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Serve uno «screening» medico sui lavoratori della concia

Lo chiede l'associazione della città castellana «No alla centrale» che in una nota rilancia alcuni spunti di riflessione sulla annosa querelle dello smaltimento dei fanghi

Sarebbe importante procedere con un monitoraggio attento, ossia un screening generale, del lavoratori del comparto pelle nonché della «popolazione» del distretto Agno-Chiampo al fine di valutare la presenza di eventuali «patologie correlate al settore» per fare poi in modo che ci sia «piena informazione e consapevolezza diffusa» sui possibili rischi e sugli interventi in materia di «prevenzione». Lo spiega l'associazione No alla centrale, un coordinamento ecologista di Montecchio Maggiore da tempo attivo sul territorio, con una nota diffusa ieri 19 novembre.

Nella nota redatta dalla associazione presieduta da Nereo Sottoriva si fa poi riferimento ad un altro spunto di riflessione: quella sulla annosa querelle relativa al peso ambientale dello smaltimento dei fanghi conciari. Da una parte c'è la Confindustria berica che punta sull'inceneritore. Dall'altra c'è il fronte ecologista che teme l'ennesimo sfondamento a carico dell'ambiente in un comprensorio già martoriato da anni. L'associazione si colloca pressappòco nel mezzo delle due posizioni. Nel dispaccio infatti si fanno alcune aperture di massima alle richieste degli industriali, le quali non vortono solo in materia di incenerimento, ma soprattutto nei termini di un ripensamento del settore. Si riconosce infatti che «il settore conciario, pur con i miglioramenti attuati negli anni, necessiti di un significativo salto di qualità al fine della sua sostenibilità ambientale, sociale e per la salute pubblica. Un vero e proprio cambio di paradigma produttivo».

Sempre nella nota per di più si prende atto di come le imprese indichino linee di intervento che, almeno sul piano teorico «sembrano andare nella direzione giusta, nel senso che prevedono una serie di azioni a monte del processo produttivo con la finalità di ridurre al minimo sia i reflui», sia le emissioni, sia i fanghi, sia l'utilizzo di acqua, «sia l'uso di sostanze chimiche». Ma il rischio reale è che «resti un puro documento di buoni propositi e che la realtà resti un'altra cosa o addirittura vada in altra direzione».

Appresso nel documento si legge che in qualche modo «potrebbe... ritornare in auge il tema del trattamento termico dei fanghi... come da accordo di Programma con la Regione Veneto del 2017... presentato come impianto necessario appunto a ridurre il volume dei fanghi». Trattamento termico che per vero nello specifico non viene citato nelle conclusioni dello stesso accordo.

Ad ogni buon conto il documento redatto della associazione nel commentare le proposte per superare la querelle nata attorno ai reflui della concia, proposte che arrivano dal mondo della concia, traccia un vero e proprio scenario di prospettiva: «In conclusione, la filosofia di fondo del progetto per rendere il settore sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale, del lavoro e della sua tenuta nel tempo, è esplicitata... con la necessità di agire a monte e in modo organico per ridurre, riciclare ed evitare il più possibile scarichi, emissioni in atmosfera nonché la produzione di fanghi e di rifiuti. Possiamo condividere tale filosofia a condizione che questi non siano solo dei buoni propositi che poi finiscano per coprire scorciatoie, ad esempio di tipo impiantistico, molto meno condivisibili». In realtà sulle problematiche che gravano sul settore in passato si era interessato anche il collettivo Verdugo con due podcast pubblicati sulla piattaforma «Spreaker». Il 27 luglio a dire la sua era stato, tra gli altri proprio Sottoriva. Il 4 agosto dell'anno passato invece a dire la sua, tra i vari ospiti, era stato Diego Zaffari, ossia il sindaco di Montorso.

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