Minacce al personale e critiche alle restrizioni anti-Covid: due gatte da pelare per l'Ulss 8
Mentre gli attivisti del comitato «Di sana e robusta Costituzione» chiedono lumi alla direttrice in tema di limitazioni per il contrasto al coronavirus che «sono ancora vigenti» in alcune strutture del territorio, per un episodio non correlato l'azienda sanitaria deve correre ai ripari in materia di sicurezza dopo una aggressione, con tanto di coltello, patita da tre operatori della guardia medica di Valdagno
Una cinquantina di attivisti del comitato «Di sana e robusta costituzione» ieri 15 settembre ha protestato sotto la sede dell'Ulss 8 in via Rodolfi a Vicenza che si trova nei locali dell'Ospedale San Bortolo. Nel mirino dei manifestanti sono finite le restrizioni in materia di contrasto alla diffusione del Covid-19 che ancora permangono negli ospedali, nelle case di riposo e nelle altre strutture sanitarie. «Il problema di fondo - fa sapere la vicentina Rosa Lo Greco una delle organizzatrici della manifestazione - è che alcune restrizioni sono diventate nuova normalità all'interno degli ospedali, dove il potere discrezionale dei direttori sanitari sta generando estreme difformità nell'accesso al diritto alla salute, sul territorio nazionale».
IL SIT-IN
Oltre quindi alle restrizioni tout court «è l'interpretazione spesso arbitraria» delle norme «che le consentono o che non le consentono» a scatenare l'ira di chi contesta i protocolli. Si tratta di un dissenso netto, cui era già stata data voce in passato. Basti pensare al sit-in organizzato sempre dallo stesso comitato nell'ottobre dell'anno scorso. Questo, in linea di massa, il solco dei rilievi mossi durante il sit-in di ieri.
LA DOGLIANZA
«In parecchie strutture sanitarie del nostro Paese - questo il tenore della doglianza - vengono avviati procedimenti disciplinari contro medici o contro infermieri che per esempio consentono la visita dei familiari ad alcuni pazienti nonostante la presenza di alcune restrizioni, ma le stesse direzioni sanitarie non si accorgono che spesso e volentieri quelle stesse restrizioni vengono prese senza una base normativa o regolatori precisa. Per non parlare delle pressioni indebite verso i pazienti, anche nelle case di riposo, affinché questi ultimi si sottopongano ad alcuni test come i tamponi quando non è necessario o obbligatorio».
LA RICOGNIZIONE
Secondo chi ha manifestato situazioni del genere si registrano pure nel Vicentino tanto che da alcuni giorni è in corso una vera e propria ricognizione da parte dei legali degli attivisti. La quale sfocerà in un esposto alla Procura della repubblica di Vicenza per i profili penalmente rilevanti e in uno alla direzione generale dell'Ulss 8, finanche all'Ordine dei medici, per le condotte di quei dirigenti in odore di illecito deontologico o disciplinare. Per questo motivo chi ha manifestato chiede lumi alla direttrice generale dell'Ulss 8 Maria Giuseppina Bonavina.
SANITARI ASSALITI: UNA VICENDA POCO NOTA
Ad ogni modo proprio la direzione dell'Ulss 8 è alle prese con un altro grattacapo. Che in questo caso però sembra avviato verso una soluzione. La questione riguarda la minaccia a mano armata patita da tre operatori del servizio di guardia medica di Valdagno a metà del mese passato da parte di un individuo che era andato in escandescenza per ragioni ancora da chiarire. Grazie alle indagini condotte dai carabinieri comunque il presunto responsabile sarebbe già a disposizione della autorità giudiziaria. Ma come andarono esattamente le cose rispetto a una vicenda che appena appena trapelò sui media locali senza dettagli specifici?
IL RACCONTO
Sono le 17,30 del 14 agosto. Nella sede della guardia medica di Valdagno in via Galilei si presenta un uomo di mezz'età. Ha un accento meridionale. Suona il campanello. Ai tre medici presenti «ordina di aprire» la porta. Il personale sanitario di turno notando lo stato di concitazione di quella persona chiede, come da protocollo, le sue generalità: ma invano. Poco dopo viene chiesto quali siano i motivi di salute che lo abbiano spinto a chiedere aiuto. «Sto per morire risponde l'uomo». In un baleno parte una scarica di calci e pugni sulla porta d'ingresso. Mentre il personale di turno chiama il 112 dì lì a poco il sedicente paziente estrae un coltellaccio da cucina.
UNA LAMA «MOLTO LUNGA», CALCI E PUGNI
La lama «è molto lunga». L'uomo armeggia sulla serratura della porta che separa l'esterno coi locali della struttura e un istante dopo con grande abilità la forza. I medici alla vista dell'arma abbandonano la postazione e si rifugiano in un'altra stanza che chiudono chiave. Sono attimi che durano un'eternità. L'uomo, che è riuscito a penetrare all'interno, dà in escandescenze. Comincia a rovesciare le suppellettili che incontra. Poi comincia a prendere a pugni la porta della stanzetta dove i tre medici, due uomini e una donna, si sono riparati. La furia dell'intruso continua ancora per svariati minuti. Passa ancora un istante e l'assalitore si dilegua nel parcheggio esterno: mentre un minuto dopo sul posto arriva una pattuglia della polizia municipale di Valdagno.
LE FORZE DELL'ORDINE
Gli agenti assumono le prime informazioni dai medici. Il personale medico con una certa prontezza è riuscito a annotare la targa della Fiat Punto che condotta da un altro uomo più anziano ha accompagnato l'aggressore in via Galilei e a bordo della quale l'aggressore si era poi dileguato. Di lì a poco arrivano anche i Carabinieri i quali col numero di targa nei taccuini cominciano gli accertamenti dopo aver raccolto la denuncia dei medici.
LA SVOLTA NELLE INDAGINI
I militari della Compagnia di Valdagno nei giorni successivi all'aggressione si mettono subito al lavoro e portano avanti l'inchiesta penale su ordine della procura della repubblica di Vicenza. Anche perché nel giro di tre quattro ore dalla irruzione erano riusciti a risalire alla identità dell'uomo portandolo addirittura in caserma. Quest'ultimo sarebbe una persona con seri problemi, nota ai servizi sociali del Comune di Valdagno. Secondo la procura per quel gesto comunque non ci sono gli estremi per un arresto cautelare col quale, in linea di massima, si può procedere solo se c'è un rischio di fuga o di reiterazione del reato o nel caso di possibile inquinamento delle prove. Di più da quanto trapela a Borgo Berga ai militari, che avrebbero condotto le indagini con «molta accuratezza e molta rapidità», l'uomo avrebbe garantito di aver capito la gravità del suo gesto e avrebbe garantito che episodi del genere non si ripeteranno più. Ora comunque l'inchiesta farà il suo corso in attesa del pronunciamento dei giudici.
IN VIA RODOLFI GLI UFFICI SONO GIÀ AL LAVORO
La vicenda però ha avuto anche un risvolto amministrativo. Poco dopo i fatti del 14 agosto la direzione generale dell'Ulss 8 si sarebbe immediatamente messa al lavoro sul dossier sicurezza. Gli uffici infatti starebbero già implementando le misure di sicurezza. Allo stesso tempo verrà ripristinato ed ammodernato il sistema di videosorveglianza, che di fatto fino al 14 di agosto, di fatto non funzionava pur a fronte della presenza di alcune telecamere.
CONTRASTARE LE INTIMIDAZIONI
Ancora, l'entourage della direttrice generale dell'Ulss 8 Bonavina avrebbe chiesto ai funzionari e ai tecnici individuati di mettere in campo «tutte le misure idonee» per tutelare la sicurezza degli operatori. Da tempo infatti si moltiplicano gli episodi di aggressione o di intimidazione nei confronti dei camici bianchi. I casi finiti sulle pagine di cronaca nera «sono tantissimi», le denunce dei sindacati di categoria pure.
Più in generale a rendere pesante l'aria ci sono le diffuse difficoltà che il sistema sanitario nazionale sta vivendo in mezz'Italia. L'episodio del 14 agosto infatti ha scosso gli addetti ai lavori. Le voci di quanto capitato a Valdagno sono giunte alla velocità della luce ai sindacati. Che con garbo, ma con fermezza, avrebbero chiesto alla direttrice di muoversi con celerità.