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Giovedì, 25 Aprile 2024
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«Sindacati assenti dai processi Spv»

I confederali non figurano tra le parti civili per la morte di due operai nei cantieri della Superstrada pedemontana veneta. E per questo vengono criticati dal perito dei familiari di una delle vittime. Frattanto per il decesso di Mason la procura chiede il rinvio a giudizio dei presunti responsabili

«Il dibattimento formalizerà la verità su fatti peraltro già noti e individuerà responsabilità». È questo il passaggio saliente di una breve nota diramata ieri 18 febbraio da Bruno Cardini, il perito di parte civile che assiste la vittima di un incidente sul lavoro avvenuto tre anni fa in un cantiere della Spv nel comprensorio di Breganze nell'Est vicentino. Peraltro due giorni fa il procuratore aggiunto berico Orietta Canova aveva chiesto il rinvio a giudizio per le persone ritenute responsabili di omicidio colposo per l'infortunio mortale sul luogo di lavoro che alla fine del gennaio 2019 spezzò la vita del cosentino Gianfranco Caracciolo, operaio presso il cantiere in zona Mason-Colceresa della Superstrada pedemontana veneta (nota appunto come Spv). 

IL PREAMBOLO
Come ricostruisce il Corriere del Veneto di ieri alla base della tragedia sul lavoro ci sarebbero una serie di imprudenze da codice penale. Guanti «usurati e non idonei per luoghi bagnati», una prolunga elettrica «abrasa», quadri elettrici «non idonei» o mancanti, omesse verifiche sugli impianti e più in generale, queste le contestazioni, violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Tanto che ora sono sette le persone per le quali la dottoressa Canova ha chiesto il processo in merito alla morte dell'operaio cosentino, folgorato il 24 gennaio 2019 nel campo base della Superstrada pedemontana veneta a Mason nel Comune di Colceresa nel Vicentino.

Caracciolo, scrive Benedetta Centin giustappunto sul Corveneto, quel giorno si era trovato ad avviare l'impianto per il «misto cementato dopo che la neve del giorno aveva solidificato il materiale». Salito sulla benna della pala piazzata da un collega, arrivato a cinque metri da terra, con guanti «usurati» e un trapano «collegato ad una prolunga elettrica abrasa, in luogo bagnato», Caracciolo veniva colpito da una scarica elettrica, con i salva vita tarati per il distacco della tensione elettrica a 4,5 secondi e non a 30 millisecondi. Ma c'è di più. Nella concitazione l'addetto alla benna azionava involontariamente il macchinario con il collega contro il convogliatore provocandogli dei traumi che hanno portato alla morte per shock emorragico.

I FAMILIARI
Stando al Corveneto alcuni degli indagati, nell'udienza preliminare di giovedì, hanno chiesto di essere ammessi a riti alternativi (che prevedono sconti di pena) condizionati all'audizione dei consulenti e del medico legale. Dall'altra parte i familiari del 37enne cosentino padre di due figli che hanno chiesto di essere ammessi come parte civile. Il loro legale ha ottenuto di citare come responsabili civili, chiamate quindi a risarcire i danni in caso di condanna, la Sis, che effettua i lavori della Pedemontana, la Adinolfi Giovanni srl del Salernitano di cui era dipendente la vittima e la Pagano & Ascolillo spa con sede legale a Roma, ditte queste in subappalto del consorzio Sis.

OMICIDIO COLPOSO
Lo stesso quotidiano riporta tra l'altro che a rispondere a vario titolo dell'omicidio colposo in concorso dell'operaio di Montalto Uffugo, morto sul lavoro nel Vicentino, sono Luca Adinolfi, amministratore e responsabile della sicurezza della Adinolfi Giovanni srl e il dipendente Carmine Forte, addetto ai mezzi d'opera; Christian Toscano, Massimiliano Buzzi, Daniela Nicolotti, rispettivamente procuratore speciale di datore di lavoro, coordinatore della sicurezza in fase esecutiva, responsabile del servizio prevenzione e protezioni rischi del consorzio Sis, infine Vittorio Luisi e Vincenzo Cimini, amministratore e responsabile tecnico della Pagano & Ascolillo spa che ha realizzato l'impiantistica elettrica e la segnaletica stradale nei cantieri della Superstrada. Il dramma infatti si era consumato nel campo base della Sis.

NELL'AREA DI LAVORO UN QUADRO DI «GRAVISSIMA SCIATTERIA»
E se come ribadisce il perito di parte civile «il dibattimento formalizerà la verità su fatti peraltro già noti e individuerà le responsabilità di specie», Cardini aggiunge un'altra riflessione. «Parafrasando Victor Hugo, non valutiamo il fulmine evitando di guardare alla nuvola. Voglio dire: un lavoratore non sale sulla benna di una pala caricatrice e non viene sollevato a cinque metri se l'azienda, in una con tutta la catena delle responsabilità, non fossero state tragicamente deboli e inefficienti».

L'addebito di Cardini è ad alzo zero: «Non isoliamo la morte alla errata manovra del manovratore della benna o alla mancanza di un salvavita. L'insieme emerso dalle prove oggettive è un quadro gravissimo di sciatteria, trascuratezza, inidoneità di mezzi, direzione e uomini». Sono passati tre anni e la vedova deve ancora percepire il giusto risarcimento, ma non è solo questo. I superstiti vivono una tragica attesa di verità, e assieme alla verità di giustizia. Di questo la magistratura non sempre ha percezione. Per quanto riguarda l'altro incidente mortale sul lavoro che nel 2016 interessò i cantieri della Spv sono passati ben cinque anni tra l'incidente medesimo e la sentenza di primo grado. Immaginate la vedova che vede i presunti responsabili continuare a lavorare impuniti mettendo in pericolo altre persone. Non commento quella la sentenza, ma mi sento di dire, in tutta serenità, che se quella sentenza fosse arrivata tre anni fa il secondo morto probabilmente non ci sarebbe stato».

IL J'ACCUSE
Il j'accuse di Cardini è senza sconti: «Mi chiedo: è possibile che continuino a lavorare in posizioni di alta direzione in un cantiere come quello della Spv persone che poi vengono condannate per la morte di un lavoratore? Ripeto, se la sentenza fosse arrivata prima o se la Regione avesse esercitato  le sue funzioni di sorveglianza il secondo morto forse non ci sarebbe stato. Relativamente alla Regione Veneto, che è il concedente dell'opera, c’è una persona di cui non faccio il nome, ma che raccoglie il mio disprezzo, che sia nella vicenda del primo morto, sia nella vicenda del secondo, non ha sentito l'esigenza di fare almeno le condoglianze a vedove e orfani. Noto in ultimo come le organizzazioni sindacali nel processo che si tiene sempre qui a Borgo Berga per il caso Miteni siano tra le parti civili. Nel caso dei due decessi sul lavoro che hanno interessato la Spv invece i sindacati confederali hanno deciso di non esserci. Non ho parole».

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