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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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«Se le scuole non dovessero riaprire dopo le vacanze, ricorreremo»

Il referente berico della «Rete nazionale scuola in presenza» annuncia che se gli istituti torneranno alla didattica a distanza gli attivisti sono pronti ad adire le vie legali e dicono no a nuovi divieti imposti dagli enti locali

Se l'apertura delle scuole sarà posticipata o condizionata in relazione al recente aumento di contagi da coronavirus, come nel resto del Paese, gli aderenti berici della «Rete nazionale scuola in presenza» sono pronti a ricorrere nelle «sedi opportune». Lo rende noto il referente vicentino per la stessa rete Paolo Arcaro con una breve nota diramata ieri 28 dicembre alla quale è accluso il lungo comunicato che il coordinamento a livello nazionale sta facendo circolare ormai da diverse ore.

«Leggiamo infatti di presunti prolungamenti delle vacanze sino a febbraio - questo riporta il dispaccio della rete nazionale - screening di massa ai sani, a fronte di un tracciamento dei sintomatici ormai saltato, prima del rientro e ancora più grave, libertà di manovra a sindaci e amministratori di regione sulla sospensione delle lezioni in presenza: esattamente lo stesso copione dell'anno scorso, nonostante la sentenza numero 37-2021 della Corte costituzionale che stabilisce che, in emergenza, se si è in emergenza, compete all'autorità dello Stato, e non alle singole Regioni, stabilire le linee guida» in tal senso.

Appresso c'è un'altra considerazione in punta di diritto: «Il Consiglio di Stato, nei mesi scorsi, ha dichiarato illegittimi, e sottolineiamo illegittimi, i provvedimenti governativi di chiusura preventiva delle scuole effettuati durante lo scorso anno scolastico. Provvedimenti presi con una situazione epidemiologica relativamente tranquilla e comunque peggiore di quella attuale e in assenza della copertura vaccinale oramai presente, oggi, per tutto il personale scolastico e per gran parte della popolazione».

«Sul piano degli studi scientifici - prosegue la nota - sappiamo ormai che la scuola è uno degli ultimi setting di contagio, stante la rigidità dei protocolli previsti al suo interno, e che la contagiosità si attesta su percentuali che gravitano intorno al 2% della popolazione scolastica. La stessa comunità scientifica, peraltro, è ormai concorde sui gravissimi danni causati dalla chiusura delle scuole e dalla didattica a distanza sulla salute di bambini e ragazzi».

Tuttavia uno dei passaggi più duri riguarda proprio gli amministratori locali: «Reputiamo dunque inaccettabile parlare ancora di chiudere le scuole senza che la cosa susciti perlomeno indignazione, anche solo da un punto di vista strettamente giuridico. Le stesse linee guida nazionali varate prima dell'inizio dell'anno scolastico parlano chiaramente di scuola in presenza anche in zona rossa e limitano fortemente il potere d'intervento degli amministratori locali; amministratori che spesso, duole dirlo, hanno dimostrato di optare per scelte demagogiche e legate alla ricerca del consenso o a fattori emotivi agenti nella popolazione, più che a motivate evidenze epidemiologiche e scientifiche».

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