili polemiche. I sostenitori dell'automobile ritengono che il continuo passaggio di pedoni rallenti de facto la circolazione in un'area nevralgica per il traffico cittadino e chiedono un semaforo. Più volte si è parlato della necessità di realizzare un sottopasso. Gli utenti della ferrovia, dei bus della Svt e i passanti in genere sostengono invece che gli automobilisti si debbano mettere il cuore in pace e attendere che i pedoni passino perché è il codice della strada che garantisce loro la precedenza sulle strisce. La situazione spesso si risolve quando tocca ai vigili urbani autorizzare o meno il passaggio.

La questione di fondo però è un'altra. In quella porzione di centro città ci sono troppe auto perché nonostante tutto quello rimane (e non dovrebbe esserlo) un quadrante di attraversamento. Detto in modo ancora più semplice in quella zona, come nel resto del capoluogo, di auto ne circolano troppe. Il capoluogo stesso negli ultimi vent'anni non ha mai messo in campo una politica tesa alla riduzione «draconiana» del circolante in linea con quanto accade nei centri del Nordeuropa: ogni volta che qualche passo si è mosso in questa direzione i cosiddetti stakeholder, a partire dall'Aci e più in generale della lobby dell'auto, si sono messi di traverso.

La difesa d'ufficio di questi ultimi è che non ci sono mezzi pubblici all'altezza. La cosa è in parte vera, ma il motivo principale per cui i mezzi pubblici in città non riscuotano successo presso la cittadinanza non sta tanto nello scarso finanziamento a beneficio di questi ultimi, quanto nel fatto che dagli anni '80 in poi è divenuto impossibile creare una rete efficiente. Ci si sarebbe dovuti muovere quarant'anni fa quando il problema del traffico divenne davvero visibile per la prima volta. Tuttavia la speculazione edilizia e l'urbanistica dissennata che hanno favorito quartieri dormitorio e centri commerciali (con una filosofia deleteria made in Usa) hanno di fatto posto le basi ad un problema irrisolvibile, bloccando ogni spazio utile per una rete di mobilità pubblica degna di questo nome. Un cul de sac che amministratori poco lungimiranti o in malafede credono di potere risolvere con altre infrastrutture stradali, compresa la bretella che connetterà la viabilità del capoluogo proprio alla Ss46. Lo scatolame edilizio (che con l'architettura non ha nulla a che fare) che ha riempito Vicenza nell'ultimo mezzo secolo ha dato vita ad aree urbane di fatto non integrate rispetto alle quali l'unica possibilità di mobilità rimane quella privata: due o quattro ruote che siano. Il che è un paradosso perché la città con la sua densità dovrebbe essere per antonomasia il luogo in cui la mobilità automobilistica è bandita.

Ebbene, la cifra di questo impazzimento la si è potuta misurare quando alcuni mesi fa quasi dal nulla si è scatenata la polemica sulle multe, più presunte che vere peraltro, che i vigili avrebbero dovuto affibbiare ai pedoni che attraversando liberamente lo spazio invadevano piazza Castello richiando tra l'altro di essere investiti dai bus di Aim. Ne è nata una querelle che ha coinvolto tutta la città, soprattutto dopo il potenziamento delle transenne vicino alle fermate dei bus, senza che però nessuno mettesse a fuoco una delle questioni principali. Piazza Castello è una piazza. E dovrebbe essere attraversata dai pedoni come avviene in piazza dei Signori. Si ritiene per qualche ragione che i bus debbano attraversare piazza Castello? Bene, ma la precedenza dovrebbe essere dei pedoni (e in qualche misura dei ciclisti), gli autisti dovrebbero attendere che il percorso sia sgombro. In quella circostanza il diritto del pedone (e del visitatore o del turista) di godere di quello spazio non è un diritto comprimibile, mai.

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