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Il Sigillo - 5 - Troppa luce sulla tomba

Cosa sta succedendo all'ombra del Palladio? Tre morti in poche ore, perfino la "mala" locale è preoccupata. Ci sarà un brusco risveglio per Ruiz ed è solo l'inizio di un'altra lunga giornata

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“…Tre morti ammazzati in meno di ventiquattro ore, Vicenza non li ha visti mai. E il Natale si avvicina. Dentro ai bar, nelle scuole, nei supermercati già addobbati a festa non si parla che della sequenza di colpi d’arma da fuoco che riempie le cronache di ogni giornale e tg nazionale. Il centro della città sembra un grande studio di Cinecittà: telecamere, microfoni, tecnici audio, giornalisti con taccuini che cercano opinioni e paure. Mafia, Mala del Brenta, regolamento di conti tra bande criminali, debiti non pagati le ipotesi più accreditate. Cosa può aver scatenato una mattanza degna delle guerre di camorra o mafia degli anni ’80? “

Ruiz alza la testa verso il soffitto e inarca la schiena all’indietro cercando di distendere il suo corpo dopo la notte passata davanti al computer.

“Che lavoro maledetto! – grida mentre si alza dalla sedia - Non ho neanche il tempo di morire dall’ansia e dalla paura. Cazzo. Potevo essere ammazzato come un cane insieme a Corsello ieri sera. Son sicuro che sono stati quelli della Golf, ne sono sicuro. Ma perché?”

Neanche il tempo di avvitare la moka e il campanello suona nervosamente una, due, tre volte. Ruiz indispettito risponde al citofono e la voce che gracchia dal portone è perentoria

Polizia, ci apra

Entrate, ultimo piano

Ruiz prende il suo taccuino e senza pensarci lo infila tra le feritoie del termosifone. Non vuole correre rischi e se è una perquisizione non devono avere partita facile.

Signor Ruiz, buongiorno. È ancora vivo e vegeto vedo….

Quale onore. Il dottor Brizzi nella mia umile dimora. Il capo della Mobile con due dei suoi ragazzacci. Beh le dispiace che sia ancora vivo? Sto abbastanza bene di salute e non ho molti nemici che vogliono vedermi morto…

Faccia poco lo spiritoso. Lei lo sa perché siamo qui. Lei ieri era con Corsello davanti al bar del Mercato. Me lo ha detto Lunardon

Eh…quindi?

Di cosa avete parlato? Sappiamo che lei è sta cercando informazioni sul caso del duplice omicidio di Campo Marzo.

Infatti, pensavo volesse ringraziarmi per avervi dato il nome della seconda vittima…ma sento dal suo tono che lei vuole dirmi altro

Si, lei avrà sentito della morte di Corsello. Avrà sentito dei quattro colpi alla schiena immagino

Si, i tg non si sono risparmiati in dettagli

Ma non ne sanno uno, il più importante. Che è il motivo per cui sono qui.

E quale sarebbe? E perché viene a dirlo proprio a me?

Perché pensiamo che lei potrebbe essere in pericolo e pensiamo che lei possa dirci qualcosa in più sul suo colloquio con Corsello

Beh me lo dica…vuole tenermi sulle spine? E perché dovrei essere in pericolo?

C’era un quinto colpo d’arma da fuoco sul corpo di Corsello, fatto successivamente ai primi quattro. È stato sparato a distanza ravvicinata sulla mano destra. La stessa stimmate dei corpi di Campo Marzo. Quindi il delitto del napoletano è riconducibile agli altri due omicidi

Ruiz non parla. Si accende una sigaretta e fa un tiro lungo. A pieni polmoni. Si mette davanti alla finestra e vede due volanti che hanno appena parcheggiato lungo il marciapiede davanti al portone di casa.

Dottore, sono arrivate due volanti. Siete in troppi per venire a farmi qualche domanda. Che avete intenzione di fare? Me lo dica subito se devo preoccuparmi e devo sentire l’avvocato.

Niente di tragico. Lei mi dice cosa le ha detto il napoletano, cosa ha visto della famosa Golf nera e finisce tutto qui.

Lei sa che io ho il segreto professionale per quanto riguarda le fonti. Anche se morte. Quindi sono come un prete

Ad un cenno di Brizzi i suoi due agenti si infilano dei guanti in lattice bianchi e iniziano a perquisire palmo a palmo la casa. Non hanno molta grazia nell’aprire cassetti e armadi. Tantomeno la piccola libreria con i relativi libri che vengono maltrattati inutilmente quasi fossero carta straccia. Aveva perso il suo sorriso da “Roma bene” il dottor Brizzi e la cosa lo metteva a disagio, come quando sei interrogato e il professore ti chiede l’unico argomento che non hai studiato. Ruiz, con le braccia incrociate, appoggiato alla finestra sopra il termosifone, guarda con sguardo serafico e annoiato l’operato dei due.

Dottore, spero che lei abbia la cortesia di lasciarmi una copia del mandato di perquisizione. Sarebbe sgradevole dover spiegare ai miei colleghi come siete abituati a rovesciare le case altrui senza un foglio di carta firmato da un magistrato

Brizzi sposta una sedia con un calcio e si avvicina a un centimetro dal volto del reporter e dopo averlo preso per il mento gli spinge la testa contro il vetro della finestra

Ruiz, ascolta bene. Non fare er cojone con me. Io son bono e caro ma ce metto du secondi a imbruttirte. Tienilo sempre a mente questo…uomo avvertito mezzo salvato. Voi due, basta. Sto poraccio non ha niente che ci interessi a parte il computer. Portatelo via che lo facciamo controllare da quelli della scientifica

Dottore, le hanno mai detto che ha uno slang da criminale- sorride sardonico Ruiz raccogliendo alcuni libri – Avrebbe un futuro in qualche telefilm poliziesco.

Brizzi lo guarda con un uno dei suoi famosi sorrisi di plastica, stringe il nodo della cravatta e posa sul tavolo la copia del mandato di perquisizione.

Ecco Ruiz. Così non potrà dire che la polizia le ha fatto un sopruso. E lasci stare la sua inchiesta, lasci lavorare sugli omicidi chi lo fa per mestiere. Non faccia lo Sherlock Holmes “de noantri”. Questo è un gioco pericoloso. Quelli che stanno sparando per uccidere sono serpenti, non sono animali da compagnia. E cerchi di “ricordarsi” qualcosa del suo incontro con Corsello, che io faccio parlare anche i preti…

Ruiz li guarda uscire senza parlare. Ha un sibilo all’orecchio. Come se qualcosa lo stesse avvertendo o gli stesse suggerendo qualcosa. Come se una parola detta fosse distonica. Prende il telefono e chiama la redazione di Milano. L’articolo è stato sequestrato con tutto il computer.

Debora è una ragazza di 26 anni, che si è stancata presto della scuola e vuole essere indipendente per togliere il disturbo da una famiglia che la vorrebbe come non sarà mai. Ha le inquietudini dei suoi anni e una bellezza senza tempo. È trasgressiva nel DNA ma sul lavoro è una macchina da guerra. Muove i suoi capelli scuri mentre compila le bollette dei giocatori dentro all’agenzia ippica di Piazza Castello, una sorta di set cinematografico di un film senza fine. Una pellicola degna di “Febbre da cavallo” per la “fauna” umana che la frequenta.

Signorina, mi faccia duecentomila lire vincente il numero tre alla quarta corsa di Agnano. Si sbrighi per favore

Che modi “Duca” …la vuoi smettere di darmi del Lei? Ci conosciamo da anni e sei ancora qui a chiedermi di fare presto…lo sai che sono veloce e precisa

Pure io sono preciso e non posso permettermi errori. Lei faccia il suo lavoro

Il “Duca” non è un giocatore di cavalli normale. Non lo è perché nella realtà non è un giocatore. È uno dei “soldati senza armi” di quelli del Brenta. Lui non uccide, non traffica in armi o droga. Lui gioca le corse truccate per conto loro, lui organizza i tavoli verdi per conto loro, lui porta i clienti dagli usurai della Mala. Per questo è “soldato senza armi”. Uccide senza spargimento di sangue, giorno dopo giorno. È alto e longilineo, con i capelli tirati indietro con il gel e un cachecol al collo. Una copia del suo Capo. Il segno di una fedeltà certa ma anche di un desiderio nascosto. Quello di essere lui.

Ruiz entra di corsa dentro la sala e lancia il primo sguardo alle casse. Incrocia gli occhi di Debora che si fanno subito più luminosi. Una luce di quelle che vogliono dire fiumi di parole. Ma lui cerca altro. Guarda i presenti in sala e riconosce “il professore”, Vito “cavalli”, Marcellino “il ricettatore”, Nando “il mago di Gela” e un'altra decina di desperados che danno un senso alla propria vita aspettando buone notizie dal gracchiare del telex.

Si sente battere con due dita una spalla, si gira ed il Duca è lì con sguardo corrucciato e preoccupato

Cercavi me Ruiz?

Si, “Duca”

Pure io. Ai “miei” questa storia di Corsello, del “ragioniere” e del “picinin” non piace. È da un po’ di mesi che certi “movimenti” stanno cambiando. E adesso il troppo rumore disturba ulteriormente gli affari. Troppe luci su questa tomba di città.

Già, crescono troppe croci sotto il cielo del Palladio e per gente come voi non è mai un bel vivere

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