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Sabato, 20 Aprile 2024
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Nel ricordo di Scaio, l'orso friulano

A 40 anni dal tragico intervento chirurgico che costò la vita a Enzo Scaini, a Casa Vicenza ci si è ritrovati per ricordare l’indimenticato centrocampista scomparso a soli 27 anni

Su iniziativa di Anna Belloni e Alessandro Lancillotti, con il sostegno morale della moglie Rossella, dei figli del giocatore e alla presenza di alcuni ex compagni di squadra, si è tenuto al Menti un incontro celebrativo attraverso immagini, video e testimonianze dirette dell’esperienza calcistica di Scaini. Dopo un intervento introduttivo dei due giornalisti che ne hanno ripercorso la carriera, divisa tra Esperia, Torino, Canelli, Chioggia, Conegliano, S. Angelo Lodigiano, Monza, Campobasso, Verona, Perugia ed infine Vicenza. Per la parentesi finale in biancorosso si sono alternati al microfono gli atleti che con lui hanno diviso lo spogliatoio: Grop, Perrone, Nicolini, Memo, Donà, Bottaro e Guerra. Ne è uscito un quadro interessante e commovente, con tutta una serie di chicche, alcune delle quali sconosciute allo scrivente. Il Sindaco Rucco, ha raccontato di come, a 9 anni, gli toccasse ingrassare le scarpe dei suoi idoli e la domenica fungere da raccattapalle dalla parte di Perrone. Gli ha fatto seguito Rinaldo Sagramola, che ha sciorinato un piccolo mea culpa, ricordando che negli anni della sua prima esperienza da direttore a Vicenza non venne organizzato nessun ricordo per questo ragazzo. Forse perché non era Paolo Rossi – ha chiosato il dg – e quelli che non godono di così tanta fama vengono spesso trascurati. E’ stata poi la volta del coautore di un recente libro sul caso Scaini, Emanuele Gatto, che ha ripercorso i punti tuttora oscuri della tragedia. Enzo Scaini, nonostante un fisico da superman, ebbe un percorso sportivo costellato di infortuni, il penultimo a Perugia, proprio al ginocchio fatale, operato una prima volta dal prof. Perugia. Vicenza avrebbe dovuto essere il trampolino della sua rinascita fisica, ma già alle prime battute la nota fragilità tornò a farsi viva. Il crack avvenne durante il primo tempo di Vicenza-Trento del 16 gennaio 1983. Scaio provò a resistere al dolore ma nella ripresa dopo uno scatto in avanti, si fermò, scuotendo la testa e indicando l’articolazione saltata. Aveva solo 27 anni e nella sua testa non passò mai l’idea di chiudere lì. “Ci vediamo in serie B”, disse al medico sociale Binda, prima di partire per Roma, dove era atteso alla clinica dell’illustre luminare che già lo aveva curato in precedenza e sotto i cui ferri erano passati campioni del calibro di Gigi Riva, Paolo Rossi, Rocca e Di Bartolomei . Inizialmente le notizie davano l’intervento come perfettamente riuscito, ma Enzo non superò l’ora successiva. Le indagini per la sua morte costituiscono un capitolo a parte, pieno di misteri e di omissis. La causa stessa del decesso resta dubbia. Qualcuno parlò di un problema congenito. Era noto che Enzo soffriva di brachicardia, ma le cartelle clinica di ben 10 società sportive non avevano rilevato niente di preoccupante. Probabilmente a causare l’esito infausto fu un errore di anestesia: un farmaco maledetto che in seguito fu ritirato dal mercato per la sua pericolosità e che andava comunque somministrato con dose da 2,5 mentre risultò iniettato in tripla quantità. Nemmeno due esami autoptici riuscirono (o vollero) far luce sul caso. Al termine del processo, tutti assolti. E così se ne andò il “gigante buono”, segnalato a Maraschin da Pablito durante il suo purgatorio post squalifica. Curioso, no? Un doveroso ricordo quello odierno, toccante al punto di far scendere le lagrime sul viso di Oriano Grop e di Stefano Guerra. Come dire che gli anni passano ma le emozioni no…

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